Nuovi direttori, vecchio modello organizzativo
Nel dibattito sulle nomine dei nuovi direttori museali non è stato adeguatamente considerato il problema del modello organizzativo che può essere affrontato e risolto soltanto con una piena autonomia giuridica in grado di garantire la qualità del servizio espositivo e l’equilibrio di bilancio attraverso una gestione realmente innovativa
L’acceso dibattito seguito alla procedura di nomina dei direttori dei 20 principali musei italiani non ha colto una questione cruciale che influenzerà molto la reale capacità di intervento dei professionisti chiamati a dirigere le eccellenze museali italiane: il modello organizzativo. In effetti, i gravi limiti, da più parti segnalati, alla qualità del servizio di fruizione pubblica dei musei italiani (a cui lo stesso provvedimento del Ministro Franceschini cerca di porre rimedio) più che alle competenze scientifiche dei quadri direttivi, di regola eccellenti, sono strettamente legati ad una formula organizzativa ormai obsoleta caratterizzata da forti rigidità, soprattutto per quanto riguarda la gestione del personale. Se, da un lato, il cosiddetto Decreto-Musei (1) dispone come obbligatoria la presenza di alcune aree funzionali, come ad esempio il marketing, fund-raising o i rapporti con il pubblico, si pone, dall’altro, la delicata questione delle relative professionalità che assai raramente si ritrovano tra il personale del ministero, la cui individuazione ed assegnazione, peraltro, non dipende dal direttore. Non c’è bisogno di sottolineare che il museo, come ogni altro luogo d’arte, è fortemente esposto a critiche e giudizi proprio in ragione di essere ‘bene di fruizione’ (2), inserito in un complesso sistema d’offerta per un pubblico con molteplici e differenti caratteristiche ed esigenze. E, negli ultimi anni, al personale delle soprintendenze territoriali impegnato negli istituti museali, oltre che di conservazione, catalogazione, allestimenti museali, è stato progressivamente chiesto di occuparsi di marketing, web communication, fund raising, education…. forse davvero troppo per un personale la cui età media, senza adeguato ricambio, è ormai drammaticamente vicina all’età pensionabile. In questo quadro, la principale innovazione introdotta dal Decreto-Musei riguarda lo Statuto, il documento costitutivo del museo che ne dichiara la missione, gli obiettivi e l’organizzazione, disciplinandone le finalità, le funzioni e l’ordinamento interno. Per i 20 musei dotati di autonomia speciale, lo Statuto è adottato dal Consiglio di Amministrazione. Ecco, forse quello che sarebbe necessario, come sottolinea Pierpaolo Forte in un recente, interessante articolo sulla rivista Aedon (3), è di superare l’autonomia trattenuta dei 20 campioni museali italiani e dotarli di piena autonomia giuridica, un sentiero che le Autonomie Locali hanno intrapreso sin dagli anni Novanta del secolo scorso e che ha portato prima alla costituzione, nel 1992, dell’Azienda Speciale Palaexpo di proprietà del Comune di Roma (che gestisce il Palazzo delle Esposizioni e le Scuderie del Quirinale) e, successivamente, alla creazione in tutta Italia di altre figure giuridiche, prevalentemente fondazioni (ma non solo: la normativa parla anche di Associazioni, Consorzi e, addirittura, di Società di capitali) che hanno incrementato l’offerta culturale delle nostre città, grandi e piccole; e così che nel corso degli ultimi due decenni sono nate, solo per citarne alcune, la Fondazione Torino Musei, la Fondazione dei Musei Civici di Venezia, la Fondazione Palazzo Ducale di Genova, la Fondazione Donnaregina, che gestisce il Museo Madre di Napoli, o la Fondazione Musei Senesi. E’ interessante sottolineare che molte delle nuove figure giuridiche promosse dalle Autonomie Locali gestiscono interi sistemi museali (4 musei a Torino, 11 Venezia e addirittura 43 nella provincia di Siena) che consentono discrete economie di scala. Si tratta di vere e proprie ‘aziende culturali’ dotate di piena autonomia gestionale in grado di garantire efficienza, efficacia e qualità al sistema, anche attraverso l’applicazione del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro di Federculture, che le rappresenta. Il modello giuridico privatistico, ovviamente, non lede il carattere di bene pubblico del sistema d’offerta dei musei civici gestiti tramite il modello fondazionale, sempre senza fini di lucro ma, anzi, può consentire di associare alla gestione altri soggetti, pubblici e privati (province, camere di commercio, fondazioni di origine bancaria, ecc.). L’esperienza delle aziende associate a Federculture dimostra che si può garantire contemporaneamente la qualità del servizio espositivo, un buon livello di attività di ricerca e didattica e, nel contempo, fare attenzione all’equilibrio di bilancio, attraverso la piena valorizzazione di tutti gli asset sotto il controllo della direzione museale (biglietti, servizi aggiuntivi, sponsorizzazioni, ecc.). Questa strada, peraltro, è stata imboccata anche dal Ministero per i beni culturali con la creazione della Fondazione MAXXI di Roma, del Consorzio che gestisce la reggia di Venaria Reale o con la costituzione della Fondazione del Museo Egizio di Torino; in quest’ultimo caso, tra i soggetti promotori, oltre al Mibact, è interessante notare la partecipazione della Regione Piemonte, della Provincia di Torino, della Compagnia di San Paolo e della Fondazione CRT (4). Questo formula, peraltro, va nella direzione più volte indicata da Federculture che, sui territori, sollecita un percorso di progettazione integrata tra i diversi livelli istituzionali e tra pubblico e privato per restituire ai cittadini e ai turisti servizi culturali di qualità. Sarebbe, quindi, assai auspicabile se i Direttori dei nuovi musei statali potessero dare vita ad un percorso progettuale che, facendo riferimento a quanto di buono fin qui realizzato, fosse in grado di coinvolgere i principali stakeholders dei loro territori di riferimento, pubblici e privati, e disegnare innovativi modelli organizzativi di gorvernance e di gestione.
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Claudio Bocci è Direttore Federculture
- Decreto Ministeriale 23 dicembre 2014
- M.S. Giannini, I beni culturali, in Rivista Trimestrale di diritto pubblico, 1976.
- Per utili approfondimenti si veda I nuovi musei statali: un primo passo nella giusta direzione di Pierpaolo Forte su Aedon – Rivista di Arti e diritto on-line, n. 1, 2015.
- Il modello fondazionale è usato anche per la gestione di aree archeologiche come quella di Aquileia (istituita con apposita leggere regionale) a cui partecipano: il Mibact, la Regione Friuli Venezia Giulia, il Comune di Aquleia, la Provincia di Udine e l’Arcidiocesi di Gorizia.