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Social Innovation Citizen: il networking al servizio dei contenuti sull’innovazione sociale

  • Pubblicato il: 04/12/2015 - 09:07
Rubrica: 
NOTIZIE
Articolo a cura di: 
Giangavino Pazzola

Negli spazi di Open Incet – Centro per l’Innovazione Aperta della città di Torino – si è svolta la quarta tappa del Road Tour del SIC, attività organizzata da Agenzia Nazionale per i Giovani e Italia Camp per offrire ai giovani innovatori italiani la possibilità di conoscersi e costruire una rete relazionale per lo sviluppo di buone pratiche e progettazione nel campo dell’innovazione sociale. Dopo Firenze, Matera e Messina, il tema della trasformazione urbana e dell’economia collaborativa è stato declinato sulle esperienze presenti nel capoluogo piemontese durante un confronto dinamico, con approccio volutamente destrutturato e portatore di stimoli per una riflessione futura
 
Torino. Riuso degli spazi dismessi e pratiche innovative possibili al centro dell’attenzione nei lavori della quarta tappa di SIC, venerdì 13 novembre, presso i locali di Open Incet in via Cigna. Luogo simbolo delle recenti politiche di rigenerazione urbana per il capoluogo piemontese e per l’area del quartiere periferico della Barriera di Milano, Open Incet rappresenta solo una porzione del recupero di un ex area industriale della quale verranno messi a bando dalla Città di Torino altri 4000 metri quadri entro l’anno – come annunciato dall’Assessore allo Sviluppo e Innovazione Ambiente e Verde, Enzo Lavolta, durante i saluti di apertura. Sede di un centro dedicato alla giovane imprenditoria e all’innovazione sociale, Open Incet si configura come uno spazio di connessione tra competenze in grado di incrementare sperimentazioni di processi per lo sviluppo economico e sociale urbano in connessione con una community internazionale. Considerando tali premesse, sulla carta non poteva esistere cornice migliore per ospitare l’attività del network SIC.
L’incontro dei giovani innovatori sociali è stato organizzato su tre momenti: saluti istituzionali, case studies su pratiche di innovazione sociale e due tavoli di lavoro su (1) soluzioni possibili per la promozione di processi interdisciplinari tesi alla sperimentazione progettuale sul territorio e (2) riuso degli spazi pubblici. Affrontare la rigenerazione del tessuto urbano in termini economici e sociali; focalizzarsi sullo stato di quartieri ampiamente compromessi dalla dismissione industriale, dal graduale disimpegno di servizio pubblico e dal degrado edilizio non è semplice, e il rischio di svuotamento di senso e prospettiva di tali concetti è sempre dietro l’angolo. In questo senso, porre l’accento sul rinnovamento dei beni immobili e degli spazi pubblici da destinare a servizi imprenditoriali e attività socio-culturali avrebbe potuto rappresentare una buona base di partenza per impostare una nuova narrazione urbana, capace di far incontrare le politiche territoriali con la richiesta di diritto alla città espressa dai (giovani) cittadini. Due questioni centrali, dunque, che l’assessore Lavolta ha sintetizzato con la metafora di hardware (territorio) e software (idee), laddove l’interpretazione dell’innovazione sociale è affiancata – nientemeno – alla ricerca della verità schopenhaueriana: se prima è concetto ridicolizzato e violentemente contestato, in ultima analisi viene accettato in tutta la sua evidenza. Innovazione sociale che, per ItaliaCamp e ANG, significa «cambiare il modo di soddisfare i bisogni attraverso un processo creativo condiviso, guidato da fini di utilità sociale e capace di creare nuove forme di collaborazione e connessioni tra gli attori della società civile per generare un benessere diffuso». Per il Sottosegretario al Lavoro e Politiche Sociali, Luigi Bobba, e il Direttore Generale di ANG, Giacomo D’Arrigo, benché l’etichetta di innovazione sociale sia termine ambiguo e facilmente strumentalizzabile, offre la possibilità di guidare grandi trasformazioni (quando si avvale di tecnologie) e di agire su aree residuali grazie a quattro parole chiave: rete, ponte (tra giovani e lavoro), laboratorio permanente (per un processo di formazione perenne) e impresa sociale (come forma organizzativa).   
Tali parole hanno segnato, forse inconsapevolmente, le traiettorie dei tavoli di lavoro, purtroppo sacrificati nel loro sviluppo dai tempi contingentati della fitta programmazione. Solo dopo la consegna delle carte di identità SIC a due giovani innovatori torinesi e gli Inspirational talk di Diego Galli sul Community Organizing e di Alberto Barberis sull’esperienza dell’Unione Industriali di Torino, i numerosi invitati ai tavoli di lavoro hanno avuto modo di condividere buone pratiche e confrontarsi apertamente per scongiurare una prospettiva di stagnazione e di decadenza che contraddistingue i nostri tempi, alla ricerca di nuovi equilibri produttivi e opportunità di collaborazione.
Se è vero che la città di Torino rappresenta un modello di ricerca dei nuovi modi di partecipare alla vita contemporanea, è anche vero che momenti come il quarto Social Innovation Citizen incarnano la doverosa consapevolezza della necessità di investigare i luoghi e incrementare dei momenti di dialogo tra enti e realtà territoriali, tra lavoro (spesso inesistente) e giovani (sempre meno e sempre più mobili su un panorama non solo locale).     
 
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