Oltre il confine
Valle Camonica. «aperto_20» è un progetto pluriennale di arte pubblica. Si svolge in Valle Camonica e attiva processi di trasformazione attraverso l’arte contemporanea, a partire dall’ambiente.
Promosso dal Distretto Culturale della Valle Camonica, primo risultato del progetto Distretti culturali della Fondazione Cariplo, «aperto_20» prevede interventi site specific, in aree localizzate nei singoli comuni della Valle, capaci di creare un dialogo tra contemporaneità e memoria, tra i nuovi linguaggi della cultura contemporanea e le radici profonde del territorio.
«aperto_2012_art on the border», terza edizione del progetto, è dedicata al tema «fare_arte al confine e sul confine». Tre giovani artisti under 35 sono invitati, previa bando (scadenza 4 giugno 2012), ad un periodo di residenza in Valle Camonica e a realizzare un’opera site specific, dialogando con il contesto e individuando «la relazione profonda e poetica tra natura e cultura».
Gli artisti in residenza saranno supportati da un «tutor», che nell’edizione 2012, sarà l’artista Claudia Losi e saranno affiancati nella loro ricerca artistica da unantropologo e da figure tecnico-scientifiche che aiuteranno a meglio comprendere la complessità e la stratificazione storica e culturale del territorio.
Giorgio Azzoni, ideatore e direttore artistico di «aperto_20», ci racconta genesi e finalità del progetto.
Come nasce l’idea di Aperto_20?
L’idea di aperto_20 nasce all’interno della proposta progettuale che ho presentato al Bando pubblico di assegnazione di Responsabile dei progetti artistici del Distretto Culturale di Valle Camonica. Era mio intento promuovere l’arte contemporanea legandola ai valori culturali, antropologici e civili del territorio, facendo in modo che gli artisti potessero essere sismografi e interpreti dei valori profondi delle comunità, della terra che li ospita e del paesaggio che vivono, offrendo alle comunità occasioni di riflessione e proponendo attività operative che rappresentassero un nuovo modo di fare cultura.
Il progetto di aperto_20, perfettamente funzionale al programma di riattivazione culturale del territorio attivato dal Distretto Culturale, ha individuato nei nuovi linguaggi dell’arte una delle leve fondamentali per innescare nei giovani energie e nuove idee, e nella formula della residenzialità artistica uno strumento perché l’arte possa nascere sul territorio, site specific.
L’edizione di quest’anno - «abitare nelle Alpi (on the border)» - si propone di identificare le forme e gli aspetti primari dell’Abitare. L’abitare è qui inteso come la «riappropriazione» di uno spazio fisico per trasformarlo in «luogo intimo», «paesaggio mentale»?
L’abitare, inteso come dimorare nella natura, e vivere partecipativamente con essa, non è inteso come una delle molteplici pratiche individuali, bensì come il carattere fondamentale della natura umana, che trova il senso originario del proprio essere nel rapporto con lo spazio e la terra. L’abitare esprime il rapporto che l’uomo stabilisce con la natura -la physis che lo ha accolto - e con il mondo - l’insieme dei fatti e dei fenomeni - che co-determina con i propri comportamenti; quindi ha un valore originario e fondamentale: per questo motivo è stato posto a tema dell’operare artistico. Infatti l’operare poetico dell’arte (nella sua accezione espressiva ma anche costruttiva) può aiutarci a comprendere quelle connessioni tra noi e il paesaggio - inteso come sintesi di aspetti fisici, storici e simbolici - in grado di attivare l’interesse per i valori autentici del vivere sulla terra e contribuire a ri-portarli in luce.
Perciò insiste sulla questione fondamentale: l’uomo non può che abitare, esiste abitando, ma al tempo stesso è abitato da un’alterità che viene espressa in molti modi, da valori storici, culturali, etici. Allora è giusto utilizzare il termine concettuale di «riappropriazione» come riconquista dell’ethos originario, che possiamo intendere nel dialogo sia con lo spazio fisico che con lo spazio intimo dell’interiorità, individuale ma anche, e soprattutto, collettiva. Rintracciando i legami che si stabiliscono tra i luoghi e l’attribuzione di significato che le culture assegnano loro è possibile individuare la relazione profonda e poetica che si stabilisce tra natura e cultura, efficacemente rintracciabile nelle aree di confine, in un terra di montagna, dove i fenomeni originari sono latenti.
L’arte, più di qualsiasi altra disciplina, può forse adempiere a questa missione. Il vostro è però un approccio trasversale e multidisciplinare, con l’interazione di un antropologo e di figure tecnico-scientifiche (biologi, geologi, chimici, botanici, ecc.).
Quali i risultati «processuali» attesi? La scelta di Claudia Losi è funzionale a questi obiettivi?
Il gruppo di lavoro che abbiamo costituito, con competenze scientifiche e diverse, avrà proprio il compito di fornire queste letture trasversali, quelle possibili individuazioni di valore e significato che gli artisti potranno interpretare e portare dentro alla formalizzazione del proprio lavoro. La complessità del paesaggio esige un approccio attento poiché gli elementi in atto sono molteplici e intrecciati, visibili e nascosti, e l’incrocio dei molti sguardi potrà portare alla luce, di situazione in situazione, le verità che ogni volta si disgeleranno: i multiformi caratteri depositati sul suolo di pietra che li raccoglie, li conserva e li offre alla nostra attenzione razionale, emozionale e contemplatrice.
Anche quest’anno è intenzione del progetto creare una piccola comunità operosa, un gruppo che permetta agli artisti –ma non solo a loro - di riflettere e rielaborare informazioni e concetti che circoleranno durante gli incontri, le tavole rotonde, i trekking in alta quota. Così durante la residenza, nelle chiacchierate e nelle tavole rotonde, camminando o lavorando, si potranno attivare, nel gruppo e con i residenti, scambi relazionali e sociali finalizzati a ricercare forme, idee, pratiche e situazioni responsabili, coniugando la consapevolezza del presente con le radici dell’esperienza collettiva che uniscono, anche contraddittoriamente, uomo e terra.
Claudia Losi è artista di grande sensibilità e particolarmente adatta a muoversi all’interno di una geografia poetica multiforme e animata, fatta di pazienti raccordi, scavi e risignificazioni della materia vivente, in mutazione come il paesaggio. Penso sarà in grado di intrecciare una rete di relazioni tra se e gli altri, tra gli artisti e i residenti, tra il proprio lavoro e la ricca e ancestrale presenza della pietra, la materia di riferimento 2012.
L’arte si muove oltre i confini ad essa solitamente deputati e guarda oltre: alla provincia e alla montagna, ad esempio. Terreni fertili sui quali «coltivare cultura», luoghi di confine che anziché un limite costituiscono un’opportunità.
Come intendete creare in Valle il punto d’incontro tra una dimensione locale e globale dell’arte?
La rassegna aperto_20, dedicata al tema fare_arte al confine e sul confine, invita gli artisti in residenza ad operare nelle aree intermedie di confronto e sovrapposizione tra ambiti, in quelle situazioni di margine che rivelano sotto il recente strato di spaesamento ambientale ed esistenziale, i caratteri originali, quella «memoria della terra» che ci appartiene come un corredo antropologico.
La relazione che gli artisti attiveranno con l’ambiente montano e le sue trasformazioni permetteranno di recuperare, dalla cultura locale stratificata da millenni, valori su cui ricostruire comportamenti individuali, nello scambio vivificante con la natura.
Il progetto prevede interventi specifici, in aree localizzate nei singoli comuni, che dialogando con il contesto possano esprimere valori culturali, ambientali e sociali, messi in opera mediante attività di ricerca e sperimentazione artistica. Aperto vuole così istituire luoghi d’incontro tra le radici profonde del territorio e la cultura contemporanea, vuole ritrovare le origini antiche dei linguaggi contemporanei come una forma elementare di messa in opera della verità.
Le opere realizzate avranno una valenza estetica, ma anche conoscitiva e interpretativa del tema, delle loro materie costitutive, delle «re(l)azioni» che determinano e del luogo in cui sono inserite, vivendo il tempo della loro durata.
Si tratta di un percorso di ricerca poetica e di scavo antropologico che può essere condotto efficacemente proprio ai margini dell’urbanità, interpretando le formedispiegate nel paesaggio, inteso come il «presente remoto» che contiene forme, azioni e immaginario, in grado di generare nuovi pensieri.
Il Distretto Culturale della Valle Camonica è il primo risultato del progetto Distretti culturali, che nasce da un’idea di Fondazione Cariplo per promuovere la valorizzazione del patrimonio culturale in una logica di sviluppo del territorio.
Dalla sua ideazione, quali gli sviluppi e i risvolti sul territorio?
Il Distretto Culturale di Valle Camonica è nato dal dialogo costruttivo tra la Comunità Montana e Fondazione Cariplo, nel riconoscimento della ricchezza e della stratificazione culturale presente in questo territorio come risorsa utilizzabile sia per rafforzare il senso di appartenenza degli abitanti che per attivare nuove forme di economia sostenibile. L’obiettivo principale di Fondazione Cariplo è trasformare la gestione dell’importante patrimonio culturale in un programma di sviluppo sociale ed economico che sia sostenuto da idee e tecnologie operative avanzate. Per fare ciò ha strutturato un piano di interventi coordinato e integrato, e ha definito una governance istituzionale in grado di gestire questo importante programma formato da molti e diversificati progetti nell’ambito del turismo culturale, dell’arte, dei servizi e della comunicazione, per costituire uno strumento di partecipazione e di apertura sociale.
Il Distretto Culturale di Valle Camonica è un’esperienza pilota in quanto è stato il primo ad essere attivato e su di esso la Fondazione stessa ha messo a punto il proprio modello di monitoraggio, accompagnando e verificando con grande attenzione i molti aspetti che riguardano l’attivazione di un territorio caratterizzato da dinamiche che procedono a velocità diverse. Il territorio infatti sta reagendo in modo diversificato: alcune comunità già avviate in una prospettiva turistica stanno trovando nel Distretto un importante supporto per rilanciare la propria immagine e la propria offerta; altre realtà meno dinamiche accolgono favorevolmente le iniziative proposte ma, per le dimensioni ridotte dei propri bilanci, o per scarsa attitudine alla sperimentazione, si pongono come interlocutori attenti ma non sempre reattivi. L’attuale crisi economica non agevola i processi di ristrutturazione dei comportamenti, ma può forse far riflettere sui modelli economici e sulle risorse fondamentali; il problema è insistere nella ricerca artistica e mostrare chiaramente alle Comunità e agli Amministratori come sia necessario proseguire attivamente nella riflessione poetica sui saperi e sul patrimonio artistico e ambientale come fattore di coesione sociale, riconoscimento e prospettiva.
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