Italia Non Profit - Ti guida nel Terzo Settore

Forum dell’arte contemporanea di Prato: bilancio di un tavolo di confronto

  • Pubblicato il: 14/10/2015 - 21:39
Autore/i: 
Rubrica: 
FONDAZIONI E ARTE CONTEMPORANEA
Articolo a cura di: 
Neve Mazzoleni

Le fondazioni sono le nuove istituzioni? La domanda è superata. Non solo lo sono già da molto tempo, ma sperimentano nuove forme di gestione dell’arte orientate all’allargamento dei pubblici, alla creazione di sistema, alla produzione di indicatori per la valutazione del valore aggiunto prodotto, alla produzione di contenuti. In una parola innovano con consapevolezza e invocano un’interlocuzione matura con le Pubbliche Amministrazioni. Ma la strada della consapevolezza di sistema è ancora lunga
 
 
 
Prato. Non è facile fare sintesi di una giornata di lavoro, alla presenza di 10 fra le principali Fondazioni per l’arte italiane nel tavolo «Le Fondazioni sono le nuove istituzioni?» al Forum dell’arte contemporanea di Prato (25/27 Settembre). Un tavolo composito che ha visto la presenza di realtà diverse per dimensioni, budget, longevità, azioni e forme di gestione. Una fotografia della complessità del sistema fondazionale italiano, chiamato ad esprimersi su criticità attuali, obiettivi da raggiungere a medio lungo termine e proposte concrete di azione per superare un periodo di empasse del sistema dell’arte contemporanea italiana.
Giovanna Amadasi, Cultural and Institutional program Fondazione Hangar Bicocca; Rosalia Pasqualino di Marineo, curatrice Fondazione Piero Manzoni; Deborah Carè, Direttore Fondazione Ermanno Casoli; Luigi Di Corato, Direttore Fondazione Brescia Musei; Cristina Perillo, Program Manager Lettera 27; Cecilia Guida, Direttrice Ufficio Educazione-curatrice dei programmi formativi Unidee, Cittadellarte-Fondazione Pistoletto, Patrizio Peterlini, Direttore Fondazione Bonotto, Chiara Caroppo, Responsabile Ufficio Mostre Fondazione  Merz; Mauro Baronchelli, Direttore Operativo Palazzo Grassi-Punta della Dogana- Pinault Collection, Riccardo Lami, Coordinamento promozione e sviluppo Fondazione Palazzo Strozzi.
La Presidente del Comitato promotore per le Fondazioni Italiane di Arte Contemporanea, Patrizia Sandretto Re Rebaudengo, ha partecipato  alla giornata inaugurale del Forum dell’arte contemporanea. In qualche modo la sua relazione ha anticipato diversi temi del tavolo del giorno successivo, facendo uscire allo scoperto gli obiettivi da raggiungere per le fondazioni coinvolte: «Cosa fare insieme?».
In prima istanza la necessità di fare sistema, di unirsi in rete per la condivisione di pratiche, competenze, conoscenze. Oltre che l’obiettivo di porsi come interlocutore riconoscibile con il Ministero dei Beni Culturali per le strategie di promozione e diffusione dell’arte contemporanea, come dichiara Sandretto stessa: «Le fondazioni sono una conferma della vitalità e della passione che anima l’arte contemporanea e spero che questo Forum sia un primo passo fuori da momenti difficili. Il comitato nasce dalla volontà di rispondere all’invito del ministro Franceschini, che aveva auspicato una maggiore collaborazione tra pubblico e privato. Per rispondere bisognava creare un organismo che davvero potesse interloquire col ministero».
Il Comitato è sentito come un’opportunità da parte dei convenuti al tavolo, per essere riconoscibili rispetto alle Istituzioni pubbliche, ma anche come spazio per approfondire tematiche tecniche come fiscalità e normative.
L’interlocuzione con le Pubbliche Amministrazioni e le Comunità locali è la difficoltà più denunciata: “Nel nostro Paese non c’è vantaggio nel fare donazioni, dunque i filantropi si guardano bene da imbarcarsi in complicazioni amministrative. Un vera politica di de-fiscalizzazione non esiste”, dichiara Rosalia Pasqualino di Marineo. «Anche il diritto di seguito viene tassato minimo del 67%, quindi archivi o fondazioni d’artista come quella che dirigo, non beneficiano come spetterebbe. La difficoltà di relazione con le soprintendenze, con personale ridotto e con cui è difficile istituire un dialogo continuativo per quel che riguarda l’esportazione e  la notifica complicano la movimentazione dei beni artistici nazionali, inficiando la costruzione della nostra immagine all’estero. Per realtà piccole come la nostra, sarebbe di enorme aiuto poter contare sulla collaborazione di questi Enti nella promozione dei nostri contenuti».
Un dialogo che possa costruire valore per le comunità e la gestione del bene comune della  Cultura è invocato da più fronti, ma la reciprocità dello sforzo non sempre si verifica, come testimonia Giovanna Amadasi: «Da un lato il pubblico ci percepisce a tutti gli effetti come un’istituzione culturale della città, un bene comune, dall’altra  c’è ancora molto lavoro da fare con istituzioni pubbliche per essere riconosciuti come veri interlocutori e raggiungere obiettivi concreti, come ad esempio una rete tra le diverse realtà del territorio e un canale  di comunicazioni condiviso per le iniziative culturali. A Milano, le Fondazioni private assolvono  di fatto quasi completamente al ruolo di promozione e diffusione dell’arte contemporanea e questo contribuisce a rendere meno urgente ed evidente il problema dell’assenza di spazi pubblici».
Un elemento sentito è anche la reciproca diffidenza fra il mondo dell’arte e delle Fondazioni, soprattutto nel caso di espressioni aziendali. Deborah Carè è perentoria: “Finché non si crea un ponte di dialogo dove i due linguaggi, quello della cultura d’impresa e quello dell’arte, si incontrano, è molto difficile costruire valore” . L’impollinazione nelle pratiche artistiche con la cultura di impresa sono fondamentali : «Si tratta di osmosi. Noi lavoriamo in questo senso da tempo. Non chiediamo agli artisti di lavorare sul prodotto direttamente, ma di proporre percorsi di decostruzione concettuale che abbiamo riflessi sulle logiche aziendali», commenta Patrizio Peterlini
«Ricorre spesso ricorrere all’arte» denuncia Cecilia Guida, ma perché diventi un dialogo di senso, è necessario riconoscere che l’Artista è agente di cambiamento che accompagna verso l’innovazione su più livelli, che richiedono sostenibilità su lungo periodo. La formula del «imbellettamento» deve cedere il passo alla costruzione di dialoghi di respiro che abbiano l’obiettivo della trasformazione sociale: «Perché l’Arte serve anche a chi non la capisce. Educare al linguaggio del contemporaneo contribuisce all’evoluzione sociale di una comunità». Il cambio di paradigma sta nel creare un linguaggio comune lasciando da parte gli arroccamenti di sistema. Ibridare è il verbo auspicato.
Non solo fra mondo dell’arte e mondo delle fondazioni, ma anche nel dialogo con le Amministrazioni Pubbliche, aprendo ad esperimenti di gestione condivisa, purché, come ci avvisa Luigi Di Corato: «Se le fondazioni non hanno consapevolezza gestionale diventano un ennesimo costo sociale. È necessario avere coscienza di essere anche un organismo aziendale, che per identità istituzionale, deve perseguire una strategia di autofinanziamento, con un obiettivo chiaro e di lungo termine. Altrimenti il rischio del ripiegamento su se stesse è concreto. Nonché  di rimanere nella palude dalla quotidianità spiccia e di bottega.  La forza di una fondazione sta anche sua autonomia e quindi nella capacità di fare rete sia con il territorio che con istituzioni analoghe nel contesto nazionale e internazionale. In questo caso, è di vitale importanza pensare a fondazioni a sevizio della comunità più che dalla collezione o del fondatore».
Fondamentale approfondire le normative legate ai sistemi di defiscalizzazione, come l’Art Bonus, per divulgare quali sono le possibilità esistenti e su quelle fare richieste per un ampliamento e stimolo alle donazioni. E proprio Fondazione Brescia Musei  lancerà una giornata di studio con la partecipazione di Agenzia delle Entrate e associazioni dei consulenti fiscali, come commercialisti e revisori.
La visione di sistema deve andare aldilà dei confini nazionali, per aprirsi all’Europa. In carenza di fondi centrali statali, moltissime opportunità si trovano in Europa. Purtroppo siamo incapaci di spendere denari, per mancanza di educazione alla compilazione di bandi, ma anche per scarsa propensione a fare sistema e cordate internazionali che supportino le application europee. In questo senso le cordate infra-istituzionali sono necessarie per drenare fondi.
L’azione di produzione culturale non è sempre accolta dalle comunità locali, che vivono le realtà culturali come estranee. Mauro Baronchelli porta avanti l’iniziativa di dialogo con il territorio attraverso l’apertura del teatrino di Palazzo Grassi, che permette una programmazione dinamica dove molti appuntamenti sono aperti pubblicamente: «in una città dove 50.000 sono gli abitanti, con un tournage di turisti di quasi 30 milioni di unità, il coinvolgimento della cittadinanza e l’alleanza con altre istituzioni cittadine è fondamentale per costruire sostenibilità e farsi riconoscere come portatori di valore».
La cultura è capace di ridisegnare i connotati di una città e contribuire al suo posizionamento: «Noi diamo senso all’immagine di una città attraverso le nostre azioni e produzioni. Ma ci chiediamo spesso che senso abbia tutto questo valore, se non viene condiviso», commenta Chiara Caroppo «abbiamo contributo alla riqualificazione di un’area ex industriale, restituendola alla comunità, e assumendoci  dei rischi».
Dal tavolo emerge con forza la proposta di lavorare insieme e scambiare le buone pratiche in merito a audience development e allargamento di pubblici: educare il pubblico alla fruizione dell’arte, accresce domanda e qualifica l’offerta. Nonché attiva leve di inclusione sociale. «Diceva Giulio Carlo Argan che chi non progetta accetta di essere progettato» cita Cristina Perillo.  «L’audience (acquisito e potenziale) delle piccole e medie organizzazioni culturali ha profondamente cambiato il suo comportamento, in parte in risposta alle innovazioni tecnologiche, e da consumatore è diventato produttore di informazioni e contenuti. In un periodo di contrazione dei finanziamenti, ma di grande e veloce progresso tecnologico, la capacità strategica e operativa delle piccole e medie organizzazioni culturali di raggiungere e coinvolgere un audience ampio e diversificato fin dalle fasi di progettazione degli interventi culturali è una sfida, una meta verso la quale le fondazioni devono tracciare, suggerire e sostenere strade possibili” prosegue Perillo,Grazie al coinvolgimento pro-attivo delle persone in veste di progettisti e creatori di contenuti fin dalle fasi di progettazione delle iniziative, le organizzazioni sono certe di rispondere a interessi e necessità condivise con il loro cosiddetto ‘pubblico».
Per poter restituire il senso dell’operato alle comunità e stakeholder,  dimostrando la propria sostenibilità, è necessario sapersi comunicare e valorizzare con concretezza.  Per le fondazioni è necessario creare un set di indicatori, nonostante la difficoltà di misurare l’intangibile.  Gli impatti sono sempre più il ponte di dialogo con potenziali sostenitori: provare a indagare gli indicatori, senza la pretesa riduzionista di trovare la chiave univoca della definizione, è un altro obiettivo condiviso dal tavolo. Secondo Riccardo Lami: «Dobbiamo trovare dei modi per aprirci e sottolineare il valore che produciamo.  Per essere sostenibili dobbiamo ricorrere al coinvolgimento del pubblico, dei sostenitori, facendo fundraising. Senza un tentativo di monitoraggio delle nostre iniziative e i risultati che generano, rimaniamo muti e incapaci di progresso».
Nella cultura è necessario fare un cambio di paradigma, dalla pretesa della sussidiarietà  a una visione manageriale. Indicatori sull’intangibile sono ritenuti complessi da individuare, ma l’esperimento, l’errore sono prassi da assumere piuttosto che non provare a darsi dei parametri quali-quantitativi. Anche le PA possono trovare giovamento nel cercare di deliberare programmazioni a lungo periodo e non trimestrali e da anticipare i tempi delle approvazioni dei budget. Inoltre la leva sul contemporaneo deve agire anche nel rapporto e relazione con l’arte del passato. L’Italia da troppo tempo eccede sui concetti di tutela e conservazione, a discapito dei linguaggi dell’oggi. Una buona interazione, flessibilità normativa, maggiore circolazione delle opere può essere una nuova strada.
Il tavolo si chiude con la volontà dichiarata di continuare un confronto aperto e trasversale per raggiungere una maggiore chiarezza su normative, una condivisione di buone pratiche di audience engagement, una costruzione sperimentale di indicatori di impatto e misurazione del valore che possa dare corpo a un sistema attivo, pulsante e complementare all’azione pubblica per la gestione della Cultura. Il Comitato sembra la formula più funzionale per il raggiungimento di questi obiettivi.
 

© Riproduzione riservata
 
  
Articoli correlati:
Le Fondazioni private sono i nuovi attori di riferimento? Ne parliamo al primo Forum dell'arte contemporanea di Prato
Il mecenatismo contemporaneo: quale ruolo e prospettive nel sostegno all’arte contemporanea
Dal Forum dell’arte contemporanea, la restituzione della macro-area Pubblico/Privato