Certosa di Trisulti forse in salvo. In cerca di un progetto
A Collepardo, nel frusinate, c’è la Certosa di Trisulti. Un complesso monastico medievale a lungo minacciato da problemi strutturali che ne hanno messo a repentaglio anche la conservazione degli affreschi seicenteschi della Chiesa di San Bartolomeo. Regione Lazio e Unindustria hanno promesso un finanziamento. Sarà determinante per provvedere alla manutenzione della struttura. E’ indubbio. Ma il rischio é che quel patrimonio rimanga non adeguatamente valorizzato. Ora più che mai a servire è un progetto serio
Nelle classifiche del censimento «Fai. I Luoghi del cuore», aveva raccolto segnalazioni già nel 2010 e nel 2012, ma è nel 2014 che raggiunge il 32° posto con 10.430 voti (http://iluoghidelcuore.it/luoghi/frosinone/collepardo/certosa-di-trisult...). Il motivo della menzione? Semplice, purtroppo. Perché «danneggiata da infiltrazioni… necessita di urgenti interventi di restauro soprattutto alle coperture». La Certosa di Trisulti è uno straordinario complesso medievale, quasi sprofondato nei Monti Ernici. Un eremo fuori dal mondo e dal tempo. Un frammento di paesaggio nel quale architettura e natura si integrano. Con rispetto. Monumento nazionale dal 1873, la sua gestione è curata dal Polo Museale del Lazio dal 2014. Circostanze queste che non hanno messo al riparo uno dei monasteri più belli dell’Italia centrale dai consueti problemi. Da un certo abbandono che è anche il naturale esito di un lungo degrado. I finanziamenti sempre più esigui nonostante le necessità si accrescano. Così ad occuparsi della manutenzione di quelle strutture sempre più fragili provvedono i pochi monaci certosini rimasti. Che continuano ad occuparsi, praticamente, della fruizione del Bene. Le visite sono possibili sempre, durante l’anno, ma con una limitazione oraria, tra le 12,00 e le 15,30. Quanto influisca questa lunga pausa pranzo sul numero degli ingressi non è possibile determinarlo. Quel che è invece certo è il – 15,58% registrato nel 2014 rispetto all’anno precedente. Dato che dovrebbe suonare come una spia. A quel che sembra abbastanza inascoltata. «La situazione è problematica… Qui non sono mai arrivati molti soldi. In Italia, anche i monumenti devono essere raccomandati! Da quattro anni ho inviato una segnalazione al Ministero e se ne passano altri quattro i tetti si sfonderanno», diceva un anno fa Anna Ciavardini, funzionaria della Soprintendenza di Cassino che cura la Certosa, insieme alle vicine abbazie di Casamari e di Subiaco. Eppure delle condizioni ormai precarie del monastero si sono occupati in tanti, dandone ampia diffusione. A partire da Giovanni Valentini che, su La Repubblica nel giugno 2014, scriveva di «Un altro pezzo di storia d'Italia e d'Europa minacciato dalla mancanza di fondi e dall'oblio». Senza contare le fotogallery pubblicate sulle edizioni online del Corriere della Sera (http://roma.corriere.it/foto-gallery/cronaca/14_ottobre_27/allarme-degra...) e de La Stampa (http://mm.lastampa.it/multimedia/voci-di-roma/lstp/57581/).
Un patrimonio in pericolo. L’impianto originario, più volte modificato e ampliato, si presenta con forme essenzialmente barocche. All’interno delle mura che racchiudono il complesso monastico, il piazzale principale. Con l’antica foresteria romanico-gotica, detta Palazzo di Innocenzo III, che comprende la biblioteca con i 36mila volumi. Poi la farmacia, decorata con realistici trompe l’oeil di ispirazione pompeiana e arredi settecenteschi. Quindi la chiesa dedicata a San Bartolomeo con l’originaria struttura gotica sulla quale si è sovrapposto un impianto decorativo barocco. All’interno autentiche opere d’arte. Non solo i due cori lignei, uno del 1564, l’altro del 1688, ma anche un dipinto sulla strage degli innocenti di Filippo Balbi e una pala d’altare che raffigura una Madonna in trono con il Bambino e i santi Bartolomeo e Bruno di Giuseppe Calci. Autore questo anche degli affreschi della volta raffiguranti una Gloria del Paradiso.
Infiltrazioni, affreschi danneggiati e problemi strutturali i maggiori motivi di preoccupazione. Ribaditi anche dal recente rapporto di Unindustria, secondo il quale «la copertura della chiesa si presenta con notevoli avvallamenti e disconnessioni del manto che causano l'infiltrazione di acque meteoriche con conseguente danneggiamento degli elementi strutturali della copertura stessa nonché danni alla sottostante volta pregevolmente affrescata». Finalmente alla fine di giugno l’intervento della Regione. «Salveremo la Certosa di Trisulti con un investimento di 100 mila euro che permetterà di mettere in sicurezza la struttura e di recuperare le superfici pittoriche presenti», ha annunciato il Governatore Zingaretti. «Stiamo individuando una cordata di imprenditori disponibili a finanziare l'intervento. È nostra intenzione, infatti, contribuire al 70% dell'importo previsto per il restauro», ha aggiunto il presidente di Unindustria, Stirpe. Insomma quasi in extremis sono arrivate delle risorse. Importanti, anche se forse insufficienti ad assicurare gli interventi indispensabili. Ma intanto rimangono da chiarire altre criticità, tutt’altro che secondarie. «Il degrado della Certosa è grave, ma anche che si svuoti della comunità monastica. Nessuno vuole venirci: fa freddo, è difficile da raggiungere, il telefono non prende. Se mandano via la comunità monastica, la Certosa chiude», diceva lo scorso marzo Valeria Danesi, di Amici della Certosa di Trisulti Onlus. Così l'Associazione ha deciso di appellarsi a Papa Francesco lanciando una petizione online, per mantenere a Trisulti «una comunità monastica, di qualunque ordine, maschile o femminile, perché possa continuare ad essere il faro di spiritualità e cristianità che è sempre stata». Risorse e presenza dei monaci, come elementi imprescindibili per assicurare un’esistenza meno incerta al complesso monastico. Poi bisognerà si provveda anche a valorizzare in maniera adeguata le finora inespresse potenzialità il sito. Che costituisce anche una delle tappe della «via Benedicti», attraverso il Molise, l’Umbria e il Lazio. Un po’ poco, considerando anche la ricchezza delle testimonianze storico-archeologiche del comprensorio. Insomma servirebbe un progetto. Servirebbero idee necessarie per fornire una nuova vitalità all’antico monastero. Sarebbe indispensabile che venissero coinvolte non soltanto le risorse imprenditoriali del territorio. Ma anche quei privati che fanno della cultura d’impresa un brand.
© Riproduzione riservata