La scialuppa della democrazia accolta nel porto di Palermo
Un tempo Giano bi-fronte, il nostro. Un crescendo wagneriano nella conoscenza, nelle potenzialità della scienza, si scontra con un altrettanto profondo rischio di regressione nei diritti. Superpresidenzialismi che si affacciano. Protezionismi. Modifiche costituzionali che arroccano nazioni. Spaccature tra e nelle democrazie occidentali. Tutte divise sulle migrazioni. E un Paese, il nostro, travolto da un circo mediatico di perenne campagna elettorale, in cui i ruoli di governo si confondono, in un clima che promuove diffidenza che diventa ostilità che diventa razzismo. Un clima acceso che trova consenso.
Ma è acceso anche un fuoco che scalda. Prendiamo il caso Palermo. Avremmo pensato qualche anno fa a questa città, che per un secolo ha contribuito a costruire stereotipi, stigmi del Paese negli immaginari globali, come ventre accogliente e generativo per i naufraghi della democrazia occidentale? Come luogo di pensiero e riflessione sul futuro, solo antidoto al morbo del presente che ergendo nuovi muri obnubila la Storia?
Non c'è persona, di ogni continente, partendo dall'Italia che, richiamata nell'ultima settimana a Palermo dalla Biennale d'arte nomade della Fondazione olandese Manifesta, non sia rimasta stupita, “travolta dall'energia di una città che non è mai stata al centro di tanta attenzione come oggi, come luogo di proposta culturale, crocevia di persone e professionalità.” Una sorpresa difficile da dimenticare che ribalta dei paradigmi, in “un vortice di entusiasmo in cui Palermo sta vivendo.” Da Capitale delle Mafie a Capitale della Cultura Italiana 2018. “Come a Torino prima e dopo le Olimpiadi invernali del 2006, a Barcellona nel 1992, come in tutte le periferie dalle enormi potenzialità, i cittadini di Palermo si stanno guardando con gli occhi di chi viene da fuori, prendendo coscienza di quanto bella sa essere la loro città”.
È uno dei commenti ricevuti, che ne riassume molti altri. Parla Eva Frapiccini, vincitrice della prima edizione del Bando dell'Italian Council 2017, il concorso ideato e sostenuto dalla Direzione Generale Arte e Architettura contemporanee e Periferie urbane (DG AAP). L'artista, fuori dalla retorica della bellezza della decadenza, in linea con la sua ricerca ha scelto di immergersi nelle parti dure delle storie individuali e collettive, con una indagine sulle vittime e sui protagonisti delle guerre di mafia. Il suo lavoro, frutto di un percorso profondo e partecipato adottato da Connecting Culture, è stato restituito all'Archivio di Storico Comunale di Palermo ed è già pronto per un tour europeo. “Il pensiero che non diventa azione avvelena l'anima” è un dispositivo per invitare altri soggetti attivi a livello internazionale a riflettere sul tema della Legalità, attraverso la lente dell'arte, con una pratica culturale interdisciplinare.
È uno dei numerosi e rigorosi messaggi sociali - dalle migrazioni agli SDGs - ai quali hanno lavorato per Manifesta 12 artisti di ogni dove, interpretando una metafora potente, trasversale a ogni cultura, dalla venue principale dell'Orto Botanico, a una moltitudine di altri luoghi: il “Giardino Planetario”, ispirato dal dipinto di Francesco Lojacono del 1875, “Veduta di Palermo”, alla Galleria di Arte Moderna, come ci ricorda Carola Carazzone, segretario Generale di Assifero che a novembre ha scelto di organizzare a Palermo la terza edizione dello European Corporate Foundations Knowledge Exchange. “Una metafora densa di attualità e significato per confrontarsi in un comune sforzo di responsabilità̀, con i cambiamenti climatici, sociali e geopolitici in corso. Nel quadro, come nell'Orto che risale al 1789, nulla è indigeno. Ulivi dall'Asia, il pioppo tremulo dal Medio Oriente, l'eucalipto dall'Australia, il fico d'India dal Messico, il nespolo dal Giappone”. Un giardino che esprime il dialogo dell'umanità con la natura, dell'altro da sé, della rilevanza della bio-diversità per la sopravvivenza. Un giardino che “tutto accoglie. I flussi dei popoli, delle religioni, dei linguaggi, dei semi delle piante che i venti e il camminare dei migranti hanno portano fin qui, generando ibridi e colture di vegetazione tropicale addomesticata dal dolce clima mediterraneo”, commenta magistralmente Alessandra Mammi, sul suo blog.
“La posizione di Palermo - approdo naturale nel cuore del Mediterraneo e crocevia di tre continenti – la rende un luogo unico per indagare cambiamenti chiave del nostro tempo. Palermo, città di snodo di molteplici flussi migratori, è sempre stata attraversata e modellata dalle differenze e delle contaminazioni”, commenta Carazzone, “un luogo in cui l'attuale modello di globalizzazione è contestato da nuove prospettive dell'impegno civico. Negli anni '90, il movimento sociale della Primavera di Palermo contro la mafia ha aiutato la città a emergere da decenni di controllo criminale, con la determinazione di stabilire nuove forme di cittadinanza attiva”.
La rappresentazione in questi giorni al Teatro Massimo, di Bintou were, la prima opera africana mai messa in scena in un teatro lirico italiano, sul viaggio verso l'Europa di un gruppo di persone migranti dall'Africa subsahariana attraverso il Sahel “si intreccia con una Palermo che abbraccia le migrazioni e propone nuovi modelli di cittadinanza (l'ambizione di abolire il permesso di soggiorno) e di promozione e protezione dei diritti umani (con la proposta di Leoluca Orlando del riconoscimento della mobilità come diritto umano)”. Una Palermo che si offre come laboratorio, per “Coltivare la coesistenza”, solidarietà, partecipazione. Invasa, ma “Graecia capta”, come avrebbe detto Orazio, non si fa invadere, ma conquista. “The place to be”.
La rinascita di Palermo parte da lontano, con la riqualificazione del centro storico avviata dalla prima metà degli anni Novanta, che ha interrotto una lunga fase di declino e abbandono (popolazione residente crollata da 125.000 abitanti del 1951 ai circa 19.000 degli anni Novanta, abbandono degli spazi collettivi e pubblici). Un processo di cambiamento attraverso la cultura per “mobilitare le risorse necessarie all'elaborazione di un interesse generale”, che ha aggregato altre aree urbane, come sottolineano Maurizio Gianbalvo e Simone Lucido nella loro ricerca da leggere, restituita da Tafter Journal, disastri locali, connessioni globali. “Le contraddizioni che hanno segnato le trasformazioni della città nel corso degli ultimi venti anni non rendono facile prevederne gli esiti”. Il movimento sta generando un processo di cosmopolizzazione a base culturale con un rischio di sempre presente di gentrificazione. Sviluppatosi per lo più negli ultimi cinque anni in un tessuto pronto, sta portando una nuova cooperazione tra pubblico e privato, la cui punta di diamante pare essere la ri-nascita di Palazzo Butera in via di restauro, tra i più fotografati di Manifesta 12, acquisiti dal grande collezionista Massimo Valsecchi. Nel 2019 vi aprirà la sua fondazione che si promette come luogo internazionale di innovazione sociale e da dato un assaggio in questi giorno con la “stanza di un giardino di limoni, mentale e metafisico, poetico del giovane torinese Renato Leotta (1982).”
Grazie a Manifesta, all'Orto Botanico è nata una raffinatissima biblioteca dedicata al giardino come filosofia estetica e paradigma, Radiceterna, associazione culturale che ha tra i fondatori la curatrice Valentina Bruschi. Rimarrà. “L'innovazione urbana a Palermo è ancora una realtà fragile, ma dopo decenni di forte marginalizzazione, la città appare oggi come un sistema di attori e di forme in relazione molto più stretta del passato con il resto del mondo. Senza sottovalutare i molteplici fattori di criticità, possiamo formulare l'ipotesi che il prezioso capitale sociale costituito da una moltitudine di legami deboli possa rivelarsi un'importante risorsa per il futuro. Prove tecniche della possibilità di un sistema di economia della cultura”, concludono Gianbalvo e Lucido.
Oltre l'undici novembre, quando si spegneranno i riflettori su Manifesta.
In questo numero.
Nuove piste di lavoro. Ricerche, ascolti, azioni. Successo del Festival dello Sviluppo Sostenibile, promosso da Asvis, con un numero di attori sociali crescente. Gli SDGs, i 17 obiettivi proposti dalle Nazioni Unite stanno entrando nella cultura d'impresa. Elementi che appartenevano alla visione di Olivetti e ne parliamo con De Liguori Carino, segretario generale della sua fondazione e che troviamo nelle riflessioni di Antonio Calabrò. L'Italia sta compensando il ritardo sulla sostenibilità (Mastroianni), ma è ancora sottovalutata la potenza di fuoco del valore di relazione che le organizzazioni culturali costruiscono: conoscenza, immaginari, senso di appartenenza, coesione sociale. Come rimediare? (Dubini). La cultura è una grande infrastruttura civile (Carruba). I musei stanno profondamente mutando nel proprio ruolo sociale come rileggono sapientemente Antonio Lampis e Ludovico Solima, che evidenzia gli snodi interpretativi. Se ne è parlato a Bruxelles alla ventesima edizione della conferenza “Communicating Museum” focalizzata sulla partecipazione culturale e sull'inclusione sociale (Lombardo), con un unico italiano presente, l'Egizio. La città ha accolto anche la 29ma assemblea dell'EFC-European Foundation Center, la principale rete di filantropia istituzionale, dedicandola alla cultura, per la sua potenzialità nel connettere cittadini e comunità (Azzarita). Il museo evolve in ogni latitudine, non solo nelle nuove realtà come il Munch Museum di Oslo (Albano). Non solo musei. Bollo traccia il bilancio del Polo del ‘900, con 19 istituzioni che si sono ripensate in un ecosistema, si muovono nell'innovazione civica. Innovazione sociale di cui ci parla Ezio Manzini nel suo ultimo testo, Politiche del quotidiano.
Chiaro è il valore economico, come attesta l'ottavo rapporto Symbola-Unioncamere, “Io Sono Cultura”: oltre 92 miliardi di valore aggiunto e ne muove 255,5. Il 16,6% del PIL. Gli occupati salgono a 1.520.000 in crescita superiore rispetto all'economia italiana (+1,6% rispetto all'1,1%). Il neo Ministro Bonisoli, afferma “Crescita, ben-essere e Cultura devono essere ricompresi in un unico paradigma di sviluppo di cui possiamo divenire il modello nel mondo”. In cooperazione pubblico privato. Le Fondazioni crescono nel loro peso. Dal 2000 ad oggi, le realtà di origine bancaria hanno investito oltre 21 miliardi nei 21 settori indicati dalla Legge Ciampi e oggi rivendicano il ruolo di attivatori di capitale sociale e umano (Righetti). Esemplificativo l'ultimo progetto di rete per l'empowerment dei detenuti, attraverso il teatro, con il grande Armando Punzo. Si aprono nuovi partneriati pubblico-privato ai sensi dell'art. 151 del Codice degli Appalti. Bergamo con il Teatro Tascabile, inaugura un nuovo modello apripista per il Convento del Carmine (Milella). Co-progettazione, costruzioni di reti per cercare soluzioni condivise tra città sempre più resilienti sono parte di strategie urbane di cui ci ha parlato Pellizzaro, neo nominato Chief Resilience Officer nella città di Milano. Questo e molto altro nel numero. Cultura digitale, valutazioni di impatto, welfare culturale. Enjoy.
Mentre stiamo scrivendo, a Genova è in corso la ventesima edizione del Suq Festival, riconosciuto best practice per il dialogo tra culture nel Report Diversity Dialogue della Commissione Europea, al quale è approdato, per la prima volta Artlab la piattaforma di Fondazione Fitzcarraldo, per discutere di interculturalità e nuovi cittadini, nell'Anno Europeo del Patrimonio Culturale, occasione per immagine il futuro e progettare una cultura di tutti e per tutti i cittadini. Oggi, più che mai controcorrente, ci sono diverse organizzazioni culturali che progettano, creano e portano avanti politiche e programmi interculturali, nella convinzione che il mondo della cultura abbia enormi potenzialità e responsabilità, per far crescere la consapevolezza di quanto sia necessario, difficile e straordinario incontrare l'altro. Come possono musei e teatri, biblioteche diventare alleati delle persone e delle organizzazioni che si occupano dei fenomeni migratori? Come possono contribuire a dare sostanza culturale ai temi dell'accoglienza e della trasformazione? A quali condizioni possono dialogare e sostenersi a vicenda? Con quali strumenti? Ne parlano tra gli altri Marco Aime, Antonella Agnoli, Maria Grazia Panigada, Gabriele Vacis. In collaborazione con il Goethe Institut. E a Torino, per la festa del patrono S. Giovanni, il Museo Egizio apre le sue porte alla città, con la seconda edizione di “Benvenuti” connessa alla Giornata del Rifugiato.
Teniamo aperte le porte.
In redazione:Roberto Albano, Patrizia Asproni, Vittoria Azzarita, Benedetta Bodo di Alabaretto, Roberta Bolelli, Claudio Bocci, Cristina Casoli, Stefania Crobe, Antonio De Rossi, Paola Dubini, Elisa Fulco, Emanuela Gasca, Elena Inghingolo, Elena Lombardo, Francesco Mannino, Sara Marceddu, Roberto Mastroianni, Franco Milella, Francesca Panzarin, Giangavino Pazzolla, Giorgio Righetti, Maria Elena Santagati, Catterina Seia, Erminia Sciacchitano, Ludovico Solima, Fabio Viola, Milena Zanotti, Alessia Zorloni
In ascolto di: Deborah Agostino, Alessandro Bollo, Antonio Calabrò, Salvatore Carruba, Beniamino De Liguori Carino, Hedwig Fijen, Ezio Manzini, Stein Olav Henrichsen, Luciano Gallo, Piero Pellizzaro, Stefano Zamagni
Con la collaborazione del Giornale dell'Arte: Camilla Bertoni, Micaela Deiana, Giusi Diana, Alessandro Martini, Veronica Rodenigo
Grazie ai nostri partner di ricerca: Fondazione CRC per la rubrica Cultura & Welfare, Museo Marino Marini per la rubrica Museo: Quo Vadis?