FARM Cultural Park: quando la rigenerazione di un territorio passa attraverso la cultura contemporanea
A Favara, in provincia di Agrigento, in passato nota alle cronache per i crolli del suo centro storico è nato nel 2005 FARM Cultural Park, un progetto di rigenerazione urbana su iniziativa privata, in cui la riqualificazione estetica è andata di pari passo con una programmazione e produzione culturale che punta alla partecipazione della comunità. Un luogo che che continua a richiamare a sé il mondo dell’innovazione, artisti, architetti e designer di fama internazionale. «Finalmente non si parla più di Favara per cronaca nera, mafia, abusivismo ed illeciti ma per cose belle, l’arte, la cultura, la sperimentazione»
Sette cortili, in un centro storico arrocato, trasformati dall’arte contemporanea. E’ il fenomeno Favara, affascinante meta per i suoi contrasti, in cui opere di Melosu, Piero e Cattelan si lasciano ammirare (e commentare) placidamente da turisti colti e internazionali e da «favaresi doc» come Zia Maria e Zia Antonia.
Il progetto, nato dall'iniziativa del notaio Andrea Bartoli, 40 anni, e di sua moglie Florinda Siaeva, avvocato con una formazione di project manager culturale, «si propone di dare alla città di Favara e ai territori limitrofi una nuova identità connessa alla sperimentzione di nuovi modi di pensare, abitare e vivere». E i primi risultati sono già evidenti: FARM ha destato l'attenzione di operatori d'eccezione come Lonely Planet e il blog britannico Purple Travel e il centro storico è tornato a vivere con una rinnovata offerta turistico-ricettiva. Ogni ricerca che parla di riqualificazione a base culturale cita il progetto Farm Cultural Park.
Cinque anni: un tempo relativamente breve per un ambizioso progetto di rigenerazione, ma sufficientemente lungo per poter fare un bilancio che, per il tenore e il successo dell'iniziativa, sembra essere più che positivo. Come è nata l'idea di creare proprio a Favara un luogo in cui vivere ed ammirare tutte le arti?
Quando è nata la nostra prima bambina (Carla che oggi ha nove anni, seguita da Viola che ne ha 5) con Flo ci siamo ripetutamente chiesti dove voler costruire il nostro progetto di vita familiare. A quei tempi avevamo in affitto un piccolo appartamento a Boulevard de l’Hopital a Parigi a due passi dall’Istituto di Mondo Arabo. A naso vivere a Parigi sembrava un poco più "sexy" che vivere a Favara. Ma poi abbiamo deciso di ritornare in Sicilia, di non piangerci addosso, di non aspettare che qualcuno ci cambiasse la vita dall’alto, ma di fare tutto quello che era nelle nostre possibilità per migliorare la qualità della vita del nostro quotidiano, creare un luogo felice e stimolante dove far crescere le nostre bambine e trovare il nostro ruolo nell’ambito della Comunità nella quale viviamo.
«Tanti spazi sociali per attività ricreative, turistiche e culturali non stop»: in FARM come si intrecciano esattamente gli spazi fisici e le attività culturali e formative che vi si svolgono?
E’ molto difficile descrivere e spiegare Farm, anche per me, anche con l’ausilio delle immagini. Però è proprio questo di cui si tratta: tanti spazi ad uso sociale (insoliti direi, come Nzemmula che è una Community kitchen o Riad Farm che è una sorta di Urban beach dove rinfrescarsi nelle ore calde dei mesi estivi ) destinati ad un'offerta culturale a 360 gradi. Peraltro tutti questi spazi, compresi quelli culturali, quelli destinati al food & beverage sono in mezzo alle casette di Zia Maria, Zia Antonia, Zia Rosa. Mi piace definire Farm: Centro Culturale di nuova generazione. Qui l’arte e la cultura diventano uno strumento nobile per riqualificare un territorio e dare ad una città senza passato (o con un brutto passato) una nuova identità ed una dimensione di presente e di futuro.
Nell'immaginario collettivo la Sicilia è una terra ricca di tradizioni che hanno radici antiche rispetto al mondo dell'arte e della cultura. Come si sposa questa matrice con l'arte contemporanea di luoghi come Palais de Tokio a Parigi o Camden Town a Londra a cui vi siete ispirati nel realizzare FARM?
La contemporaneità è il nostro tempo e quindi luoghi come Palais de Tokio a Parigi o Camden Town a Londra significano per noi: sperimentazione, ricerca, innovazione ma anche cosmopolitismo, tolleranza e integrazione. Ci tengo ad aggiungere però il nostro principale luogo di ispirazione che è Place jemaa el fna a Marrakech, alla quale abbiamo reso omaggio con due spazi: Riad Farm di cui ho scritto prima e Ginger che è un piccolo corner di cucina africana gestito da una Cooperativa che si occupa di inclusione sociale. Peraltro i Sette Cortili, cuore nevralgico di Farm è una sorta di piccola Kasba con sette corti collegate con un unico ingresso e con dei giardini segreti di rara bellezza. In Italia in generale e in Sicilia in particolare, spesso si pecca di quella presunzione stupida per cui avendo noi tutte le bellezze delle antichità possiamo cullarci e fregarcene di misurarci con la cultura del nostro tempo: niente di più sbagliato. Bisogna miscelare tradizione ed innovazione per evitare di ricadere nel folklore.
E' indubbio che nel portare avanti progetti di sviluppo territoriale a base culturale è fondamentale tenere in conto le caratteristiche del contesto soprattutto in termini umani oltre che fisici. Pregi e difetti del lavorare oggi in Sicilia in questo campo e quale reazione da parte dei cittadini di Favara?
Il Sud Italia e la Sicilia in particolare, in questo preciso momento storico esprimono una vivacità culturale senza precedenti. In questi cinque anni abbiamo avuto l’opportunità e l’onore di conoscere e diventare amici di centinaia di operatori culturali siciliani, calabresi, pugliesi, campani. Nei prossimi mesi verrà alla luce uno splendido film che racconta tutto questo ad opera del mitico Juraj Horniak di 8 million steps.
E’ chiaro che non è tutto in discesa. Essere lontani geograficamente e difficilmente raggiungibili (in questo momento in Sicilia peraltro crolla un ponte dell’autostrada ogni sei mesi ), ma anche in territori dove il Pubblico non ha neanche la lontanissima idea di come costruire e gestire politiche di sviluppo culturale, turistico e quindi anche economico e sociale rende tutto molto difficile, direi quasi eroico. Ma a me piace guardare il bicchiere sempre mezzo pieno e quindi dico spesso che ogni metro quadro che rubiamo alle macerie, ogni nuovo tassello culturale che si aggiunge alla nostra offerta diventano momenti di gioia e gratificazione enormi perché conquistati con grandissimi sacrifici.
Forse se avessimo risorse economiche disponibili facilmente finiremmo per non provare lo stesso senso di soddisfazione e gratificazione che proviamo oggi, facendo tutto da soli.
Quanto ai nostri concittadini bisogna fare un distinguo. I giovani e tutti coloro che hanno gli strumenti per capire quello che stiamo facendo non solo sono felici, ma hanno riacquistato il senso di orgoglio e di appartenenza rispetto alla propria città.
Finalmente non si parla più di Favara per cronaca nera, mafia, abusivismo ed illeciti ma per cose belle, l’arte, la cultura, la sperimentazione.
E’ chiaro però che c’è ancora un pezzo di città che non capisce quello che facciamo ed è assolutamente normale. Dico sempre quanto sia difficile spiegare Farm, anche per me. Come possiamo pretendere che persone che non hanno mai letto un libro, visitato un museo o preso un aereo possano capire cosa vuol dire Centro culturale di nuova generazione?
Bisogna essere indulgenti e lavorare sulle nuove generazioni. E lo stiamo facendo: vogliamo realizzare il primo vero Children’s Museum italiano, un luogo dove i bambini possano giocare, imparare e diventare domani cittadini etici, colti e generosi. Abbiamo però una piccola difficoltà. Per completare i lavori di ristrutturazione di Palazzo Miccichè (1400mq) ci vuole ancora 1milione di euro. Per questo la settimana scorsa abbiamo lanciato la sfida delle sfide, la prima raccolta fondi di Farm: basterebbero 10mila persone che donano 100 euro per raggiungere il traguardo. Abbiamo due anni di tempo e abbiamo deciso di partire con una campagna più locale, e successivamente globale. Vogliamo fare capire alle mamme e ai papà di Favara, Agrigento e di tutta la Sicilia quanto importante sia questo progetto per il futuro dei nostri figli e per il futuro della nostra Comunità.
Che mi dici, invece, dei tanti turisti che attualmente vi visitano?
Abbiamo tantissimi turisti internazionali (la responsabile di Lonely Planet ci ha generosamente descritti come se fossimo il primo luogo da visitare in Sicilia ) i quali rimangono scioccati dal forte contrasto tra la Città di Favara e Farm Cultural Park e poi anche di ritrovarsi in un centro culturale diffuso dove a pochi metri da imponenti installazioni o murales vedono la biancheria stesa della Zia Maria. Ad ogni modo sono turisti viaggiatori, colti e abituati a vedere le cose più belle del mondo. Ci riempiono di complimenti, fanno centinaia di foto e non vanno via senza chiedere di poter dare il loro contributo.
Questo è straordinariamente gratificante. Affascinare, incuriosire e suscitare l’ammirazione di persone che arrivano dalle principali città del mondo, dove per il solo fatto di uscire di casa sei bombardato dal bello e dalle innumerevoli occasioni culturali non è scontato.
Parliamo di budget e sostenibilità economica. Aldilà delle energie private messe in campo da voi stessi, avete attinto ad altre fonti di finanziamento o fondi strutturali. Quali sono stati i risultati che siete riusciti ad ottenere anche in termini di ricaduta economica sul territorio?
La sostenibilità economica è un nostro obiettivo e ci lavoriamo dal primo giorno, ma con risultati ancora acerbi. In estate riusciamo faticosamente ad avvicinarci ad un pareggio di bilancio ma il resto dell’anno seppur con minor spese è molto dura.
Tutti gli studi internazionali peraltro ci insegnano che la sostenibilità di luoghi culturali grandi e piccoli, passa al 70% circa, con finanziamenti pubblici e privati e solo il rimanente 30% con ricavi di biglietteria, food, shop, rental e servizi vari.
A questo punto mi piace comunque dire che dobbiamo smetterla con quell’idea per cui ogni tipo di investimento economico deve portare necessariamente un risultato economico. Tantissime volte le persone capiscono che per noi non solo Farm non è fonte di guadagno economico, ma spesso anche di grande sacrificio e mi chiedono : “Ma allora Notaio lei che ci guadagna? “Io rispondo che ci guadagno tantissimo. Vivo in una città dove sto bene, le mie figlie scorrazzano felici insieme alle loro amichette in sicurezza in un luogo di rara bellezza, laddove prima c’erano macerie, spazzatura e spaccio di droga; i miei concittadini attraverso la spinta di Farm hanno deciso di aprire alberghi, B&B , ristoranti e pizzerie per i tantissimi visitatori che ogni anno passano dai Sette Cortili; i parlamentari siciliani del M5S hanno deciso di finanziare (120mila euro a progetto ) tre città siciliane che presentino i migliori progetti di rigenerazione urbana e riqualificazione territoriale ispirati all’esperienza di Farm (il progetto si chiama Boom Polmoni Urbani www.polmoniurbani.it e in questo momento la giuria sta valutando i 175 progetti presentati).
Questo ci guadagniamo, e per noi vale tantissimo anche se significa rinunciare ad acquistare una macchina nuova, a fare dei viaggi in meno, ad essere sempre impegnati e avere qualche migliaia di pensieri e responsabilità in più.
Quanto a finanziamenti e fondi strutturali mi sono fatto un’idea. Quelli che sono bravi a scrivere progetti, spesso non sono bravi a fare le cose e non producono nessun impatto. Noi siamo impegnati a fare le cose, cerchiamo di farle bene e proviamo a fare in modo che le cose che facciamo possano migliorare in qualche modo la vita di qualcuno. Per questo non abbiamo tempo e non siamo bravi a scrivere progetti.
Guardando a Favara quel che viene in mente è una grande propensione verso la contaminazione che genera condivisione sociale e quindi progresso di idee e ispirazioni. Intendete proseguire in questa direzione sperimentando nuove declinazioni? Quali gli obiettivi futuri e le scommesse di FARM?
Avendo risorse limitate la straordinaria opportunità che ci offre Farm è quella di procedere poco alla volta, testando gli effetti di ogni nostra piccola azione e sperimentazione.
Noi stiamo lavorando per scegliere nuovi modi di abitare, pensare, lavorare e stare insieme.
Farm è un luogo in cui essere felici. Il nostro obiettivo futuro è continuare a fare quello che abbiamo fatto fino ad oggi e oltre che una scommessa il nostro sogno è realizzare prima possibile il Children’s Museum.
Creando questo luogo e facendoci crescere e vivere i nostri bambini per i prossimi venti anni, tutta la Città di Favara diventerà un luogo in cui essere felici. Che ne dite ci date una mano?
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