Non ereditiamo il mondo dai nostri padri ma lo prendiamo in prestito dai nostri figli
Dalla Fondazione Palazzo Strozzi, giro d’orizzonte con il Presidente Lorenzo Bini Smaghi, alla presentazione di un bilancio record dell’ente che dimostra l’efficacia di un modello di governance snello e indipendente, tra pubblico e privato. Visitatori in crescita del 70% (a quota 370mila), un utile di 200 mila euro che va a incrementare il patrimonio, pari a 2,5 milioni di euro su 7,2 milioni di ricavi. Un forte impatto economico sull’indotto, stimato da Boston Consulting Group dal 2006, attestato a circa 61 milioni di euro, più del doppio rispetto all'anno precedente. Cambio di direzione e nuove spinte propulsive in nome del rinnovamento continuo. Anche imparando dai migliori
Firenze. Nata nel 2006, la Fondazione Palazzo Strozzi rappresenta in Italia un’innovazione nella governance di istituzioni culturali. Unica nel suo assetto societario, realizza la tanto evocata collaborazione tra pubblico e privato, con quattro soci fondatori: il Comune e la Provincia di Firenze, la Camera di Commercio e l’Associazione di partner privati APPS, che comprende alcune importanti realtà imprenditoriali (Ferragamo Finanziaria, Fingen, Findomestic Intesa Sanpaolo Rocco Forte Collection KME Group Saatchi & Saatchi, Bank of America Merril Lynch). È guidata da un Consiglio di Amministrazione triennale, nominato dai fondatori, che, come afferma il suo Presidente Lorenzo Bini Smaghi, rispecchia le caratteristiche che dovrebbero avere questi soggetti giuridici, prima di tutte, l’indipendenza.
Alcuni giorni fa il Presidente Bini Smaghi ha presentato un bilancio record della Fondazione Palazzo Strozzi per il 2014, con una crescita del 70% dei visitatori (complessivamente 370mila, grazie a 3 mostre, altre 4 iniziative e 39 appuntamenti culturali), un utile di 200 mila euro che va a incrementare il patrimonio, pari a 2,5 milioni di euro. Nonostante la riduzione dei contributi dei soci e delle sponsorizzazioni (contributi pubblici inferiori al 30%), i ricavi sono saliti a 7,2 milioni di euro per merito della gestione e del successo delle due mostre «Pontormo e Rosso Fiorentino» e «Picasso e la modernità spagnola», che hanno visto insieme 335 mila visitatori, il doppio rispetto ai 165 mila del 2013, con un forte impatto economico sull’indotto. Stimato da Boston Consulting Group (che dal 2006 cura uno studio annuale) in circa 61 milioni di euro, più del doppio rispetto all'anno precedente e il più alto dalla nascita della Fondazione, grazie ad un maggiore numero di turisti ed escursionisti esclusivi. Nel dettaglio 7,3 milioni di euro sono stati generati dalla Fondazione, 53,7 milioni derivano dai 113,4 mila visitatori recatisi a Firenze per le mostre di Palazzo Strozzi. Nel periodo 2010-2014 la Fondazione ha creato un indotto complessivo sul territorio fiorentino pari a 174 milioni di euro, in media circa 35 milioni l’anno e un record nel 2014 di 57 milioni.
Laurea in Scienze economiche all’Università Cattolica di Lovanio e PhD in Economics all’Università di Chicago, Lorenzo Bini Smaghi è Presidente della Fondazione Palazzo Strozzi da 2006, nonché Presidente di Snam e di Société Générale. E’ anche Visiting Scholar al Weatherhead Center for International Affairs. Presiede anche l’Associazione degli alunni italiani dell’Università di Chicago. Dal Giugno 2005 al Dicembre 2011 è stato membro del Comitato esecutivo della Banca Centrale Europea. Da ottobre 2013 è membro permanente e indipendente del CdA di Morgan Stanley.
Esperienze importanti e diverse, in Italia e all’estero, che rendono particolarmente interessante conoscere il suo punto di vista. Il Giornale delle Fondazioni gli ha rivolto alcune domande sullo stato e le prospettive della cultura italiana e non solo.
La Fondazione Palazzo Strozzi rappresenta un modello di grande interesse nella governance tra pubblico e privato, che il Giornale delle Fondazioni ha sempre seguito con particolare attenzione. Come si caratterizza oggi e in prospettiva il vostro rapporto con i Soci Fondatori, con il territorio e con altre istituzioni ed operatori culturali?
Abbiamo imbastito da subito una relazione paritaria tra tutti i soci, quelli pubblici come il Comune, la Camera di Commercio e ora la Regione (al posto della Provincia), e quelli privati, tutti rappresentati nel Consiglio di Amministrazione con l’obiettivo di perseguire esclusivamente gli interessi della Fondazione sulla base di linee guida condivise. La gestione giorno per giorno viene poi delegata al Direttore della Fondazione, secondo un budget pre-stabilito e con un sistema di rendicontazione preciso e periodico. L’obiettivo era quello di riaprire il Palazzo e di renderlo vitale per la città, con eventi culturali di grande qualità internazionale, al fine di far tornare a Firenze i visitatori che già avevano avuto modo di vedere i principali monumenti e musei e cercano altro.
Lei rappresenta un punto di osservazione strategico, all’incrocio tra i diversi mondi della cultura della finanza e dell’impresa, sia in Italia che a livello internazionale. Qual è oggi la sua lettura del patrimonio e delle attività culturali nel nostro Paese?
In Italia abbiamo un patrimonio enorme, che viene valorizzato solo in minima parte e rischia in questo modo di degradarsi e di non essere sufficientemente apprezzato. C’è molto da fare, anche attraverso un maggior coinvolgimento dei privati e l’adozione di criteri meritocratici e manageriali, che consentirebbero di far affluire maggiori fondi alle istituzioni culturali, dando loro la possibilità di fare cultura in modo più efficace.
Lei ha segnalato più volte nel passato l’importanza nel contesto italiano delle agevolazioni fiscali per i contributi privati. Che giudizio dà dell’Art Bonus? Secondo Lei ci sono modelli internazionali proponibili in Italia?
L’Art bonus è una buona base di partenza, che potrebbe essere ampliata. Dimostriamo, nel nostro rapporto annuale, che l’indotto economico delle attività culturali sul territorio è enorme, 8 volte il nostro bilancio, il che giustifica non solo l’erogazione di fondi pubblici ma anche trattamenti fiscali agevolati per chi vuole contribuire con donazioni private. Per coinvolgere i privati non basta però solo l’agevolazione fiscale, bisogna dimostrare capacità progettuale e dare garanzie di trasparenza ed efficienza. I privati non vogliono fare assistenzialismo, ma fornire supporto, anche economico ad iniziative di valore, che vengono riconosciute in particolare per la loro qualità.
Dal 15 marzo scorso Arturo Galansino, che torna in Italia dopo una brillante carriera all’estero dalla National Gallery di Londra al Musée du Louvre di Parigi e di nuovo a Londra alla Royal Academy of Arts, è il nuovo Direttore Generale della Fondazione Palazzo Strozzi. La nomina, che testimonia la sua fiducia in questo giovane talento (non ancora quarantenne), interpreta e sviluppa quel «pensare globale e agire locale» che è la linea guida della sua Fondazione?
Riportiamo in Italia un talento che era emigrato all’estero, e ha avuto l’occasione di formarsi nei migliori musei del mondo. Mi sembra un buon auspicio per i giovani italiani che scelgono di intraprendere questa professione.
Due importanti presenze della Fondazione all’estero, negli Stati Uniti e in Cina, danno una forte caratterizzazione alla vostra proiezione internazionale. Come intendete valorizzarla?
La Fondazione americana è operativa da anni, con programmi specifici che consentono anche di veicolare fondi e sponsorizzazioni. Lo scorso anno, ad esempio, Leonard Lauder, che ha ricevuto il premio di Uomo del Rinascimento, dato ogni anno, ha fatto una donazione alla Fondazione di oltre 200 mila euro. La Fondazione cinese è in via di costituzione e consentirà non solo di attirare investitori ma anche di offrire la nostra expertise in Asia.
Con quali programmi proseguirete la ricerca e la valorizzazione dell’arte antica dopo il successo a Palazzo Strozzi delle mostre di «Bronzino» nel 2010 e nel 2014 di «Pontormo e Rosso Fiorentino», che ha anche vinto The Apollo Award come migliore mostra dell’anno?
Abbiamo attualmente una mostra straordinaria sui Bronzi ellenici, applaudita dalla critica internazionale, come il Financial Times o il Standpoint Magazine, e una mostra sulla scultura contemporanea nella Strozzina. In autunno proseguiremo con una mostra sull’Arte Sacra nel Novecento. Nel 2016 avremo una mostra sull’espressionismo astratto americano e l’influenza reciproca sull’arte europea. Poi stiamo rivedendo il programma con il nuovo direttore. Ci saranno delle sorprese interessanti.
Con quali programmi intendete sviluppare la vostra presenza nell’arte contemporanea attraverso la «Strozzina», che avete già da tempo impostato come ponte tra realtà artistiche internazionali e la città?
Le mostre alla Strozzina hanno avuto un successo straordinario, sia di pubblico che di critica. Quella attuale, «Anche le sculture muoiono», mostra artisti molto interessanti e opere stimolanti. Continueremo in questa direzione anche nei prossimi anni, ma vogliamo portare il contemporaneo anche al piano nobile, non solo confinarlo nella Strozzina.
Siete molto attivi nella relazione con il vostro pubblico anche attraverso i social networks. Come si evolve la vostra strategie di comunicazione e di audience engagement?
E’ un processo evolutivo sul quale puntiamo molto, per cercare di dialogare con tutti in nuovi mezzi di comunicazione, coinvolgendo tutte le categorie di pubblico.
Ormai è convinzione diffusa che la cultura sia anche un grande alleato della nostra salute. Per questo avete realizzato il progetto «A più voci» dedicato alle persone con Alzheimer dove l’arte diventa veicolo di una comunicazione possibile?
L’obiettivo è far vivere al visitatore una esperienza indimenticabile, e questo riguarda sia i ragazzi, le famiglie, ma anche gli anziani e chi ha degli handicap. Questo richiede una continua ricerca, creatività, impegno e tanto entusiasmo. Vogliamo mettere il visitatore al centro della nostra missione, capovolgendo un po’ quello che è il modo di concepire l’arte e le mostre.
Quali persone sono impegnate in una simile macchina operativa? Può essere il vostro un modello di evoluzione della governance per altre istituzioni?
Lo staff permanente è composto da meno di 15 persone. Ma coinvolgiamo collaboratori ed aziende esterne, in ogni evento o mostra. E’ un modello snello, più funzionale ed efficiente.
L’Europa è da tempo al centro dei suoi interessi sia nelle sue pubblicazioni sia nella sua attività professionale quando è stato membro del Board della BCE. Quindi non possiamo non chiederle qual è la sua lettura dell’attuale situazione economica e finanziaria europea, dai problemi della Grecia alle recenti misure assunte dalla stessa BCE?
L’Europa è in continua evoluzione, e tende a cogliere le difficoltà per rafforzarsi ulteriormente, nonostante le reticenze e i facili populismi che creano l’illusione che in un mondo globale è meglio affrontare i problemi da soli che insieme. Questa tendenza non c’è solo nel continente ma anche in stati secolari, come vediamo nel Regno Unito. La direzione può essere solo quella della maggiore integrazione in Europa, che deve però avvenire in modo democratico, riconoscendo in particolare i diritti e le opinioni degli altri.
Lei cita spesso un proverbio degli indiani d’America (Non ereditiamo il mondo dai nostri padri ma lo prendiamo in prestito dai nostri figli). Riprendendone il senso, quali prospettive vede davanti a noi?
Per evitare il declino bisogna sapersi rinnovare e avere il coraggio di capire che non c’è niente di degradante nell’imparare da altri, soprattutto da chi ha avuto successo. Altri paesi intorno a noi hanno dimostrato maggior capacità di cambiamento. Dovremmo imparare da loro, trovando così la nostra via. www.palazzostrozzi.org
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