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Valore Aggiunto Culturale: verso un cambio di paradigma

  • Pubblicato il: 14/05/2015 - 18:15
Rubrica: 
STUDI E RICERCHE
Articolo a cura di: 
Marianna Martinoni

Nelle istituzioni culturali che ripensano la propria sostenibilità, torna a far parlare di sé il VAC ovvero il Valore Aggiunto Culturale. Grazie alla Fondazione Nova Spes una nuova ricerca condotta da Sabrina Pedrini e Francesca Battistoni prende in esame gli Indicatori di valutazione per gli istituti culturali.  Emerge una metrica nuova, in grado di misurare non solo gli output di breve o medio termine, bensì anche gli outcome, ovvero gli effetti di lungo periodo che le attività culturali poste in essere generano sulla collettività di riferimento, tra i quali la capacità di costruire reti e nuove partnership, di formare la classe dirigente, di coinvolgere nuovi pubblici.
 
 
L’esigenza di dimostrare ad un insieme di stakeholder sempre più ampio quale impatto viene generato sui territori dalle attività delle organizzazioni culturali ha dato impulso alla ricerca di nuovi indicatori che portino alla misurazione del valore aggiunto che la cultura genera al di là di quelli già presenti in letteratura, strettamente legati a parametri di efficienza e alla misurazione di variabili di output oramai inadeguati, come possono essere il numero di biglietti venduti o il numero di spettatori coinvolti nel corso di un anno di attività.
Oltre a Irene Sanesi, di cui su circa un anno fa abbiamo recensito la pubblicazione Il Valore del Museo, si deve a Stefano Zamagni l’aver iniziato un inedito ragionamento sulla misurazione del valore aggiunto della cultura e l’aver proposto dei parametri di valutazione all'interno dei quali elaborare nuovi indicatori.
 
Lo studio, introdotto dal Prof. Zamagni, utilizza un approccio di lavoro ispirato al processo metodologico della Teoria del Cambiamento per raggiungere il massimo dell’impatto e la sostenibilità dei progetti adottati. Questa metodologia specifica applicata di solito nell’ambito del sociale per pianificare e valutare dei progetti che promuovano il cambiamento attraverso la partecipazione e il coinvolgimento di partner e stakeholder, permette di definire obiettivi a lungo termine e da questi, a ritroso, di ricostruire logicamente i legami causali per arrivare agli obiettivi stessi. Con questo percorso vengono stabiliti gli obiettivi, anche in fasi intermedie, che potranno e dovranno essere verificabili costantemente. L’approccio è stato adottato per la prima volta da Zamagni per definire indicatori di output e outcome di operatori del settore culturale.
 
Su questo tema, a fine febbraio, è stata pubblicata sul n. 4 di «Paradoxa» la ricerca condotta per Fondazione Nova Spes[1] da Sabrina Pedrini, Docente  di Economia della Cultura presso l'Università di Bologna e Francesca Battistoni, Phd in Pianificazione delle Politiche Pubbliche presso Università IUAV di Venezia dal titolo «Indicatori di valutazione per gli istituti culturali». Il lavoro pone i riflettori su una particolare tipologia di organizzazioni che ha come obiettivo primario accrescere il capitale culturale di una comunità e che si occupa della produzione di pensiero: parliamo di istituti culturali, fondazioni, accademie di cultura che operano nei campi della ricerca, della documentazione, dell'archiviazione, del dibattito pubblico fino ad oggi non considerate dal punto di vista della valutazione dell’impatto.
Le ricercatrici si sono in particolar modo concentrate sull’individuazione di una nuova metrica del valore aggiunto culturale, ovvero sull’applicazione di uno strumento di valutazione delle attività degli istituti culturali in grado di riconoscerne (misurare) e valorizzare (comunicare) la specificità in termini di produzione culturale e creativa, attraverso, proprio, il modello della Teoria del Cambiamento.
 
«Ci siamo concentrate sugli Istituti di cultura – afferma la Dott.ssa Pedrini – in quanto produttori di pensiero politico o artistico che sia, ma comunque produttori soprattutto di pensiero nuovo (e dunque di innovazione). Come molte altre organizzazioni culturali, gli istituti culturali hanno, oggi, la necessità di attrezzarsi per muoversi in un ambiente caratterizzato da cambiamenti profondi nel sistema di regolazione delle relazioni pubblico-privato e negli schemi di finanziamento dei servizi erogati. È necessario, a tale scopo, mettere in atto meccanismi  che possano riformulare il ruolo degli istituti senza che questi perdano la dimensione identitaria che li caratterizza riconoscendone il valore e il ruolo che quotidianamente svolgono nella costruzione della nostra società».
Non essendo possibile misurare le attività degli istituti culturali utilizzando indicatori già presenti, Pedrini e Battistoni hanno utilizzato una metodologia di solito applicata per misurare l’impatto sociale.
«Siamo partite da un’analisi dell’attività di 5 istituti a livello nazionale – ovvero Fondazione Gramsci[2], Istituto Sturzo[3], Fondazione Novaspes[4], Fondazione Basso[5] e Fondazione Spirito[6] e abbiamo condotto delle interviste con il metodo DELPHI[7]. Ci siamo così rese conto che la situazione di vera emergenza che questo tipo di organizzazioni culturali stanno vivendo (i tagli ai finanziamenti pubblici agli istituti culturali stanno verificandosi ormai con periodicità costante), era ulteriormente aggravata dal non riuscire a soddisfare i requisiti richiesti dalle tabelle MIUR e MIBAC, quasi esclusivamente legati alla misurazione di indicatori tangibili (numero dei volumi presenti in biblioteca, orario di apertura della biblioteca, numero di attività) senza dare il necessario peso alla produzione di qualità e alla vitalità intellettuale da essi alimentata».
Da qui l’idea di utilizzare – partendo dalla Teoria del Cambiamento fin ad oggi mai utilizzato in ambito culturale – una metrica nuova, in grado di misurare non solo gli output di breve o medio termine, bensì anche gli outcome, ovvero gli effetti di lungo periodo che le attività culturali poste in essere generano sulla collettività di riferimento, quali ad esempio la capacità di costruire reti e nuove partnership, la capacità di formazione della classe dirigente, il numero di attività formative realizzate per nuovi pubblici, l’aumento della qualità degli insegnanti etc.
 
In tempi di tagli alle risorse e di messa in discussione dell’esistenza di molte organizzazioni culturali, la ricerca di nuovi indicatori, semplici e uguali per tutti, è di fondamentale importanza. Oltre a dare nuovo valore ad una pluralità di azioni che le organizzazioni culturali sono in grado di attivare sui territori di riferimento e oltre a premiare la qualità e l’efficienza, consentono di aumentare da un lato la trasparenza degli enti non profit, dall’altro di far crescere il livello di fiducia di nuove e sempre più diversificate categorie di donatori che saranno sempre più coinvolti nel sostegno delle arti e della cultura.
Trasparenza e fiducia che vanno coltivate attraverso l’utilizzo di tutti gli strumenti a disposizione per pubblicizzare i documenti di rendicontazione realizzati (bilanci, annual report, paper, ecc.), sia on line che off line, sia dal punto di vista tecnico-amministrativo sia da quello della comunicazione e dello storytelling.
 
Il legame tra VAC, accountability e fundraising è davvero stretto e ci mostra come, soprattutto per il settore culturale la contaminazione, in questo caso di strumenti, con altri settori sia una possibile via di sopravvivenza e sviluppo. Per dirla con parole di Luigi Sturzo: «Vexatio dat intellectum» ovvero è il bisogno che aguzza l'ingegno. Sopravvivrà chi saprà adattarsi al cambiamento e utilizzare tutti gli strumenti che oggi la società mette a disposizione.
 
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«Indicatori di valutazione per gli istituti culturali», di Sabrina Pedrini e Francesca Battistoni, «Paradoxa», numero 4, pp. 24-136, ott./dic. 2014
 
Sabrina Pedrini, Docente di Economia della Cultura presso l'Università di Bologna
 
Francesca Battistoni, Phd in Pianificazione delle Politiche Pubbliche presso Università IUAV di Venezia
 
Marianna Martinoni, Consulente di Fundraising, Fondatore di Terzofilo e Docente di The Fund Raising School di AICCON
 

[1] http://www.novaspes.org/paradoxa/scheda.asp?id=537

[2]    http://www.iger.org/

[3]    http://www.sturzo.it/

[4]    http://www.novaspes.org/

[5]    http://www.fondazionebasso.it/site/it-IT/

[6]    http://www.fondazionespirito.it/

[7] Il metodo Delphi è un metodo d'indagine iterattivo, che si svolge attraverso l’espressione e la valutazione delle opinioni di un gruppo di esperti o attori sociali.