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Palermo favolosa destinazione. Una prima conversazione nel giardino di Manifesta

  • Pubblicato il: 15/01/2018 - 00:00
Rubrica: 
FONDAZIONI E ARTE CONTEMPORANEA
Articolo a cura di: 
Giangavino Pazzola

Il programma verrà svelato in primavera, ma l’effetto Manifesta – e più in generale quello determinato dalla nomina a Capitale della Cultura italiana – sta facendo di Palermo un centro nevralgico di nuove progettualità e visioni di futuro. Nelle scorse settimane Bregtje van der Haak, Andrés Jaque, Ippolito Pestellini Laparelli and Mirjam Varadinis creative mediators di Manifesta 12 – hanno presentato il loro progetto curatoriale incentrato sul tema del “giardino”, focalizzato sulle opportunità di tale dispositivo di aggregare le diversità e generare nuova esperienza di vita da relazioni sociali e flussi migratori globali. La biennale d’arte è stata fondata ad Amsterdam nel 1996 e arriva quest’anno alla dodicesima edizione, secondo passaggio in Italia – dopo quello del 2008 in Trentino Alto Adige. Ogni singola edizione viene avviata e finanziata singolarmente da un team permanente di specialisti internazionali che operano all’interno della Fondazione internazionale Manifesta. Abbiamo rivolto tre domande a Hedwig Fijen, fondatrice e direttrice della Fondazione Manifesta, per iniziare a tracciare delle evidenze su legami cross-disciplinari e dimensione locale e internazionale della produzione culturale. 


 
Palermo - Un anno fa raccontavamo della nomina di Palermo a Capitale della Cultura italiana per il 2018. Un riconoscimento che vale un milione di euro dal Mibact e l'esclusione dal vincolo del patto di stabilità dei fondi investiti. Tale premio, tuttavia, rappresenta solo una faccia della medaglia. Da quel momento, la visibilità internazionale non è mancata – ultima su tutte l’articolo del The Guardian, che ha inserito la città siciliana tra le 40 favolose destinazioni del 2018. Del grande fermento e delle opportunità di rivitalizzazione della città, invece, se ne parla da tempo, sin da quando i collezionisti Valsecchi hanno deciso di ristrutturare lo storico Palazzo Butera e farne sede permanente della loro collezione o da quando la Fondazione Merz ha iniziato a sviluppare un exhibition program.
Fermento e visibilità internazionale trovano radice comune anche nella biennale d'arte itinerante Manifesta 12, che si svolgerà da giugno a novembre, sotto la mediazione creativa dello studio OMA di Rem Koolhaas. Latino, greco, arabo ed ebraico sono lingue che si sono intracciate da millenni a Palermo, facendone terreno privilegiato per la coesistenza della diversità. Un’apertura ad altre storie e letture della realtà è tratto caratteristico di una città influenzata nel tempo da spagnoli, normanni, borboni e britannici, elemento che diventerà centrale nella proposta de "Il Giardino Planetario. Coltivare la coesistenza", progetto curatoriale di Manifesta 12. Le attività e le mostre si terranno a partire dal 16 giugno sino al 4 novembre 2018 in diverse sedi, tra le quali il Teatro Garibaldi, Piazza Magione, la Chiesa di Sant’Euno e Giuliano, Palazzo Butera e l’Orto Botanico, vero cuore pulsante dell’intero progetto curatoriale.
Fondata nel 1996, ad Amsterdam, da Hedwig Fijen, storica dell’arte e attuale presidente della fondazione omonima – ente strumentale attraverso il quale è organizzato l’evento – Manifesta è una biennale d’arte che mette in dialogo creazione internazionale e contesti nei quali viene ospitata di volta in volta. Oltre a Hedwig Fijen, la biennale nomade europea è diretta anche da Peter Paul Kainrath, mentre la squadra permanente è composta da Tatiana Tarragó, Paul Domela, Esther Regueira, Yana Klichuk, Asell Yusupova, Marieke van Hal and Mikaela Poltz. Ogni edizione viene sviluppata grazie alla progettualità di un team di curatori esterni che lavora in stretta relazione con il contesto istituzionale, culturale e sociale delle città ospitanti. Per Manifesta 12 a Palermo, la mediazione creativa è stata affidata allo studio olandese OMA di Rem Koolhaas – con un concept inedito ideato dai curatori Bregtje van der Haak, Andrés Jaque, Ippolito Pestellini Laparelli and Mirjam Varadinis – che cercherà di esplorare il significato di “coesistenza”, «un mondo mosso da reti informative invisibili, interessi privati transnazionali, intelligenza algoritmica, processi ambientali e ineguaglianze che aumentano incessantemente», attraverso il dispositivo esteico del ‘giardino’ e la lente unica della città di Palermo.
Le scorse edizioni di Manifesta hanno toccata Paesi Bassi (1), Lussemburgo (1), Slovenia (1), Germania (1), Spagna (2), Cipro (1), Svizzera (1), Belgio (1) e Russia (1) – oltre all’Italia (2). La precedente esperinza italica si è svolta in Trentino Alto Adige nel 2008, sviluppandosi nelle quattro sedi di Rovereto, Trento, Bolzano e Fortezza distribuite lungo un perimetro di 150 chilometri. Un’estensione geografica del progetto – probabilmente – non troppo positiva dal punto di vista dell’attrattività per una Manifesta che, in 111 giorni di aperture, registrò 84.968 visitatori (cui si aggiungono 24.000 visitatori dei progetti espositivi allestiti in spazi pubblici), mentre la scorsa di Zurigo ne ha fatto segnare 191.995, quella di Genk in Belgio 100.866, Murcia in Spagna 110.000, mentre San Pietroburgo addirittura 1.510.309.
Oltre ai numeri, sui quali è doveroso interrogarsi e sui quali interrogheremo nuovamente Fondazione Manifesta in futuro, è necessario interrogarsi sull’impatto di imagine e di integrazione territorial che la biennale porta in dote. Abbiamo iniziato a sciogliere la matassa dei contenuti della manifestazione con Hedwig Fijen, fondatrice e direttrice di Manifesta
 
Ci raccontate qualcosa di più su Palermo Atlas, studio che sta alla base della mediazione creativa?
Palermo Atlas è il risultato di una fase preliminare di indagine a Palermo da parte di OMA (Office for Metropolitan Architecture), commissionata da Manifesta 12. La necessità di strategie di ricerca approfondite dedicate alle città ospitanti di Manifesta è fondamentale per capire più precisamente le trame sociali, culturali e geografiche di una città. La nostra natura nomade, passando da una città all'altra, richiede una strategia molto più approfondita, dedicata,  paragonabile alla preparazione di una tela per un pittore, prima di iniziare a dipingere. Palermo Atlas sarà presto disponibile nella sua versione definitiva, oggi può essere consultato nel quartier generale di Palermo, il Teatro Garibaldi, che ospita il programma culturale “Aspettando Manifesta”.
L'obiettivo di Palermo Atlas è quello di decodificare la città da un obiettivo interdisciplinare - architettura, archeologia, antropologia, ricerca archivistica - ed evidenziare le sue opportunità. È allo stesso tempo uno strumento per la città che contiene intuizioni da una prospettiva esterna e una fonte per i visitatori per comprendere alcune delle trasformazioni chiave attraverso "gli occhi" di Palermo.
Ippolito Pestellini Laparelli, partner di OMA e Creative Mediator di Manifesta 12, e il team di OMA hanno attraversato e scoperto la città con decine di palermitani, visitando oltre 100 luoghi e incontrando diverse persone e comunità di Palermo. Dallo studio urbano è stato estratto il progetto curatoriale, “The Planetary Garden”, che esplora il significato di “coesistenza”, intrecciandolo a quello della varietà botanica, in una città simbolo delle contaminazioni. Come si evince dal dipinto di Francesco Lojacono del 1875, “Veduta di Palermo” (oggi parte della collezione della Galleria di Arte Moderna di Palermo), nulla è indigeno. Gli alberi d’ulivo provengono dall’Asia, così come il pioppo tremulo arriva dal Medio Oriente, l’eucalipto dall’Australia, il fico d’India dal Messico, il nespolo dal Giappone. È la prima volta che Manifesta commissiona uno studio urbano prima della biennale e questo modello continuerà nella prossima edizione a Marsiglia nel 2020.
 
Come i vostri progetti – dichiaratamente interdisciplinari – impatteranno materialmente sulla dimensione urbana, portando a termine quell’impollinazione incrociata a cui fate riferimento?
I dettagli del nostro programma non sono ancora pubblici e verranno rivelati nella primavera del 2018. Molti progetti di Manifesta 12 coinvolgeranno in particolar modo le comunità locali, oltre ad avere come obiettivo un corso sostenibile e a lungo termine. Il carattere interdisciplinare di questa edizione permetterà di espandere gli ambiti oltre l’arte contemporanea, all’architettura, alla scienza, al cinema, allo spazio pubblico, alla narrazione e a molte altre discipline. Come biennale nomade con focus su progetti site specific, Manifesta si sforza sempre di agire come incubatore che promuova lo scambio tra professionisti locali e internazionali attraverso la condivisione di pratiche, collaborazioni, coinvolgimento dei produttori locali, educazione e mediazione e sviluppo del talento. Ad esempio, gli artisti invitati a svolgere la loro ricerca a Palermo, incontrano normalmente rappresentanti delle comunità locali e le organizzazioni del territorio, ma anche i cittadini palermitani attraverso special incontri informali e pubblici, i "Manifesta 12 Meet Up”, che si svolgono con cadenza regolare al Teatro Garibaldi, il quartier generale di Manifesta 12 a Palermo. Inoltre, Manifesta 12 invita a Palermo diverse istituzioni culturali e didattiche, fondazioni, giornalisti, professori, studenti e influencer politici e sociali per lo scambio, la condivisione di pratiche o partnership fruttuose. Il Dipartimento Educazione di Manifesta 12 è particolarmente attivo nel collaborare con diverse organizzazioni locali e professionisti dell’industria creativa e nel coinvolgere i vari quartieri di Palermo attraverso programmi di educazione, progetti con artisti, associazioni e scuole di Palermo, dal progetto “School in Tandem” ai laboratori per bambini fino al “Education Hub”, un progetto supportato da DGAAP, Dipartimento di Arte Contemporanea e Architettura del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, attraverso il quale un autobus dismesso, fornito da Amat - la società di trasporto pubblico di Palermo - sarà trasformato in una piattaforma didattica itinerante dagli studenti dell'Università di Palermo e dall'Accademia di Belle Arti di Palermo sotto la guida dell'ufficio di architettura ENORME Studio di Madrid. L’idea è quella di instaurare un dialogo attivo con Palermo e in particolar modo i quartieri meno centrali, attraverso workshop, eventi e incontri, ma anche spettacoli all'aperto e visite guidate.
 
Sono previsti dei progetti focalizzati sulla produzione culturale locale? Come vi relazionate con la scena artistica locale?
 
In ogni edizione Manifesta è sempre attenta alla produzione culturale locale. In questa fase tutte le partnership sono ancora in fase di sviluppo e nella primavera 2018 saranno disponibili informazioni concrete. L'obiettivo è agire da catalizzatore e possibilmente estendersi a progetti futuri e a lungo termine. Oltre al programma principale, ogni edizione propone un programma parallelo invitando istituzioni locali, associazioni e produttori a presentare un progetto a fianco del programma biennale principale, supportato dai canali ufficiali di comunicazione e della visibilità di Manifesta. Questa edizione del programma è divisa in due parti: “Eventi collaterali” e “5x5x5”, un nuovo modello progettuale che deve coinvolgere attivamente le comunità locali e i professionisti come requisito di selezione.
Tutti i dettagli dei bandi sono disponibili sul nostro sito m12.manifesta.org. Sono vari gli accordi già avviati come quello con l'Università degli Studi di Palermo o l'Accademia di Belle Arti. Molti altri quelli in via di definizione come quella con il Centro Sperimentale di Cinematografia. Ippolito Pestellini Laparelli ha poi avviato un progetto di ricerca con quattro scuole di architettura: l'Università di Palermo, l'Architectural Association School of Architecture e il Royal College of Arts del Regno Unito, la Delft University of Technology dai Paesi Bassi. Nel corso dei prossimi due semestri, quattro studi internazionali, uno per ogni scuola, indagheranno, rifletteranno e proporranno scenari futuri per la città di Palermo affrontando diversi argomenti, liberamente basati sullo studio urbano Palermo Atlas, realizzato dallo studio internazionale di architettura Oma, e sul progetto curatoriale “The Planetary Garden”: Palermo come centro di produzione culturale e il suo rapporto con Manifesta come evento temporaneo e come istituzione; la natura urbana come possibile piattaforma per indagare nuove forme di convivenza; le istituzioni nazionali come modelli alternativi di partecipazione politica e rappresentanza civica; il ruolo del digitale nel processo di pianificazione delle città resilienti.
 
Oltre Manifesta, in che termini avete ipotizzato l’impatto del vostro progetto a livello territoriale?
Oltre al programma biennale e alla collaborazione con comunità locali e professionisti, ogni Manifesta genera di solito un impatto economico e entrate supplementari per la città ospitante attraendo visitatori diversi. In media, il 30% dei visitatori di Manifesta è internazionale e arriva alla città ospitante appositamente per la biennale, apportando un indotto in termini di trasporti, alloggio e altri acquisti. Ad esempio, per Manifesta 11, a Zurigo, le spese totali dei visitatori sono state circa di 17 milioni di franchi svizzeri. L'impatto economico è anche creato attraverso contratti con imprenditori e fornitori locali. Oltre agli effetti monetari diretti, Manifesta genera anche una rete di contributi infrastrutturali, di sponsorizzazione dei servizi e di copertura mediatica internazionale e contribuisce a riattivare e riaprire spazi inutilizzati o non occupati, così che possano rimanere fruibili. Ad esempio, l'ex sito della miniera di Waterschei a Genk è stato utilizzato come sede di Manifesta 9 e oggi è stato riattivato come centro di innovazione e ricerca.
 
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Ph: 05_Manifesta 12 Palermo, Teatro Garibaldi Venue, Copyright Manifesta 12, 2017. Photo by CAVE Studio