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Riforma del Terzo Settore. Al via il Decreto correttivo. Dove stiamo andando?

  • Pubblicato il: 15/09/2018 - 08:02
Autore/i: 
Rubrica: 
NORMA(T)TIVA
Articolo a cura di: 
Cristina Casoli
Il 2 agosto il Consiglio dei Ministri ha approvato il Decreto Correttivo della Riforma del Terzo Settore (D. lgs. 117 del 3 luglio 2017). Quali sono le principali risultanze dell’atteso passaggio? Cristina Casoli modera il terzo faccia a faccia sulla Riforma tra Gabriele Sepio, avvocato tributarista, a capo del Tavolo tecnico - fiscale istituito presso il Ministero del Lavoro per la Riforma del Terzo Settore e socio fondatore dello studio legale ACTA, e Pietro Ferrari Bravo, responsabile Riforma Terzo Settore in Assifero.
Quale sarà il percorso di avvicinamento di una fondazione Onlus al 2 agosto 2019?

 
Avv. Sepio, lo scorso 2 agosto il Consiglio dei Ministri (CDM) ha approvato il Decreto Correttivo. Quali sono le principali risultanze di tale atteso passaggio?
Il decreto correttivo, approvato in via preliminare lo scorso marzo dal CDM, prevedeva una serie di modifiche al Codice del Terzo Settore inserite a seguito di un lungo e serrato confronto con i vari enti non profit. Alcune di queste sono state recepite con l’approvazione in via definitiva dei correttivi il 2 agosto, mentre altre dovrebbero trovare un percorso legislativo di approvazione diverso, ma, si auspica, altrettanto rapido, anche in considerazione delle osservazioni rese dal Consiglio di Stato. I correttivi hanno prima di tutto assegnato un maggior termine per l’adeguamento degli statuti, in vista dell’attivazione del Registro unico nazionale del terzo settore (RUN). Pertanto fino al 3 agosto 2019 gli enti potranno adottare le modifiche richieste per uniformarsi alle nuove regole con le modalità e le maggioranze dell’assemblea ordinaria. In questo lasso di tempo gli enti potranno valutare con attenzione in quale sezione del Registro unico iscriversi e verificarne , in considerazione delle attività e della tipologia di entrate, la convenienza anche sotto il profilo del trattamento fiscale. Sono state inoltre uniformate le soglie previste per accedere alle procedure semplificate per la rendicontazione civilistica e fiscale. Pertanto se i proventi non superano i 220 mila euro si potrà adottare un semplice rendiconto di cassa in luogo del bilancio. Chiarimenti anche sulle competenze dell’organo di controllo: al superamento dei limiti di cui all’art. 31 del CTS, la revisione legale dei conti potrà essere affidata al medesimo organo di controllo interno, ma solo nel caso in cui tutti i suoi componenti siano revisori iscritti nell’apposito registro. Sul piano fiscale pochi gli interventi rispetto alle aspettative iniziali, anche se su questo tema dovrebbe essere previsto un intervento legislativo ulteriore per recuperare le disposizioni ancora non approvate. Viene, in particolare, reintrodotta per le organizzazioni di volontariato (ODV) l’esenzione dall’imposta di registro per gli atti costitutivi e quelli connessi allo svolgimento dell’attività. Con le modifiche del correttivo, inoltre, l’ODV che sceglie di trasformarsi in ente filantropico mantiene l’esenzione IRES per i redditi derivanti dagli immobili destinati allo svolgimento di attività non commerciale.
 
Sepio, con l’approvazione del Decreto Correttivo possiamo considerare concluso l’iter di integrazioni e correzioni alla Riforma e in generale cosa manca per considerare ultimato il percorso di attuazione della Riforma del Terzo Settore?
Con la Riforma del Terzo Settore è stata assegnata per la prima volta una dignità giuridica agli enti che operano nell’interesse generale della collettività. Lo status di ente del terzo settore finalmente viene accompagnato da regole uniformi in grado, da un lato, di incentivare lo svolgimento di determinate attività e dall’altro di rendere trasparente e coerente l’operato degli enti che beneficiano di agevolazioni civilistiche e fiscali. Certamente i decreti di riforma hanno posto delle solide basi per il non profit italiano immaginando delle linee di indirizzo che nel corso dei prossimi anni incideranno notevolmente sullo sviluppo del settore. Tuttavia una riforma di questo tipo, che guarda ai bisogni di una società in continuo divenire, avrà necessità, nel corso del tempo, di interventi di rifinitura, con cui valorizzare interventi e progetti nei settori più importanti. Credo che assisteremo alla graduale creazione di un nuovo modello di terzo settore, in cui, accanto al doveroso riconoscimento della professionalità dei tanti operatori, si assegnerà finalmente valore economico all’impatto sociale degli interventi degli enti non profit, commisurando agevolazioni e incentivi agli effetti da questi prodotti. Per potersi dire conclusa questa prima fase della riforma, al momento, mancano all’appello ancora alcune misure, specie di carattere fiscale, che dovrebbero trovare spazio in un veicolo legislativo diverso dai decreti correttivi (stando al parere espresso dal Consiglio di Stato). Si tratta di disposizioni particolarmente attese dagli enti e già contenute nella prima bozza di decreto approvata lo scorso marzo dal CDM. Tra queste spicca la previsione di un margine di tolleranza del 10% nello scostamento tra costi e ricavi al fine di permettere agli enti di conservare la natura non commerciale anche in caso di lievi scostamenti tra costi e ricavi, peraltro confinati in un periodo di tempo limitato (2 anni).
In attesa di approvazione anche alcune modifiche di coordinamento con l’attuale disciplina Onlus. Ad esempio restano finanziabili con l’emissione di titoli di solidarietà (art. 77 del CTS) solo le attività degli enti del Terzo Settore di natura non commerciale, seppure l’attuale art. 29 del D.Lgs. 460/1997 preveda l’emissione di questi strumenti per il sostegno delle Onlus (tra le quali rientrano anche le cooperative sociali e altri enti che potrebbero qualificarsi nel nuovo regime come ETS commerciali). Importante anche il coordinamento con il TUIR, che non ha trovato spazio nei correttivi di agosto per le ragioni sopra indicate, e che, al momento, vede le associazioni assistenziali escluse dall’elenco dei soggetti che possono fruire della de-commercializzazione delle prestazioni rese agli iscritti a fronte di corrispettivi specifici.
 
Ferrari Bravo, come vede il Decreto Correttivo dall’angolo visuale dell’associazione che riunisce gli Enti Filantropici?
L'aspetto che mi sembra più rilevante è la proroga di 6 mesi agli adeguamenti statutari (art. 32 del Decreto Correttivo) di Onlus, Organizzazioni di Volontariato e Associazione di Promozione Sociale. Certamente si tratta di una scelta che permette alle fondazioni Onlus di disporre di maggior tempo per compiere passaggi importanti per la vita di un’organizzazione di Terzo Settore. Inoltre, specificatamente sugli Enti Filantropici, è stato modificato l’art. 84 del Codice, la cui rubrica ora cita, oltre alle Organizzazioni di Volontariato, anche gli Enti Filantropici. L’articolo revisionato prevede l'inserimento della prima disposizione fiscale specificatamente dedicata agli Enti Filantropici (con benefici in ambito di fiscalità immobiliare per le Organizzazioni di Volontariato che si trasformano in Enti Filantropici). Si tratta di una casistica al momento non diffusa ma potrebbe costituire l’inizio di una riflessione su una possibile proposta di estensione agli Enti Filantropici delle agevolazioni previste per le Organizzazioni di Volontariato. Più in generale tuttavia il problema resta quello evidenziato nel corso del primo Faccia a Faccia sulla Riforma.
 
Cosa significa? Qual è il problema?
Se l’Italia vuole puntare sulla capacità di sperimentazione e di innovazione degli Enti Filantropici, come strumento potente per affrontare in maniera efficace delicate problematiche di interesse generale che possono necessitare di capitali rilevanti (penso a titolo di esempio alla ristrutturazione di beni confiscati alle mafie o alla fornitura di servizi domiciliari per anziani non autosufficienti, etc.), è necessario porre le basi per un importante sviluppo della filantropia. Ciò a mio avviso necessita una riduzione del carico fiscale su plusvalenze e rendite da patrimonio (cedole, dividendi, etc) degli Enti Filantropici.
 
Sepio, come immagina il percorso di avvicinamento di una fondazione Onlus al 2 agosto 2019?
Le Onlus, come sappiamo, costituiscono una categoria fiscale eterogenea, che accoglie enti di diversa natura in un unico contesto giuridico tributario; si va, ad esempio, dalle piccole ODV alle grandi cooperative sociali. La riforma crea maggiore uniformità assegnando agli enti sezioni specifiche del Registro Unico in funzione della omogeneità delle proprie caratteristiche, con misure fiscali e adempimenti ad hoc. Oggi, dunque, le Onlus dovranno valutare con attenzione non solo quale sezione del Registro scegliere ma anche se riorganizzare la propria attività e il modello giuridico finora utilizzato. Non a caso molti enti non profit hanno finora scelto il modello ONLUS per la mancanza di opzioni valide e ugualmente vantaggiose sotto il profilo fiscale. Con la riforma, ad esempio, trova finalmente spazio anche l’impresa sociale, che sarà dotata di una disciplina fiscale ad hoc, finora assente. Non è escluso, dunque, che attività di natura diversa possano essere svolte mediante entità diverse in grado di valorizzare sia la funzione erogativa sia l’eventuale vocazione commerciale, non lucrativa, oggi svolta in forma unitaria dalle attuali ONLUS. Queste ultime pertanto dovranno valutare con attenzione costi e benefici legati alle singole sezioni dell’istituendo Registro Unico Nazionale. Oltre al tipo di attività svolta, che, come detto potrebbe incidere sulla organizzazione complessiva dell’ente, si dovrà valutare anche la tipologia di soggetti cui è rivolta l’attività e il rapporto esistente tra volontari e lavoratori dipendenti chiamati a svolgerla. Altro aspetto fondamentale sarà l’analisi legata alla tipologia di entrate e il rapporto tra costi e ricavi, sia complessivi che settoriali, legati alla specifica attività di interesse generale. Le scelte di una ONLUS che riceve erogazioni liberali in massima parte (anche attraverso la raccolta fondi o il 5 per mille) non saranno le stesse nel caso di enti che, invece, traggono le proprie risorse finanziare da contributi pubblici o da corrispettivi provenienti da privati.
 
Ferrari Bravo, qual è il supporto che come Assifero fornite ai vostri associati in questa fase di adeguamento ai dettami della Riforma?
Abbiamo istituito in Assifero un Tavolo di lavoro dedicato alle nostre associate Onlus. Dopo una prima fase di analisi della Riforma, che ha portato all’elaborazione di sollecitazioni, richieste e proposte al Tavolo tecnico-fiscale per la Riforma, stiamo dando avvio ad una fase di auto-valutazione da parte delle organizzazioni socie degli effetti della Riforma. Si tratta di un accompagnamento ai nostri associati, cui parteciperà anche l’avv. Sepio anche sul tema delle modifiche statutarie. In questa fase sarà importante dare supporto ai nostri associati perché possano eventualmente compiere alcune simulazioni esemplificative per comprendere il possibile impatto della Riforma sulla specifica realtà, anche in funzione della scelta compiuta in merito alla sezione del Registro Unico Nazionale. 
 
 
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