People have the power, ovvero l’infanzia promettente ed eversiva dello «spettatore attivo»
Apparentemente TakeOver è un festival come tanti altri.
Si tiene a York in Inghilterra sotto l’egida di un’istituzione che ha più di due secoli di storia, lo York Theatre Royal, dura tre settimane e coinvolge un pubblico sempre più numeroso con una programmazione multidisciplinare che spazia dalla danza al teatro.
Fin qui niente di particolarmente originale, ma andando ad approfondire il suo funzionamento si scopre che il festival è completamente organizzato e gestito da ragazzi e giovani tra i 12 e i 26 anni. Non stiamo parlando, si badi, di un contentino dato a teenagers reclutati durante la manifestazione in compiti di accoglienza e logistica o in specifiche attività di front line. A loro il teatro affida il compito di realizzare in toto la manifestazione: dalla scelta degli spettacoli, alla contrattualizzazione degli artisti, all’organizzazione, fino alla promozione del cartellone e alla gestione del budget attraverso un’articolazione del lavoro e dei ruoli che «specchia» quella reale del teatro.
La genesi di TakeOver è da far risalire al programma «A Night Less Ordinary» (ANLO) ideato e promosso nel 2009 dall’Arts Council of England. L’idea era semplice quanto radicale: stimolare la partecipazione dei giovani e avvicinare nuovi target al teatro provando ad abbattere il fattore costo. Nell’arco di 3 anni, dal 2009 al 2011, l’Arts Council in partnership con il sistema teatrale ha regalato a chiunque avesse meno di 26 anni qualcosa come mezzo milione di biglietti (!) da utilizzare in più di 200 teatri e spazi culturali in tutta l’Inghilterra. Se volete sapere com’è andata non avete che navigare sul sito dell’Arts Council of England trovando dati e valutazioni in abbondanza; a costo di rovinarvi la sorpresa vi anticipo che il programma ha ottenuto risultati più che soddisfacenti con tassi di utilizzo dei biglietti regalati intorno all’80%, con circa un ragazzo su due che ha affermato che non sarebbe andato a teatro senza lo stimolo del programma. Quando ANLO è finito molte istituzioni hanno deciso di continuare autonomamente per non disperdere gli effetti positivi, anche alzando, in taluni casi, la posta del coinvolgimento e della progettazione. Lo York Theatre Royal, che aveva vissuto positivamente l’esperienza di ANLO (più di 8000 biglietti utilizzati da under 26), decise di rafforzare ulteriormente la relazione e il livello di ingaggio con il suo pubblico giovane creando TakeOver. Il teatro, ogni anno, attraverso una call pubblica seleziona un gruppo di giovani che, in modo volontario, dovrà lavorare alla realizzazione della manifestazione operando in un ambiente professionale e in stretta relazione con la struttura del teatro. Il board direzionale del festival prevede infatti la compresenza di figure apicali interne del teatro e di un management team composto da under 26 che viene seguito e formato attraverso attività di affiancamento e mentoring, sostenuto nelle decisioni più importanti, ma sostanzialmente lasciato autonomo e indipendente nella realizzazione della manifestazione. Il budget messo a disposizione per Takeover viene garantito dal teatro stesso e dalla Paul Hamlyn Foundation. Tre anni di valutazione esterna hanno evidenziato come il festival abbia rappresentato un’occasione importante per coinvolgere in modo profondo persone che avevano una conoscenza limitata del funzionamento della macchina teatrale, per rafforzare le loro capacità e competenze professionali e per vivere in modo positivo e arricchente un’esperienza di partecipazione culturale.
Takeover rappresenta una delle modalità più avanzate e «spinte» del cosiddetto Active Spectatorship, un approccio alla progettazione culturale in cui l’audience assume un ruolo fortemente attivo, arrivando a intervenire nel cuore dei processi decisionali che riguardano i diversi aspetti di progettazione e di produzione di un evento performativo (un festival, una stagione teatrale, un spettacolo di danza, etc.). Nel contesto italiano, uno dei casi più noti e pionieristici è sicuramente quello del festival Kilowatt di San Sepolcro, con il progetto de «i Visionari». Ogni anno un gruppo di persone (i Visionari appunto, che non sono addetti ai lavori, ma normali spettatori interessati al teatro, alla danza e alla musica contemporanei) si impegna con cadenza settimanale a visionare il materiale inviato dalle varie compagnie che si occupano di teatro contemporaneo d’innovazione, a discutere e a selezionare nove spettacoli che verranno successivamente presentati nel programma ufficiale del festival. Secondo il direttore Luca Ricci «[…]l’idea di sovvertire i criteri di organizzazione del rapporto tra il sistema dello spettacolo e il pubblico è qualcosa di più di una provocazione. È un’idea di politica culturale».
Entrambe le esperienze fanno parte del progetto Europeo BeSpectACTive! finanziato nell’ambito dei «larger scale cooperation projects» di Europa Creativa, che coinvolge teatri, festival e centri di ricerca. Le diverse realtà culturali si metteranno in gioco per sperimentare forme di audience engagement basate sul coinvolgimento attivo delle persone nei processi di selezione delle opere del loro cartellone e nella fase di produzione di artisti e performer che lavoreranno in residenza in dieci paesi europei. Lo sviluppo del progetto sarà accompagnato da un’attività sperimentale di ricerca e di valutazione degli impatti (condotta da Fondazione Fitzcarraldo insieme alle università di Barcellona e Montpellier) che tale approccio avrà generato sul pubblico, sugli artisti, sui processi produttivi e sul sistema delle competenze in gioco. Quest’ultimo punto rappresenta sicuramente uno snodo cruciale per dare sostanza e qualche chance di successo ai processi di cambiamento e innovazione necessari per ridare visione e slancio al sistema culturale.
Non è forse un caso che Matera Capitale Europea della Cultura nel 2019, che ha realizzato un programma artistico e culturale fortemente orientato all’innovazione, consideri il capacity building e il rafforzamento sistemico delle competenze (dalle comunità professionali, alle amministrazioni pubbliche, alla cittadinanza nel suo complesso) come la condizione preliminare e necessaria – da implementare nei prossimi due anni - per garantire che le ambizioni della visione culturale siano supportate da adeguate capacità di progettazione e di attuazione.
© Riproduzione riservata
Alessandro Bollo è Responsabile Area Ricerca e Consulenza Fondazione Fitzcarraldo
Articoli correlati:
«Be SpectACTive!»