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Un surrealista nella città eterna

  • Pubblicato il: 20/04/2012 - 12:05
Rubrica: 
NOTIZIE
Articolo a cura di: 
Guglielmo Gigliotti
«Ergonautes»

Roma. All’Auditorium una raccolta mette a fuoco la produzione degli anni 1949-54, che il surrealista cileno, ispiratore della liberazione gestuale degli espressionisti astratti americani, trascorse a Roma (Matta. Un surrealista a Roma, fino al 20 maggio).
Nella città sul Tevere frequentò Afro, Capogrossi, Burri, Leoncillo, Guttuso, Pietro Cascella, Corpora, Consagra, Vedova, Turcato, Dorazio, Cagli, Lionello Venturi, Palma Bucarelli e Alberto Moravia. Baricentro dei loro incontri e della loro vita era Piazza del Popolo; delle loro discussioni, la rinascita artistica del Paese all’indomani della guerra. In quel contesto Matta rappresentava il messaggero di novità dal mondo. Nel 1950 espose, in due personali alla Galleria «L’Obelisco» e «Del Secolo», dipinti realizzati con tecnica automatica, mediante cui, partendo da macchie casuali, dirige il colore verso un mondo di immagini liquide e visionarie. Emilio Villa parlerà di «nuova scienza dell’occhio rovesciato». Benché metta su famiglia, sposando l’attrice Angela Faranda e generando un figlio (l’artista Pablo Echaurren), Roberto Sebastian Matta lasciò Roma e l’Italia nel 1954. Ma qualcosa lo spinse a tornare sul finire degli anni Sessanta, e a trovare casa-studio in un vecchio convento presso Tarquinia, dove trascorse gli ultimi anni e dove morì, il 23 novembre 2002, pochi giorni prima che inaugurasse una sua mostra, proprio all’Auditorium di Roma. La mostra è a cura di Claudia Salaris ed è realizzata in collaborazione con la Fondazione Echaurren Salaris.

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da Vedere Roma, supplemento al Giornale dell’Arte n. 319 Aprile 2012