Mestieri d’Arte e Restauro: l’altra prospettiva dell’arte contemporanea
È di questi ultimi mesi l’importante sodalizio, all’interno della consolidata esperienza di collaborazione, tra Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte e Open Care Servizi per l’Arte per la realizzazione di un progetto di ricerca che porterà prossimamente alla pubblicazione del volume “In opera. Conservare e restaurare l’arte contemporanea”, edito da Marsilio nella collana “Mestieri d’Arte”, curato da Isabella Villafranca Soissons, Direttore del Dipartimento di Conservazione e Restauro di Open Care. Il volume si propone di fare un punto importante sullo stato e sulle problematiche della conservazione dell’arte contemporanea attraverso il contributo di studiosi, collezionisti, artisti, curatori di musei e di raccolte pubbliche e private.
Il progetto si innesta sul prezioso lavoro di valorizzazione dei saperi artigianali svolto dalla Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte e sviluppa, attraverso le esperienze di Open Care, una versione tutta contemporanea dell’antico mestiere del restauratore, delineando una figura che integra le competenze tradizionali con nuove expertise tecniche, scientifiche e curatoriali.
In occasione di Arte Fiera 2015 e in anticipo sulla prossima pubblicazione del volume – che verrà presentato in anteprima alla stampa e al pubblico alla 56° Biennale di Venezia il prossimo 8 maggio - la Fondazione Cologni e Open Care hanno promosso una tavola rotonda per dibattere appunto sul tema “Conservare e restaurare l’arte contemporanea” con la partecipazione di alcuni dei protagonisti del volume, moderati da Marco Carminati Responsabile delle pagine d’arte de Il Sole 24 Ore “Domenica”: la curatrice Isabella Villafranca Soissons, Alberto Cavalli Direttore della Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte, Guido Comis curatore del Museo d’Arte di Lugano, Domenico Filipponi Responsabile dei Servizi Art Advisory di UniCredit, Anna Mattirolo Direttore MAXXI Arte, Risha Paterlini curatrice della Collezione Giuseppe Iannaccone.
Il volume – ha osservato Marco Carminati – è un lavoro corale, con testimonanze di artisti, direttori di musei, responsabili di collezioni private e art advisors, per primi gli artisti proprio per far capire come la conservazione dell’arte contemporanea non può essere trattato solo dal restauratore ma ha bisogno di confronto con l’autore.
Su questo tema Alberto Cavalli ha sottolineato la criticità dei pochi grandi maestri d’arte, di età media molto elevata, oggi in grado di interpretare un progetto e tradurlo in prodotto. Non c’è stato e quindi va affrontato e accompagnato un vero passaggio generazionale. Proprio per questo con le sue iniziative culurali, scientifiche e divulgative, la Fondazione Cologni, istituzione privata non profit, nata a Milano nel 1995 per volontà di Franco Cologni che ne è Presidente, cerca di tenere alta la tradizione e la diffusione dei mestieri d’arte. In particolare con i tirocini formativi del progetto “Una Scuola, un Lavoro. Percorsi di Eccellenza” sostiene fattivamente la formazione dei giovani nell’alto artigianato e il loro inserimento nel mondo del lavoro. E poiché un grande cambiamento nasce sempre da un grande incontro, Fondazione Cologni ha condiviso la prospettiva sviluppata da OpenCare sul restauro d’arte contemporanea sotto la guida di Isabella Villafranca, riattivando la consapevolezza di un percorso verso un futuro interessante e ricco di positive potenzialità.
Criticità declinate anche nell’ottica dei direttori di Musei da Anna Mattirolo, secondo cui il rapporto con l’artista è un rapporto che deve essere molto ben definito perché l’opera diventa non più dell’artista ma del Museo, in particolare quando si tratta di un museo pubblico e quindi spendendo soldi pubblici per formare una collezione si deve restituire alla comunità un patrimonio. Prima dell’acquisizione di un’opera che entra a far parte della collezione Maxxi vengono definiti carta d’identità e certificato di “salute” cui segue una intervista all’artista, perché l’opera e la sua conservazione da quel momento rientrano nella responsabilità del Museo. Non si tratta di restauro ma anche di gestione dell’opera, in considerazione della deperibilità dei materiali utilizzati nell’arte contemporanea.
Le problematiche delle richieste di prestiti d’arte sono state affrontate da Guido Comis, per il quale spesso il potere di veto dei restauratori e dei curatori supera quello di un direttore nel concedere i prestiti. Quando si acquisisce un’opera per un museo o una collezione il problema è infatti la sua durata, le modalità di conservazione (e la trasferibilità) in relazione alla deteriorabilità dei materiali che la compongono.
L’esperienza della consulenza finanziaria specializzata è stata portata da Domenico Filipponi, per il quale la responsabilità nei confronti della comunità quando si spendono risorse pubbliche corrisponde, nel privato, alla responsabilità nei confronti dei clienti investitori che affidano i loro fondi per l’acquisto di opere. Tenendo conto delle problematiche di conservazione e di deperibilità la tutela dell’investimento del cliente privilegia un mercato artistico già consolidato.
La parte del collezionismo è stata rappresentata da Risha Paterlini, che ha ricordato l’approccio pragmatico di Isabella Villafranca – quando le è stata affidata l’attività di tutoring della Collezione Iannaccone – per cui è importante conservare e tutelare l’opera, studiare l’artista e si può anche non intervenire.
E proprio la testimonianza di Isabella Villafranca – cui abbiamo rivolto alcune domande – ha unito e dato nuove prospettive alle diverse problematiche sorte dalle variegate voci dei protagonisti di una realtà che ha una pluralità di casi multiformi e in continuo divenire, peraltro volutamente coinvolti nel dibattito così come nella pubblicazione.
Centrale è il problema della conservazione. Al MoMA di New York, ad esempio, 3000 delle opere in collezione non possono più essere esposte al pubblico per problemi di conservazione. E’ vero che le opere d’arte contemporanea possono avere dei problemi di conservazione, ma è anche vero che molte volte l’idea originale risiede proprio nella teorizzazione del valore effimero di queste opere. Collezionare arte contemporanea come dicono gli inglesi “It’s a gambling”, è una scommessa dal punto di vista economico (a questi collezionisti piace la ricerca e la scommessa su questi autori che a volte sostengono economicamente) ma è una scommessa anche dal punto di vista della materia e della sua durata. Per questo è importante la grande collaborazione con la Fondazione Cologni per sviluppare il “mestiere” dei restauratori del contemporaneo.
Ma a Isabella Villafranca non piace essere definita restauratrice perché nell’arte contemporanea il 90% è lo studio dei materiali, delle possibilità e delle modalità di riattivare le opere, valutando quali parti imprescindibili e quali modificabili, quali i limiti da rispettare per la loro conservazione. Preferendo non cercare l’intervento degli artisti ma ritenendo fondamentali le interviste per approfondire le loro intenzionalità. Come disse Castellani alcuni anni fa a Isabella Villafranca “ il mio atto compositivo termina nel momento in cui la mia opera lascia il mio studio. Il resto è lavoro tuo”.
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