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Torino Creativa: i centri indipendenti di produzione culturale nel territorio torinese

  • Pubblicato il: 16/02/2015 - 13:36
Rubrica: 
STUDI E RICERCHE
Articolo a cura di: 
Enrico Bertacchini e Giangavino Pazzola

È delle città come dei sogni: tutto l’immaginabile può essere sognato ma anche il sogno più inatteso è un rebus che nasconde un desiderio, oppure il suo rovescio, una paura. Le città come i sogni sono costruite di desideri e di paure, anche se il filo del loro discorso è segreto, le loro regole assurde, le prospettive ingannevoli, e ogni cosa ne nasconde un’altra.
(Italo Calvino, Le città Invisibili).
 
 

 
Nuovi soggetti economici e di innovazione culturale nelle città. Embrioni di questo fenomeno si potevano rintracciare in uno studio dell’ISTAT sul Terzo Settore che, nella sua eterogeneità, mostrava evidenze strutturali di persone e capitali, con 301.191 unità attive (+28% rispetto al 2001), 680.811 addetti, 270.769 il numero di lavoratori esterni, 5.544 i lavoratori temporanei e 4.758.622 i volontari.
Più nello specifico, è tornata sul tema ASK Bocconi con il convegno realizzato a fine novembre 2014 in partnership con questa testata, Imprenditorialità culturale: le condizioni di sostenibilità, fotografando il mondo dell’imprenditoria culturale emergente per studiarne l'ecosistema su scala nazionale.
 
Dal nostro punto di vista, vivendo a Torino, abbiamo ritenuto che in questa città stesse succedendo – ancora una volta – qualcosa di esclusivo: nuovi metodi e possibilità di sviluppo di cultura in seno a quel laboratorio di buone pratiche che è il capoluogo sabaudo, città dalla quale le scoperte – a cascata – si allargano poi all’intero panorama nazionale.
Consapevoli che questo avviene anche in ambito culturale, e che proprio questo settore è diventato l’asset strategico della riconversione economica e identitaria della città, abbiamo avviato una collaborazione tra l’Università di Torino e il GAI- Associazione per il circuito dei giovani artisti (ente già attivo sul tema con una precedente istantanea del panorama nazionale), prendendo in analisi il fenomeno dei centri indipendenti di produzione culturale, realtà che abbiamo potuto osservare sia come fattori di sviluppo economico e territoriale, sia come agenti della trasformazione urbana.
 
Concentrandoci su queste organizzazioni «leggere», abbiamo avuto modo di interessarci alle relazioni tra le nuove forme di creatività e cultura e lo spazio urbano; gli impatti economici che questi rapporti generano sul patrimonio architettonico e sui quartieri caratterizzando il ciclo urbano contemporaneo; le possibilità di miglioramento della qualità della vita e di inclusione sociale attraverso le pratiche artistiche.
L’obiettivo di questa ricerca è stato analizzare nel contesto torinese la presenza di questi centri indipendenti di produzione culturale e il loro ruolo nel favorire l’atmosfera creativa della città come soggetti attivi della trasformazione urbana avvenuta negli ultimi anni. I risultati complessivi verranno divulgati a metà marzo in una pubblicazione curata ed edita dal GAI – Comune di Torino, in questa sede ne offriremo un’ampia anticipazione.
 
I centri indipendenti rappresentano, dal nostro punto di vista, un nuovo modo di produrre cultura nelle città secondo criteri innovativi che partono «dal basso», soprattutto dall’iniziativa giovanile autorganizzata, e potrebbero determinare un nuovo modo di abitare la città. Analizzarli ci ha permesso di intuire in minima parte l’influenza che hanno sulle metamorfosi della città contemporanea, sulla rivitalizzazione dei quartieri degradati, sul ripristino di capitale sociale. Riteniamo che questi elementi siano molto utili all’interpretazione dei nuovi processi di cittadinanza attiva e allo sviluppo di linee di indirizzo sui processi di rigenerazione urbana per i policy maker.
 
Mappando sessanta centri sul territorio comunale, e costruendo un dataset di informazioni sulle dimensioni strutturali e organizzative, passando per l’analisi delle reti e delle pratiche di territorializzazione della cultura, siamo arrivati ad una prima restituzione, parziale ma molto significativa, dell’ecosistema della produzione culturale non convenzionale torinese, interagendo con nuovi modi di concezione dei rapporti lavorativi e umani in campo creativo, toccando con mano il dinamismo e le difficoltà di questo mondo fluido e evanescente, ma sempre prolifico di idee e relazioni professionali e sociali. Un’occasione per guardare Torino sotto una nuova lente, continuare a problematizzarne il cambiamento in maniera approfondita e strutturata, dare luce all’attuale composizione del panorama culturale urbano indipendente o «non convenzionale», compiendone un focus sulle esperienze di (ri)utilizzo di spazi urbani abbandonati, sottoutilizzati o «negati» per mezzo delle nuove forme espressive contemporanee. Se è vero che esiste un gap tra la sensibilità dei cittadini verso l’ambiente in cui vivono e la capacità delle amministrazioni di coinvolgere gli abitanti nei processi decisionali, continuare a studiare i centri indipendenti potrebbe aiutarci in futuro ad accorciare questo divario, cogliendo l'occasione per apprendere nuove modalità operative e di partecipazione collettiva.
 
È anche vero che definire e delimitare questo fenomeno è stata la prima sfida del rapporto. La produzione culturale di un luogo è senza dubbio costituita da istituzioni, enti e luoghi iconici che ne disegnano l’identità culturale e l’atmosfera creativa. È innegabile, tuttavia, che una volta spenti i riflettori su queste «fabbriche della cultura», esista un mondo fluido e talvolta sommerso di spazi ed esperienze che, pur essendo meno riconoscibili individualmente, nell’insieme contribuiscono e caratterizzano la vita culturale di una città. Sono spazi di socialità, di pratiche culturali sperimentali innovative o emergenti, che abbiamo cercato di far affiorare utilizzando la condizione di “indipendenza” come chiave di lettura per delimitare il fenomeno.
 
I Centri Indipendenti costituiscono, infatti, dei sistemi di produzione culturale che si discostano da organizzazioni culturali diventate più istituzionalizzate attraverso il mercato, il coinvolgimento del settore pubblico o la legittimazione culturale. Il campione di indagine raccoglie esperienze emerse e proliferate dagli anni 2000 che hanno assunto nel tempo un ruolo sempre più importante nell’offerta culturale della città e nella sua capacità di influire negli impatti sul territorio. Ne emerge un quadro complesso, che ci racconta un ambiente mutevole di esperienze che si contraddistinguono per la capacità di avvicinare la produzione culturale contemporanea ai territori e a un più ampio pubblico; per il loro ruolo catalizzante per le comunità artistiche portatrici di diversi linguaggi espressivi, per la creazione di nuovi modelli di fruizione dell’offerta culturale e di gestione e di imprenditorialità giovanile nonché per il contributo alla rigenerazione e alla riqualificazione di angoli di città.
Nell’insieme, i centri analizzati coinvolgono attivamente nelle loro pratiche culturali oltre 1200 operatori e mobilitano una spesa quasi pari a 4 milioni di euro nelle loro attività culturali. Prese individualmente, sono organizzazioni economicamente leggere, non profit, e molte collaborazioni lavorative temporanee o volontarie, dove la sostenibilità economica è spesso una condizione necessaria, ma solo per affermare in modo più netto l’indipendenza della loro produzione e programmazione culturale, svincolandosi da chiare logiche di profitto e ricercando forme alternative di finanziamento rispetto a quelle più istituzionali.
L’attività culturale dei centri spazia dalle pratiche legate al coinvolgimento del pubblico, come la musica e le arti visive o performative, fino a comprendere ambiti culturali emergenti come la moda, il gusto e il design, dove i centri fungono come piattaforme per la messa in rete di esperienze e pratiche degli operatori del settore. Sul territorio, i centri sono sorti nei quartieri relativamente più periferici della città che hanno vissuto o stanno vivendo le maggiori trasformazioni urbane a causa della dismissione di numerosi spazi industriali e attività commerciali. La presenza in queste aree, li porta a colmare spesso lacune nell’offerta culturale tradizionale e ad essere antenne della rigenerazione urbana e strumenti di coesione delle comunità
 
Date queste peculiarità è necessario chiedersi quali possano essere le politiche urbane necessarie per supportare la produzione culturale indipendente e agevolare i centri nelle loro attività ancora economicamente fragile, ma socialmente meritevole.
In questa prospettiva, il rapporto TORINO CREATIVA sottolinea alcune dimensioni di intervento che possono indicare una strada verso un riconoscimento di queste realtà. Da un lato, si potrebbero accompagnare - dove possibile - i processi di territorializzazione mediante una migliore gestione di spazi pubblici sotto o inutilizzati, soprattutto nelle aree periferiche per favorire l’insediamento di nuovi centri. Dall’altro, è necessario pensare a misure di sostegno che permettano a queste esperienze di trasformarsi in alcuni casi in concrete opportunità economiche di impresa oppure in solide esperienze di promozione di artisti emergenti o di pratiche culturali che favoriscano la coesione sociale.
 
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Enrico Bertacchini, ricercatore presso il Dipartimento di Economia e Statistica “S. Cognetti De Martiis”, Università di Torino, dove insegna Economia della cultura e Governance dei processi economici. È fellow del Centro Studi Silvia Santagata-Ebla e del NEXA Center for Internet & Society, Politecnico of Torino. E’ autore di saggi, volumi e articoli sui temi dell’economia della cultura, delle industrie creative e delle politiche culturali. I suoi lavori sono stati pubblicati, tra gli altri, in Journal of Cultural Economics, International Journal of Cultural Policy, International Journal of Arts Management.
 
Giangavino Pazzola, Ph. D. student in Urban and Regional Development presso il Politecnico e l’Università di Torino. Laureato in Comunicazione Pubblica e Politica all’Università di Torino, il suo lavoro è focalizzato sulle pratiche artistiche e sulle organizzazioni di produzione culturale indipendente nei contesti urbani. È anche art curator e project manager per lo sviluppo locale a base culturale.