Una nuova META per le fondazioni che investono in Cultura
Si è svolto lo scorso 27 gennaio, ad Alghero, un convegno promosso dal Comune di Alghero, Fondazione META (Musei Eventi Turismo Alghero), Rete delle Città della Cultura e Promo PA Fondazione sul ruolo delle fondazioni nella promozione della cultura. Al centro dell’incontro la presentazione di META come ente strumentale per l’attuazione del piano strategico del Comune di Alghero – appena presentato per definire uno sviluppo a base culturale della Piccola Barcellona sarda. Per evidenziare i punti centrali di un modello cultural-driven sono state comparate diverse realtà del panorama italiano, per creare consapevolezza sulla eterogeneità e diverse potenzialità di intervento delle fondazioni. Un parterre ricco e variegato precedeva l’esito della candidatura – poi non andata a buon fine – di Capitale Italiana della Cultura 2018, parte di una nuova stagione di vivacità a base culturale non compromessa. Alla base la nomina di creativi e intellettuali di spicco in un nuovo consiglio d’amministrazione, passando per i grandi eventi di Rally d’Italia e il Giro di Italia di ciclismo, ma puntando soprattutto ad aspetti di coesione sociale e rilancio di attrattività del comparto turistica – uno degli assett principali del territorio
Alghero – Ormai da vent’anni le città del mondo si interrogano sulle possibilità di un proprio sviluppo su base culturale, generando economie e inclusione sociale, attraendo risorse, investitori e talenti. Un tema mainstream, che occorre “maneggiare con cura”. Se alla domanda quanti vorrebbero la propria città creativa e culturale? , infatti, la risposta è pressoché scontata, diverso tenore assume la risposta al quesito quali azioni intraprendere per realizzare effettivamente questo sviluppo? Portando la discussione oltre frasi ad effetto come “di cultura si mangia”, tanta letteratura sul tema ha evidenziato pregi e paradossi. L'idea della città come creativa, innovativa, e luogo di incontro per lo scambio di beni e conoscenze, è stata una costante nei secoli e non solo nell’urbe contemporanea. Il modello pensato tra gli altri da Richard Florida1 sta nel fatto che ogni città debba lavorare sulla capacità di attrarre una classe creativa, capace di generare un tessuto culturale dinamico nelle arti e dell'intrattenimento. L’alta concentrazione e disponibilità di forza lavoro qualificata sarebbe valore per le aziende che, in questo modo, sarebbero orientate a investire nei territori. Una prospettiva che ha innescato nel tempo una corsa alla competitività per dotare le città di infrastrutture culturali, piste ciclabili e affini per aumentare la qualità della vita. Non tutti i tentativi sono andati a buon fine, tuttavia, evidenziando grossi problemi di gentrificazione, di inaccessibilità economica dei luoghi, di squilibrio sociale e spaziale per i residenti. Shaw e Porter2 (2009) concordano sulla perdita di spazio economico per vivere e lavorare in alcune delle città investite da progetti di sviluppo a base culturale proprio a causa dell’aumento del costo della vita. Quale ruolo possono avere le fondazioni in un quadro in cui aumenta la complessità e le disuguaglianze?
Nella cittadina sarda, si parte con l’idea di migliorare la governance dei processi culturali sul territorio, sviluppando le azioni secondo due filoni: la rivitalizzazione dei luoghi sottoutilizzati e gli eventi di attrazione turistica per sostenere l’economia locale. Un percorso di empowerment gestionale che vede Fondazione META come perno dell’azione di governo dove, per elaborare le future politiche culturali, si è scelto un nuovo direttore e un comitato scientifico che annovera artisti come Paolo Fresu, Bianca Pitzorno e Antonio Marras. L’acronimo META sta per Musei Eventi Turismo Alghero. Una sigla che racchiude presente e visione, un rinnovamento voluto dal sindaco Mario Bruno che esplicita le priorità della sua amministrazione e le funzioni delegate alla fondazione, totalmente partecipata dal Comune di Alghero. “La necessità di aumentare l’attrattività del territorio passa da un sistema integrato di gestione e valorizzazione del patrimonio culturale e delle sue risorse archeologiche, storiche e paesaggistiche. L’innovativo rapporto tra pubblico e privato è un sentiero da percorrere, con la Cultura vista come un valore strategico e mezzo per la crescita sociale del territorio.” In questo senso, l’adesione di Alghero alla Rete della Città della Cultura ha permesso – come primo risultato – un’interlocuzione con il MEF per cercare di sbloccare gli investimenti culturali dal patto di stabilità.
“Un riassetto della città e della sua capacità produttiva deve fondarsi su uno sforzo interpretativo di partenza.” In questa direzione è proficuo il dialogo con Domenico D’Orsogna, Professore ordinario di Diritto amministrativo e Direttore DECA Master (Università di Sassari) che, nel suo intervento al convegno di Alghero esamina le varie tipologie di fondazione possibili rispetto alla legislazione vigente, modelli dei quali offre approfondimenti analitici utili allo sviluppo della discussione. Secondo D’Orsogna, «il compito di un’organizzazione culturale ha senso se è inserito in un ambito organizzativo sistemico e in una nozione suggerita dagli articoli 9 e 33 della Costituzione in cui la cultura è un valore atto allo sviluppo della persona e della comunità». Interrogandosi in chiave diacronica sulla natura delle fondazioni, offre una chiave di lettura che descrive un ruolo bilanciato delle istituzioni culturali tra Stato e mercato, dove anche i privati possono assumere la cura di interessi generali. I riferimenti alla sussidiarietà orizzontale (art. 118) e al principio di solidarietà (art. 2), da intendersi come valorizzazione delle risorse locali definite dalle stesse comunità che beneficeranno dei risultati delle azioni sono esito di un lungo percorso giuridico, che ha determinato – con le ultime modifiche legislative – il fiorire di esperienze di fondazioni di partecipazione. Dalla indagine di D’Orsogna emerge che, in campo culturale, vengono riscontrate “diverse tipologie dell’istituto della fondazione – quasi una risposta alla generica incertezza del legislatore in materia - e che i progetti di sviluppo su base culturale non sono ricette pronte per l’uso, ma in ogni contesto è fondamentale adeguare le strategie alle situazioni specifiche.”
Sul tema della gestione dei beni culturali e la sperimentazione di nuovi modelli di governance tra pubblico e privato, Francesco Scoppola, Direttore Generale Educazione, Ricerca e Formazione, MiBACT, sostiene che la distinzione tra pubblico e privato merita qualche riflessione, non tanto in termini finanziari ma di idee. Considera che «l’uscita dalla crisi è fatta di scarti nel ripensare le nostre azioni (..) riscoprire la capacità di risposta […]. I beni culturali non sono fonte di ricchezza, ma oggetto che richiede investimenti per manutenzione o promozione.” Questo ragionamento porta all’evidenza dei primi ostacoli legati alle politiche di sviluppo a base culturale: le azioni intraprese sui beni culturali non devono basarsi su aspettative puramente legate alla bigliettazione, al merchandising o al turismo, ma sulla possibilità di utilizzare quella risorsa in termini occupazionali «perché da un elemento culturale si può re-interpretare il passato per attualizzarlo. Bisogna (…) sottolineare la differenza tra le quantità e le qualità. L’economia ha visto una contrapposizione feroce tra il capitale marxista e la visione del capitalismo liberale, entrambi modelli quantitativi. Molta della scienza del Rinascimento ci dice di affiancare un’interpretazione qualitativa ».
L’approfondimento sul vero caso studio al centro del convegno, e cioè l’esperienza di Alghero declinata nel rapporto virtuoso fra Comune e Fondazione nell’ambito delle strategie del Piano Strategico della città, ha visto intervenire Luca Canessa (segretario generale Comune) e Paolo Serena (direttore META). I due descrivono un rapporto in evoluzione, intrapreso da appena un anno. La fondazione META musei eventi e turismo, «secondo gli obiettivi del piano strategico di Alghero, avrà più capacità gestionale fondata su una governance indipendente dall’amministrazione». Il piano pluriennale prevede il passaggio dei beni dell’intero patrimonio culturale di proprietà del Comune alla fondazione, con una concessione gratuita degli stessi sino al 2020, in modo tale da sviluppare una rete integrata dei musei e dei siti archeologico-culturali, coordinare le attività e la programmazione dell’offerta culturale e le azioni di marketing territoriale. «Il traguardo è Alghero come città aperta e integrata che sia punto di riconnessione di un territorio più vasto”. Altra caratteristica fondamentale di META è l’obiettivo di autofinanziamento, descritto da Sirena come un meccanismo virtuoso perché “META si autofinanzierà principalmente con i ricavi che derivano dagli introiti di bigliettazione dei beni culturali come le Grotte di Nettuno (1.500.000 euro stimato proveniente da 150.000 visitatori accertati nelle scorse annualità) e dai visitatori che fruiranno della nuova offerta culturale nei musei e sedi espositive». Sul piano della sostenibilità economica, altri fondi sono previsti da sponsorizzazioni private, partecipazione a progetti europei e contributi pubblici o privati di natura regionale ottenuti su specifiche progettualità, come il Cap d’Any (stabilmente sostenuto dalla Fondazione di Sardegna con un’erogazione di 50000 euro). Nella accezione algherese, insomma, i beni culturali diventano un produttore di reddito e fattore positivo sul piano socioculturale.
Sul tema del management e patrimonio culturale, Graziano Milia – capo relazioni esterne della Fondazione di Sardegna – ha parlato di uno studio recentemente commissionato sulla percezione territoriale del proprio operato, che ne faceva emergere «un soggetto attuatore che consente ai svariati progetti di realizzarsi, un ente di diritto privato ma titolare di un patrimonio collettivo che, redistribuendo le risorse nella società, tende ad includere e rendere coese le varie realtà – compresi le autonomie locali che risultano essere in progressivo aumento tra i soggetti richiedenti, a causa della contrazione delle risorse disponibili». Franco Mungai, direttore tecnico della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca parla della responsabilità nei confronti del territorio e dell’evoluzione del ruolo della fondazione «non ci limitiamo a dare soldi, ma facciamo convenzioni con enti pubblici, prendendoci in carico dei costi di realizzazione infrastrutturali importanti ma vincolando il nostro intervento a quota di co-finanziamento utile per attrarre altre risorse.» Chiara Sciola, vicepresidente CDA Fondazione Sciola , evidenzia il ruolo delle fondazioni d’artista di valorizzare l’opera del singolo e nel contempo, attraverso l’arte contemporanea, valorizzare il territorio. «Ad oggi abbiamo visto il ruolo del privato associativo a sostegno dello Stato nella tutela e valorizzazione dei beni culturali e del patrimonio storico artistico. Abbiamo necessità – in quanto privato – di avere un ruolo attivo nella valorizzazione sia del lavoro dell’artista sia del territorio». Secondo Aldo Accardo, presidente Fondazione di Ricerca Giuseppe Siotto , il tema centrale allo sviluppo del modello culturale non è la penuria di risorse, ma la mancanza di idee – che possono essere autonome anche dai bandi e dai finanziamenti. “Il nostro core business si chiama memoria, storia e identità. Il rapporto tra pubblico e privato, per essere un rapporto virtuoso deve essere cooperativo.” Pierpaolo Forte, Presidente della Fondazione Donnaregina per le Arti Contemporanee, a cui fa capo il museo Madre di Napoli, parla della capacità di visione e adattamento della fondazione, rispetto all’idea di sviluppo del futuro. “In scarsità di risorse – dice – si è chiamati a elaborare delle azioni più efficienti e riflettere sulle strategie. L’elemento comune è che l’investimento in Cultura non è profittevole, non deve avere un rendimento di tipo economico – anche se sono necessarie altri tipi di ricadute.” Pone a META domande forti “Qual è il rendimento che vi aspettate da META? Turismo? Una riscoperta dell’identità? Nuove imprese che inducono prospettive di prodotto e processo produttivo? La strada intrapresa da MADRE è quella di insinuare una sfida per i giovani: porsi al livello dei più grandi per cercare non tanto di conservare, ma innovare. La nostra responsabilità è la fecondità del patrimonio che viene dal passato, ma tutto deve essere contemporaneo e vivo. Le istituzioni che lavorano su questa idea cercano di fare rendimento sociale, coesione, co-estensione e nuova distribuzione. La politica dovrebbe discutere di miglior distribuzione degli accessi culturali che, in genere, amplia il divide nella qualità della vita dei cittadini.”
La risposta su sviluppo a base cultuale che viene fuori dal convegno di Alghero è articolata, almeno tanto quanto sono eterogenee le realtà coinvolte: da una parte un’amministrazione motivata a perseguire l’obiettivo del rilancio economico e sociale di un territorio, dall’altra fondazioni private che possono cooperare nell’attuazione degli intenti strategici. Gli investimenti devono essere importanti almeno tanto quanto il livello della sfida al futuro: generare ricadute non significa arrivare a (oltre il) pareggio di bilancio in un breve arco di tempo, ma dotare un territorio degli strumenti utili per avviare nuovi progetti di rivitalizzazione del tessuto produttivo locale – svincolandosi dall’idea di assistenzialismo che ha caratterizzato il governo del territorio in numerosissime esperienze italiane. Largo alle idee, perché in ogni contesto è fondamentale adeguare le strategie alle situazioni specifiche. Alghero è in prima fila.
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