Viaggio tra le fondazioni di comunità del sud Italia. Terza tappa: la Fondazione di Comunità del centro storico di Napoli
In occasione del congresso annuale della Fondazione Con il Sud nelle due ultime settimane abbiamo portato avanti un’indagine su una delle linee di azione peculiari della stessa, che sono le Fondazioni di Comunità. Dopo l’intervista al segretario della Fondazione di Messina e quella al presidente della Fondazione di Comunità di Salerno, abbiamo contattato il presidente della Fondazione di comunità del centro storico di Napoli, il professor Adriano Giannola, che ci ha dato un quadro complessivo della situazione napoletana.
Presidente, da dove e come nasce questa fondazione di comunità napoletana?
L’idea è nata dall’esperienza della Fondazione con il Sud che, sul modello della Fondazione Cariplo, aveva istituito una commissione bilaterale tra il mondo del terzo settore e il mondo delle fondazioni, recependo pertanto la sollecitazione a far nascere delle fondazioni di comunità anche nel Mezzogiorno. In Campania era già nata la fondazione salernitana, che ha un raggio d’azione territoriale decisamente più ampio di quello che ha la nostra fondazione, circoscritto al centro storico di Napoli.
Come è organizzato il partenariato?
I soci fondatori, capitanati dalla Fondazione Istituto Banco di Napoli, comprendono le università storiche, che insistono tutte sul territorio della Fondazione, una serie di antiche accademie napoletane tra le quali spicca l’Accademia Pontaniana, un paio di grossi imprenditori, una banca di credito cooperativo e il CSV di Napoli. La sede è nella Cappella Pignatelli, situata in tra la Piazzetta del Nilo e Largo Corpo di Napoli, affidataci in comodato d’uso dall’Università Suor Orsola Benincasa.
Con la nascita della Fondazione sono quindi emerse una miriade di associazioni, nonché gruppi di commercianti e artigiani, estremamente interessati alle attività e desiderosi di promuovere le eccellenze locali.
Come funziona il fundraising?
In questo periodo storico, estremamente complicato dal punto di vista economico, i sostenitori sono soprattutto gli imprenditori, non essendoci altre fondazioni bancarie sul territorio, oltre al Banco di Napoli, che possano dare un contributo. Pertanto l’obiettivo dei due milioni e mezzo da raggiungere, come fondo necessario per il raddoppio da parte della Fondazione Con il Sud, è veramente arduo. A parte questo, le donazioni funzionano soprattutto in questo modo: i privati costituiscono dei fondi dedicati, sul genere «borse di studio», e poi vengono distribuiti a chi maggiormente corrisponde ai requisiti.
Come si articolano gli interventi?
L’obiettivo primario è rivitalizzare e consolidare il tessuto sociale e produttivo del centro storico, un grande patrimonio umano, artistico, una ricchezza di eccellenze che però non sono a sistema. Paradossalmente la preesistenza di forti iniziative, di enti storici strutturati, ognuno con la sua storia, ha ostacolato la messa in rete delle stesse. Proprio per questo uno dei primi progetti che abbiamo fatto partire è in sostegno alle attività produttive, soprattutto all’artigianato: abbiamo infatti realizzato una grande mostra al Monte della Pietà aggregando orafi, liutai e altri artigiani di livello in un’unica sede.
Abbiamo inoltre intenzione di lanciare un programma di microcredito per le imprese artigiane: a tal fine è stato realizzato un business plan, che è al vaglio dell’Unione Europea per l’accreditamento attraverso la Fondazione Banco di Napoli e nel giro di un anno contiamo di realizzare questo programma di sostegno e promozione delle attività artigianali.
Inoltre cerchiamo di valorizzare l’associazionismo, pubblicizzando i progetti delle associazioni sul giornale «Il Mattino» e promuovendo una sorta di gara per i lettori che possono sceglierne uno al quale sarà raddoppiato l’ammontare dei fondi. Si spera in tal modo di coinvolgere quanto più possibile la popolazione nelle campagne di donazione.
Altro importante progetto è la lotta alla dispersione scolastica e la promozione delle attività di eccellenza nelle scuole, che avviene soprattutto attraverso l’Accademia Pontaniana, la quale organizza attività di matematica e scienze per allievi particolarmente dotati in queste discipline, segnalati dalle scuole del territorio, che possano poi partecipare alle competizioni nazionali.
Un modo ulteriore per coinvolgere la comunità locale nelle attività della Fondazione è quello che si sta già realizzando con dei giovani che, previo superamento di un breve corso di formazione specifico, vengono messi nelle condizioni di fare da tramite tra la Fondazione stessa e la comunità di appartenenza. Sono gli stessi ragazzi che hanno già gestito la manifestazione sull’artigianato e che probabilmente saranno inquadrati in una cooperativa.
C’è qualcosa che vuole sottolineare a chiusura della nostra chiacchierata?
Il concetto che mi preme più far passare è quello del volontariato come cultura del dono, che non ha ancora un riconoscimento da parte delle istituzioni e pertanto questa condizione genera spesso isolamento e poca interazione.
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