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Partecipazione culturale 3.0: una evoluzione condivisa tra nuove responsabilità e rinnovata fiducia

  • Pubblicato il: 15/11/2017 - 10:01
Rubrica: 
DOVE OSA L'INNOVAZIONE
Articolo a cura di: 
Massimiliano Zane

I mezzi tecnologici stanno legando persone, dati e processi in maniera sempre più stretta. Questo ha modificato e continuerà a modificare i nostri bisogni di consumo, ed anche quelli di consumo culturale e soprattutto di “voglia” di partecipazione. Ma i nostri luoghi di cultura sono in grado di gestire questo trend ormai inarrestabile? E se si, come? In questo senso molti sono i progetti nati per rispondere a queste domande e l’ “Engage2020 – Action Catalogue” ne è l’ultimo esempio (e forse quello più controverso).
 

Dalla realtà aumentata agli allestimenti cros-disciplinari, dal digital storytelling al social gaming, dall'accessibilità alla didattica multimediale, fino ai contest digitali e al turismo emotivo, le dinamiche di gestione, accesso e divulgazione di ogni attività nel settore culturale sono in continua evoluzione. Un'evoluzione di strumenti e idee, che guarda tanto al potenziale creativo ed espressivo tecnologico, quanto a quello collettivo; e che spinge gli istituti di cultura verso nuove strategie concepite e programmate per un incremento crescente del livello qualitativo anche delle modalità della propria attrattività e del coinvolgimento dei propri pubblici.
 
Una delle chiavi di questa evoluzione inevitabilmente passa attraverso la capacità di monitorare come i visitatori vivono la loro esperienza culturale. Ma spesso questa capacità, ormai sedimentata, si scontra con l’altrettanto importante capacità, ancora nebulosa, di tradurre questa conoscenza accumulata e di passare da processi conoscitivi a processi decisionali. Parlando di coinvolgimento culturale, ciò che ci si para davanti è spesso un orizzonte ampio e multiforme, che tocca attori spesso disomogenei, in termini di risorse, strumenti, prospettive e obiettivi, offrendo un quadro globale a “macchia di leopardo”.
 
In questo panorama DI alta complessità strumentale e concettuale, e per cercare di offrire un supporto pratico e concreto alle istituzioni culturali a livello globale, si inserisce l’ Engage2020 – Action Catalogue”: un nuovo strumento di supporto on-line che nelle sue intenzioni consente a ricercatori, responsabili e decisori gestionali di istituti o enti culturali, o più semplicemente a soggetti che vogliano avviare una progettualità con finalità inclusive, di trovare il metodo più adatto ed efficace di coinvolgere il proprio pubblico stando alle specifiche esigenze del progetto ideato.
 
Finanziato dalla Commissione europea (DG Ricerca), e realizzato in seno al più ampio progetto “Engaging society in Horizon 2020”, l’Action Catalogue è un supporto intuitivo e veloce che si sviluppa su di un denominatore comune: la ricerca del coinvolgimento e dell'inclusione. Utilizzabile gratuitamente online, l’Action Catalogue consente a chiunque di cercare nuove idee e metodologie di coinvolgimento dei propri pubblici di riferimento. Offrendo approfondite descrizioni tecnico-attuative sulle metodologie suggerite, sui punti di forza e di debolezza di ciascuna, e soprattutto sui risultati, sugli impatti e sulle ricadute che l’attuazione di tali metodi potrebbero dare a differenti livelli e da diverse prospettive, questo progetto risulta un ottimo supporto “entry level” per offrire idee e comprendere le molteplici dinamiche e risultati del “coinvolgimento” nei processi gestionali e decisionali di progettualità a fini culturali e sociali (ma non solo).
Tecnicamente, l’Action Catalogue permette di trovare il metodo inclusivo più adatto alle proprie necessità tra 57 diverse proposte, sviluppate attraverso l’adattamento di 32 diversi criteri modulabili, ovvero che danno la possibilità di essere “pesati” a piacimento, aumentando o diminuendo l'importanza relativa di ciascun criterio. Una volta determinati pesi e variabili, all'utente vengono presentati i possibili risultati previsti ed un elenco di metodi “prioritari” utili allo sviluppo del proprio progetto, ed altri “secondari”, più generali, per offrire una visuale più ampia e laterale, ma che abbia comunque una rilevanza corrispondente alla dimensione progettuale impostata.
 
Un’innovazione attraente e pratica ma… Non basta. Già perché se è vero, com’è vero, che elementi innovativi come l’Action Catalogue sono senz’altro interessanti e rendono tangibile l’avanzamento in termini di ricerca e sperimentazione di nuove logiche di partecipazione in ambito culturale e sociale, non devono mai essere viste come strumenti capaci di fornire alibi o deleghe. Pur utile ed efficace, l’Action Catalogue resta sempre uno strumento atto solo a suggerire metodi o alternative, non di più. Alla cultura spetta, come mai prima d’ora, il compito di interpretare con tutta la sensibilità di cui è capace i propri processi di partecipazione. Perchè il coinvolgimento è cosa seria, e non si ottiene attraverso un algoritmo, serve dell’altro. Serve ri-formare le proprie prospettive interpretative e quelle di coloro a cui ci rivolgiamo. Un lavoro lungo e complesso, che nasce molto prima di una singola progettualità estemporanea; che si basa su diversi fattori “attivanti” e che da essi ne trae la propria intima essenza, tra tutti la responsabilità e la fiducia, senza i quali l’idea stessa di partecipazione fallisce.
 
Si inizi dunque a ri-vedere la cultura attraverso le lenti dalla responsabilità, o meglio, attraverso l’avvio di un nuovo moto di “assunzione di responsabilità” anche in ambito culturale e per ciò che riguarda l’intero suo arco di progettazione; che si snodi dall’idea all’attuazione, tanto sul piano orizzontale delle comunità e dei territori, quando su quello verticale degli attori, istituzionali e non, che con quei e su quei territori stessi vogliono operare. Un soggetto responsabile e responsabilizzato è coinvolto e come tale è mosso all’azione.
Per far questo, e che questo sia svolto in modo ottimale, servono obiettivi tangibili per favorire, step by step, che processi e modalità di attuazione siano correttamente svolti ed incentivati al miglioramento. E come? Attraverso una nuova cultura della valutazione. Una valutazione interpretata come attenta e puntale verifica delle performance (culturale, sociale ed economica), pensata e attuata con spirito proattivo e non mortificatorio, attraverso la determinazione di nuovi e più adeguati indicatori, per una nuova consapevolezza e una sana responsabilizzazione condivisa.
 
Ma la verifica e la condivisione passano dalla corretta interpretazione di tutti gli elementi concorrenti al buon esito della progettualità, quindi si guardi anche alla formazione, inferiore e superiore, scolastica ed universitaria certo, ma non solo. Allora meglio parlare di “attività formative strutturali”, di mentoring culturale e sociale che accompagni e coinvolga l’intero sistema, in un aggiornamento continuo di tutti i suoi elementi a tutti i suoi livelli, interni ed esterni, istituzionali e privati, presenti e futuri, quali che siano compiti e impieghi cui sono chiamati a rispondere.
 
E se di formazione si parla, si parli anche di comunicazione e informazione, di disseminazione che favorisca la percepibilità dei risultati - vedi alla voce conseguimento degli obiettivi e assunzione di responsabilità – sia per ciò che riguarda l’ottenimento che per il mancato ottenimento di questi (ma senza l’ansia da prestazione). Così intesa, la comunicazione conduce a una maggiore trasparenza dei modelli e nei processi, con un moto di apertura inteso come elemento attuativo di garanzia e veicolo di promozione dell’importanza sociale dell’intervento in cultura. Perché solo attraverso il riscontro attivo, il concretarsi e la percezione tangibile di aver contribuito alla costruzione e alla messa in pratica di idee, progetti, passioni, sforzi creativi e fisici comuni, si genera l’ultimo elemento fondamentale per una cultura intesa tanto come asset economico efficace quanto come elemento coesivo comunitario ed identitario: la fiducia.
 
Perché numeri sono solo numeri, e conoscerli è solo l’inizio. Dietro i percentili si celano persone, territori e comunità e un supporto facilitante, per quanto evoluto, può aiutarci ad accumulare dati e informazioni, ma non può (deve) spingersi oltre. La scelta e la responsabilità di questa, la volontà di intraprendere una via piuttosto che un’altra, la capacità di ascolto e di interpretazione, stanno e staranno sempre a noi, e nessun algoritmo potrà (dovrà) mai sostituirla.
 
 
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