A TUTTO VOLUME, FESTIVAL DEL LEGGERE IN SICILIA
Autore/i:
Rubrica:
FONDAZIONI PER LA CULTURA
Articolo a cura di:
Francesco Mannino
Intervistiamo Alessandro Di Salvo, Direttore del festival ragusano della letteratura e del libro che negli ultimi anni sta vedendo crescere esponenzialmente autori, editori e partecipanti, svoltosi quest’anno dal 16 al 18 giugno. Inizia cosi un piccolo viaggio nelle manifestazioni siciliane che consentono l'incontro tra le produzioni culturali e creative globali e pubblici diversi, alcuni di immediata comprensione ma altri forse inediti e la cui partecipazione merita qualche approfondimento. Un festival che fa capo alla Fondazione degli Archi, forse l'unica in Italia che ha un patrimonio costituito interamente da opere d'arte, donate da scultori e pittori.
È di poco settimane fa la consueta pubblicazione da parte di ISTAT del Rapporto Annuale 2017, che fotografa lo stato di salute sociale degli italiani. Uno degli indicatori che consente alcune riflessioni riguarda la cosiddetta partecipazione culturale, stimata in base alle attività culturali svolte negli ultimi 12 mesi (almeno quattro volte al cinema; almeno una volta rispettivamente a teatro, musei e/o mostre, siti archeologici, monumenti, concerti di musica classica, opera, concerti di altra musica; aver letto il quotidiano almeno tre volte a settimana; aver letto almeno quattro libri). L'indagine ci racconta che solo il 28,8% degli italiani partecipa culturalmente, e che nel caso di famiglie di reddito basso la percentuale si dimezza, confermando che la partecipazione non è solo una conseguenza ma un sintomo della povertà assoluta (se non una concausa, certamente non la principale). In questo senso molte manifestazioni stagionali che costellano il Paese sembrano essere non solo occasioni di conoscenza e approfondimento, ma spesso un antidoto al fenomeno, facilitatrici vere e proprie della partecipazione che portano fin sotto casa chi produce arte e cultura, grazie a forme organizzate di mediazione, presentazione, rappresentazione e educazione. I festival e le manifestazioni diventano piattaforme di scambio sempre meno unidirezionali, dove pubblici diversi possono incontrare artisti e autori, musicisti e performer, e scoprendo nuove e innovative forme di produzione ed entrando direttamente in relazione con esse. Avviamo un piccolo viaggio tra queste piattaforme con “A tutto volume, libri in festa” a Ragusa, manifestazione che invade allegramente i due centri della città iblea, sovvertendo per qualche giorno il concetto stesso di periferia. A parlartene è Alessandro Di Salvo, Direttore organizzativo del festival.
Qual è la storia di A tutto volume? Come nasce, da quali idee e rispondendo a quali bisogni?
Nasce nel settembre 2009 passeggiando per Ragusa Ibla con Roberto Ippolito, giornalista economico romano invitato per la presentazione di un suo libro. Mi propose, rapito dalla bellezza della città, di realizzare un festival letterario. Io per conto mio sentivo l'esigenza di organizzare una manifestazione culturale per la città Superiore: Ragusa ha due centri storici, quello della “città nuova” e quello barocco di Ibla (il più antico, ricostruito appena dopo il sisma del 1693, NdR) che ospita tanti eventi. Ma, a quel tempo, non esisteva niente che avesse una sua ciclicità e continuità culturale e artistica nella città Superiore. C'era bisogno di valorizzare quel centro storico con una nuova iniziativa di spessore.
Che forma giuridica ha la struttura incaricata della gestione?
La gestione del festival è affidata alla Fondazione degli Archi, forse l'unica in Italia che ha un patrimonio costituito interamente da opere d'arte, donate da scultori e pittori. L’ente è una fondazione di partecipazione nata a Comiso il 15 novembre 2007 da un gruppo di artisti e amici dell’arte (Sonia Alvarez, Rosario Antoci, Salvo Barone, Carmelo Candiano, Salvo Caruso, Giuseppe Cassibba, Piero Guccione, Giovanni La Cognata, Franco Pace, Luigi Rabbito, Franco Sarnari, Giovanni Schembari, Salvatore Schembari, Angelo Buscema, Angelo Firrito, Antonio Sarnari, Franco Sarnari, Croce Taravella e altri.) Si propone lo scopo di promuovere principalmente la diffusione della cultura artistica, attraverso un fitto programma di iniziative. Per la realizzazione di tale scopi, la Fondazione riunisce, sotto tre nomi, che fungono da ulteriori appellativi, i campi d’azione: Fondazione degli Archi Marcel Duchamp, Fondazione degli Archi Groucho Marx, Fondazione degli Archi Mahatma Gandhi. E’ promotrice di iniziative come il Donnafugata Film Festival (RG) e A tutto volume, appunto.
Parliamo dei partner: chi gioca la partita, oltre voi? Con quali reti territoriali e con quali partner pubblici?
A tutto volume ha una fittissima rete di interlocutori. Tanto per cominciare quelli pubblici, il Comune di Ragusa in maniera prevalente, poi la Camera di Commercio di Ragusa, la Regione Siciliana, e tantissimi sponsor privati che coprono due terzi del budget necessario allo svolgimento della manifestazione. Partecipano anche tutte le associazioni di categoria: i commercianti, il centro commerciale naturale, gli albergatori, le scuole con l’Alternanza Scuola Lavoro, i librai… Insomma è una fittissima rete di persone e istituzioni che collaborano alla manifestazione sin dal primo anno, la cui maglia si è andata sempre più allargando.
Ci dica anche del rapporto con gli artisti/autori e con i produttori/editori.
Nei primi anni la domanda classica era «ma dov'è Ragusa? E come ci si arriva?». Non era facile portare gli autori, trattandosi di nomi molto noti e molto richiesti, i cui editori tendono a fare una selezione fra le manifestazioni più importanti e quelle più piccole, non mandando tutti i loro autori in tutti i luoghi. Inoltre, non essendo gli autori pagati per partecipare, la prospettiva di impiegare due giorni tra viaggi, aeroporti e transfert per poi trovare poche persone rendeva la cosa poco allettante. Quindi, seppur non di facile gestione, i primi tempi sono stati agevolati dalla direzione artistica di Roberto Ippolito, direttore per i primi cinque anni di un festival abbastanza sconosciuto ma al contempo figura molto inserita nel mondo editoriale. Col passare del tempo le cose sono cambiate, arrivando alla auto candidatura degli autori e degli editori, perché si è molto diffusa nel mondo editoriale la notizia che a Ragusa c'è moltissima gente, si vendono molti libri, che il luogo è splendido e che c'è un'ottima accoglienza. Noi facciamo un evento con 30 o 35 autori circa: non abbiamo i numeri di Pordenone o di Mantova (non potremmo permettercelo!) ma questo ci consente di avere un rapporto molto stretto con gli autori. Io presto loro la mia macchina, andiamo spesso insieme al mare, pranziamo e ceniamo assieme, organizziamo insieme i tavoli di presentazione… c'è un forte aspetto di convivialità. È molto apprezzato il fatto che noi copriamo il costo del viaggio anche dell’accompagnatore e che l'ospitalità non sia circoscritta al solo giorno della presentazione ma ai tre giorni contigui: il festival di Ragusa è per gli autori anche una occasione per fare una breve vacanza con la famiglia, e addirittura alcuni autori noleggiano le macchine e passano anche 15 giorni in Sicilia. L'ospitalità siciliana ha fatto sì che il rapporto con gli autori e gli editori sia splendido, a tal punto che questi ultimi propongono la partecipazione ottenendo il consenso degli autori, che spesso ritornano in vacanza tra il pubblico, o chiedono di tornare anche se non hanno scritto un libro, magari per condurre un incontro. Da questa continua richiesta è nata la figura del “Guest Director”: autori precedentemente ospiti del festival che tornano in qualità di curatori di una sezione. Quest'anno Massimo Cirri, Loredana Lipperini, Paolo Di Paolo e Antonio Calabrò hanno scelto autori che amavano e libri da cui erano stati particolarmente colpiti per portarli a Ragusa e condurre gli incontri. Una scelta vincente, che ripeteremo.
Un po’ di numeri: quanti eventi interni, quanti eventi satellite, quanti partecipanti.
Come anticipato si parla di circa 30, 35 eventi nel programma principale, e altrettanti nel programma ExtraVolume - Spazi Autogestiti, sezione che dà spazio ai piccoli editori, alle realtà e agli autori locali e alle associazioni che vogliono far parte del festival, e che in orari non sovrapposti alla programmazione principale vengono comunque inseriti nel calendario del festival. È un segnale preciso della vitalità della piccola editoria del territorio, anch'esso in crescita costante. Oggi pareggia il numero di eventi principali e contempla presentazioni, mostre e passeggiate letterarie. Quest'anno il festival sembra attestare il superamento del tetto delle 20mila presenze, in crescita di anno in anno con un incremento soprattutto delle provenienze da fuori regione: numeri non da poco per un evento così periferico e esclusivamente letterario.
E un po’ di dettagli: se è nota, quale segmentazione avete rilevato dei vostri pubblici?
Lo scorso anno abbiamo commissionato uno studio: circa il 60% del pubblico proviene dalla provincia di Ragusa, 30% da altre provincie siciliane e 10% non siciliani. Per quanto riguarda le età, la fascia più rappresentata è 25-35. Il 58% sono donne, il 75% è laureato, il 15% è dottore di ricerca, e il 10% ha un diploma. Questo quadro ha suscitato un elevato interesse per gli sponsor del festival.
Che tipo di esperienza vive un vostro partecipante?
I nostri autori ci scrivono spesso che il pubblico di Ragusa non è solo numeroso, ma anche molto attento: nonostante eventi all'aperto e anche con 2 -3mila persone, c'è sempre molto silenzio e attenzione. Il pubblico vive una vera e propria festa: la nostra idea di festival sin dall'inizio era quella di portare i libri fuori dalle biblioteche, fino in piazza. Il libro può essere anche divertente o lo spunto per un dibattito. Questo è uno dei punti forti: il ragusano rivive la piazza, parla di libri e si ferma all'aperto fino a tarda notte, dibatte e incontra gli autori che invadono la città, come Serena Dandini con le borse dello shopping, o Massimo Cirri al bar, o a conversare di libri con Loredana Lipperini… L’idea di avere tutti questi scrittori contemporaneamente nella propria città, così periferica, da un senso di orgoglio, facendo pressione sul tasto della ospitalità: i ragusani si offrono per fare visitare i palazzi agli autori, li invitano al bar. Un senso di festa che si voleva trasmettere e che pare sia stata realizzata.
Cosa produce la manifestazione per le comunità e il territorio di riferimento? Indotti ma anche impatti per le persone, sul medio e lungo periodo, guardando oltre la durata della manifestazione.
C'è un forte impatto economico per alberghi e ristoratori, specie per la città Superiore, dove si svolgono i primi due giorni del festival. Un centro storico che vive lo spopolamento e non è Ibla con il suo carattere barocco, vive grazie al festival due giorni di festa e confusione, con i bar pieni e i negozi aperti fino a tardi.
Che strumenti di analisi utilizzate per capire i vostri pubblici e come la manifestazione risponde ai loro bisogni?
Come già detto precedentemente, abbiamo commissionato una ricerca sulle criticità e i punti di forza, cosa piaceva e cosa no del festival e il suo tipo di pubblico, anche per essere facilitati nella ricerca degli sponsor, per poter dire loro “questo è il prodotto per il tuo target oppure questo è il target è il tuo prodotto”. I social network ci aiutano molto perché ci permettono un contatto diretto con il nostro pubblico che in tempo reale di comunica cosa gradisce e cosa no, ed esprime anche dei bisogni. Per esempio ci è stato chiesto di fare dei concerti: la mia idea è quella di conferire una identità fortemente connessa ai libri, che sta piacendo e che quindi manteniamo su questa linea.
Esiste un modello di sostenibilità? Vi va di parlarcene? La prevalenza delle entrate è di tipo pubblico o privato? Ci sono fondazioni che vi sostengono? E quali sono le voci prevalenti tra i costi?
Esiste una criticità legata al fatto che tutti gli incontri sono gratuiti, forse la gente pagherebbe uno o due euro, ma la configurazione degli spazi aperti rende impossibile provare ad immettere questa novità. Nel frattempo cresce il numero i partecipanti, e quindi di conseguenza aumentano i costi (numero delle sedie, amplificazioni più potenti, etc.). La manifestazione è quindi sostenuta per un terzo da fondi pubblici e per due terzi da privati. I costi prevalenti sono i viaggi aerei, autisti, ristoranti e hotel (ricordiamo che a Ragusa gli autori sono ospiti per 3 giorni, e questo è il modello specifico di A tutto volume), per un terzo del budget. Poi la comunicazione e la pubblicità per raggiungere i vettori turistici i tutta Italia. Cercheremo di trovare altre fonti di entrate, come la vendita di merchandising o alcuni eventi a pagamento, al fine di ridurre il ricorso al contributo pubblico e fare invece partecipare il numeroso pubblico.
Ci sono dei nodi o delle criticità? Su cosa impattano e cosa frenano?
Le criticità sono prevalentemente economiche, come spiegato. La raggiungibilità di Ragusa, o il reperire gli autori non è più un problema. Ma coinvolgere sponsor nazionali o il Ministero è più complesso, è questo non ci fa crescere ancora, ma ci stiamo lavorando.
Progetti per il futuro
Vogliamo che la festa che A tutto volume rappresenta cresca ancora e che le strade di Ragusa siano ancora più invase dagli autori e dal pubblico. Abbiamo delle idee e presto ci saranno delle novità.
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© Riproduzione riservata
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Qual è la storia di A tutto volume? Come nasce, da quali idee e rispondendo a quali bisogni?
Nasce nel settembre 2009 passeggiando per Ragusa Ibla con Roberto Ippolito, giornalista economico romano invitato per la presentazione di un suo libro. Mi propose, rapito dalla bellezza della città, di realizzare un festival letterario. Io per conto mio sentivo l'esigenza di organizzare una manifestazione culturale per la città Superiore: Ragusa ha due centri storici, quello della “città nuova” e quello barocco di Ibla (il più antico, ricostruito appena dopo il sisma del 1693, NdR) che ospita tanti eventi. Ma, a quel tempo, non esisteva niente che avesse una sua ciclicità e continuità culturale e artistica nella città Superiore. C'era bisogno di valorizzare quel centro storico con una nuova iniziativa di spessore.
Che forma giuridica ha la struttura incaricata della gestione?
La gestione del festival è affidata alla Fondazione degli Archi, forse l'unica in Italia che ha un patrimonio costituito interamente da opere d'arte, donate da scultori e pittori. L’ente è una fondazione di partecipazione nata a Comiso il 15 novembre 2007 da un gruppo di artisti e amici dell’arte (Sonia Alvarez, Rosario Antoci, Salvo Barone, Carmelo Candiano, Salvo Caruso, Giuseppe Cassibba, Piero Guccione, Giovanni La Cognata, Franco Pace, Luigi Rabbito, Franco Sarnari, Giovanni Schembari, Salvatore Schembari, Angelo Buscema, Angelo Firrito, Antonio Sarnari, Franco Sarnari, Croce Taravella e altri.) Si propone lo scopo di promuovere principalmente la diffusione della cultura artistica, attraverso un fitto programma di iniziative. Per la realizzazione di tale scopi, la Fondazione riunisce, sotto tre nomi, che fungono da ulteriori appellativi, i campi d’azione: Fondazione degli Archi Marcel Duchamp, Fondazione degli Archi Groucho Marx, Fondazione degli Archi Mahatma Gandhi. E’ promotrice di iniziative come il Donnafugata Film Festival (RG) e A tutto volume, appunto.
Parliamo dei partner: chi gioca la partita, oltre voi? Con quali reti territoriali e con quali partner pubblici?
A tutto volume ha una fittissima rete di interlocutori. Tanto per cominciare quelli pubblici, il Comune di Ragusa in maniera prevalente, poi la Camera di Commercio di Ragusa, la Regione Siciliana, e tantissimi sponsor privati che coprono due terzi del budget necessario allo svolgimento della manifestazione. Partecipano anche tutte le associazioni di categoria: i commercianti, il centro commerciale naturale, gli albergatori, le scuole con l’Alternanza Scuola Lavoro, i librai… Insomma è una fittissima rete di persone e istituzioni che collaborano alla manifestazione sin dal primo anno, la cui maglia si è andata sempre più allargando.
Ci dica anche del rapporto con gli artisti/autori e con i produttori/editori.
Nei primi anni la domanda classica era «ma dov'è Ragusa? E come ci si arriva?». Non era facile portare gli autori, trattandosi di nomi molto noti e molto richiesti, i cui editori tendono a fare una selezione fra le manifestazioni più importanti e quelle più piccole, non mandando tutti i loro autori in tutti i luoghi. Inoltre, non essendo gli autori pagati per partecipare, la prospettiva di impiegare due giorni tra viaggi, aeroporti e transfert per poi trovare poche persone rendeva la cosa poco allettante. Quindi, seppur non di facile gestione, i primi tempi sono stati agevolati dalla direzione artistica di Roberto Ippolito, direttore per i primi cinque anni di un festival abbastanza sconosciuto ma al contempo figura molto inserita nel mondo editoriale. Col passare del tempo le cose sono cambiate, arrivando alla auto candidatura degli autori e degli editori, perché si è molto diffusa nel mondo editoriale la notizia che a Ragusa c'è moltissima gente, si vendono molti libri, che il luogo è splendido e che c'è un'ottima accoglienza. Noi facciamo un evento con 30 o 35 autori circa: non abbiamo i numeri di Pordenone o di Mantova (non potremmo permettercelo!) ma questo ci consente di avere un rapporto molto stretto con gli autori. Io presto loro la mia macchina, andiamo spesso insieme al mare, pranziamo e ceniamo assieme, organizziamo insieme i tavoli di presentazione… c'è un forte aspetto di convivialità. È molto apprezzato il fatto che noi copriamo il costo del viaggio anche dell’accompagnatore e che l'ospitalità non sia circoscritta al solo giorno della presentazione ma ai tre giorni contigui: il festival di Ragusa è per gli autori anche una occasione per fare una breve vacanza con la famiglia, e addirittura alcuni autori noleggiano le macchine e passano anche 15 giorni in Sicilia. L'ospitalità siciliana ha fatto sì che il rapporto con gli autori e gli editori sia splendido, a tal punto che questi ultimi propongono la partecipazione ottenendo il consenso degli autori, che spesso ritornano in vacanza tra il pubblico, o chiedono di tornare anche se non hanno scritto un libro, magari per condurre un incontro. Da questa continua richiesta è nata la figura del “Guest Director”: autori precedentemente ospiti del festival che tornano in qualità di curatori di una sezione. Quest'anno Massimo Cirri, Loredana Lipperini, Paolo Di Paolo e Antonio Calabrò hanno scelto autori che amavano e libri da cui erano stati particolarmente colpiti per portarli a Ragusa e condurre gli incontri. Una scelta vincente, che ripeteremo.
Un po’ di numeri: quanti eventi interni, quanti eventi satellite, quanti partecipanti.
Come anticipato si parla di circa 30, 35 eventi nel programma principale, e altrettanti nel programma ExtraVolume - Spazi Autogestiti, sezione che dà spazio ai piccoli editori, alle realtà e agli autori locali e alle associazioni che vogliono far parte del festival, e che in orari non sovrapposti alla programmazione principale vengono comunque inseriti nel calendario del festival. È un segnale preciso della vitalità della piccola editoria del territorio, anch'esso in crescita costante. Oggi pareggia il numero di eventi principali e contempla presentazioni, mostre e passeggiate letterarie. Quest'anno il festival sembra attestare il superamento del tetto delle 20mila presenze, in crescita di anno in anno con un incremento soprattutto delle provenienze da fuori regione: numeri non da poco per un evento così periferico e esclusivamente letterario.
E un po’ di dettagli: se è nota, quale segmentazione avete rilevato dei vostri pubblici?
Lo scorso anno abbiamo commissionato uno studio: circa il 60% del pubblico proviene dalla provincia di Ragusa, 30% da altre provincie siciliane e 10% non siciliani. Per quanto riguarda le età, la fascia più rappresentata è 25-35. Il 58% sono donne, il 75% è laureato, il 15% è dottore di ricerca, e il 10% ha un diploma. Questo quadro ha suscitato un elevato interesse per gli sponsor del festival.
Che tipo di esperienza vive un vostro partecipante?
I nostri autori ci scrivono spesso che il pubblico di Ragusa non è solo numeroso, ma anche molto attento: nonostante eventi all'aperto e anche con 2 -3mila persone, c'è sempre molto silenzio e attenzione. Il pubblico vive una vera e propria festa: la nostra idea di festival sin dall'inizio era quella di portare i libri fuori dalle biblioteche, fino in piazza. Il libro può essere anche divertente o lo spunto per un dibattito. Questo è uno dei punti forti: il ragusano rivive la piazza, parla di libri e si ferma all'aperto fino a tarda notte, dibatte e incontra gli autori che invadono la città, come Serena Dandini con le borse dello shopping, o Massimo Cirri al bar, o a conversare di libri con Loredana Lipperini… L’idea di avere tutti questi scrittori contemporaneamente nella propria città, così periferica, da un senso di orgoglio, facendo pressione sul tasto della ospitalità: i ragusani si offrono per fare visitare i palazzi agli autori, li invitano al bar. Un senso di festa che si voleva trasmettere e che pare sia stata realizzata.
Cosa produce la manifestazione per le comunità e il territorio di riferimento? Indotti ma anche impatti per le persone, sul medio e lungo periodo, guardando oltre la durata della manifestazione.
C'è un forte impatto economico per alberghi e ristoratori, specie per la città Superiore, dove si svolgono i primi due giorni del festival. Un centro storico che vive lo spopolamento e non è Ibla con il suo carattere barocco, vive grazie al festival due giorni di festa e confusione, con i bar pieni e i negozi aperti fino a tardi.
Che strumenti di analisi utilizzate per capire i vostri pubblici e come la manifestazione risponde ai loro bisogni?
Come già detto precedentemente, abbiamo commissionato una ricerca sulle criticità e i punti di forza, cosa piaceva e cosa no del festival e il suo tipo di pubblico, anche per essere facilitati nella ricerca degli sponsor, per poter dire loro “questo è il prodotto per il tuo target oppure questo è il target è il tuo prodotto”. I social network ci aiutano molto perché ci permettono un contatto diretto con il nostro pubblico che in tempo reale di comunica cosa gradisce e cosa no, ed esprime anche dei bisogni. Per esempio ci è stato chiesto di fare dei concerti: la mia idea è quella di conferire una identità fortemente connessa ai libri, che sta piacendo e che quindi manteniamo su questa linea.
Esiste un modello di sostenibilità? Vi va di parlarcene? La prevalenza delle entrate è di tipo pubblico o privato? Ci sono fondazioni che vi sostengono? E quali sono le voci prevalenti tra i costi?
Esiste una criticità legata al fatto che tutti gli incontri sono gratuiti, forse la gente pagherebbe uno o due euro, ma la configurazione degli spazi aperti rende impossibile provare ad immettere questa novità. Nel frattempo cresce il numero i partecipanti, e quindi di conseguenza aumentano i costi (numero delle sedie, amplificazioni più potenti, etc.). La manifestazione è quindi sostenuta per un terzo da fondi pubblici e per due terzi da privati. I costi prevalenti sono i viaggi aerei, autisti, ristoranti e hotel (ricordiamo che a Ragusa gli autori sono ospiti per 3 giorni, e questo è il modello specifico di A tutto volume), per un terzo del budget. Poi la comunicazione e la pubblicità per raggiungere i vettori turistici i tutta Italia. Cercheremo di trovare altre fonti di entrate, come la vendita di merchandising o alcuni eventi a pagamento, al fine di ridurre il ricorso al contributo pubblico e fare invece partecipare il numeroso pubblico.
Ci sono dei nodi o delle criticità? Su cosa impattano e cosa frenano?
Le criticità sono prevalentemente economiche, come spiegato. La raggiungibilità di Ragusa, o il reperire gli autori non è più un problema. Ma coinvolgere sponsor nazionali o il Ministero è più complesso, è questo non ci fa crescere ancora, ma ci stiamo lavorando.
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