Nella provincia italiana nasce la Fondazione Bisazza
Montecchio Maggiore. Uscita casello Montecchio Maggiore. Si apre un rap di cartelli e di frecce con srl, snc, spa, ditte individuali. Siamo nel cuore produttivo del mitico Nordest, terra discussa e controversa, dalla crescita improvvisa e quasi inarrestabile. In 40 anni trasformata da campagna in una delle zone più ricche al mondo. Oggi anche qui i modelli sono in ripensamento e la cultura, intesa come attrezzatura per leggere il mondo, diventa centrale. Non solo «schei» sono corsi su queste strade ma anche visioni e progettualità sociale e culturale. A pochi chilometri nascono i vari Bottega Veneta, Dainese, Zambon, Diesel o Marzotto. Superati incidenti visivi di capannoncini e improbabili bar, una grande muraglia di verde bambù segue la strada provinciale per centinaia di metri. Si apre, così, d'improvviso uno spazio di romantica bellezza contemporanea. Rose fuori scala, di mosaico, aprono l'ingresso in fabbrica. «Perchè qui? Forse è una follia». Se lo è sempre domandato Piero Bisazza, esteta prima che imprenditore, umanista prima che capitano di industria, appassionato vero di design e architettura prima che presidente della sua Fondazione. Un conflitto interiore con una terra che ha dato i natali a Palladio ma che non ha curato la bellezza che ha prodotto. «Una follia forse investire migliaia di metri quadri dedicati al bello e inglobarci pure una fondazione, distanti dai centri di potere culturale e finanziario», si ripete spesso Bisazza. Investire in un luogo, apparentemente di periferia, come Vicenza, ha infatti le sue problematiche. Ma anche la possibilità di offrire una visione e uno sguardo nuovo e contemporaneo, dedicato all'architettura e al design, fuori dai circuiti classici e abusati. Oggi Bisazza è diventato, grazie anche alla sua posizione umanistica prima che industriale, uno dei grandi nomi del design internazionale. Ha portato in una commodity come il mosaico contenuti culturali avanzati. Collaborando con Wanders come con Mendini, con Cibic come con Studio Jop o Fabio Novembre fino a realizzare le campagne pubblicitarie con Araki. La sede e gli uffici direzionali e commerciali si comportano, da sempre, come un museo contemporaneo, dove regna luce zenitale, opere fotografiche, grande passione di Piero Bisazza, e pezzi realizzati appositamente per la Fondazione-azienda. Inaugura così dopo anni di lavoro e di perfezionamento del progetto la Fondazione Bisazza per il Design e l'Architettura Contemporanea. Maria Cristina Didero, una delle piu brillanti curatrici e critiche del design, ha costruito un progetto da subito internazionale ed ambizioso. Per il suo debutto, la Fondazione ospita, dall'8 giugno al 29 luglio 2012, la mostra John Pawson - Plain Space dedicata all'opera del designer inglese, conosciuto per il suo approccio minimalista al design e all'architettura. La mostra, proveniente dal Design Museum di Londra dove ha riscontrato un grande successo di pubblico, critica e stampa, è presentata per la prima volta in Italia. John Pawson – Plain Space ripercorre la carriera del progettista celebrandone l'architettura e il design, caratterizzati da grande chiarezza visiva, semplicità e rigore. Per gli spazi di Montecchio, Pawson - confrontandosi per la prima volta nella sua carriera con il mosaico - ha inoltre realizzato un'opera site-specific dal titolo «1:1» (“One to One”), studiata per la Fondazione e che andrà poi ad arricchirne la Collezione Permanente. In occasione dell'inaugurazione della mostra John Pawson ha tenuto una lectio magistralis presso il Teatro Olimpico di Vicenza, esempio dell'architettura palladiana, introdotto da Deyan Sudjic (Direttore del Design Museum di Londra). Piero e Rossella Bisazza, Presidente e Vicepresidente della Fondazione, commentano: «Ci proponiamo come nuovo soggetto culturale in costante interazione con prestigiose istituzioni internazionali al fine di ospitare mostre itineranti e progetti di design e architettura, non legati necessariamente al mosaico». Maria Cristina Didero aggiunge che «L’obiettivo è dare la possibilità al pubblico di scoprire il pensiero e il lavoro delle personalità più significative del design e dell’architettura internazionale con mostre ambiziose, spettacolari e scientifiche. Plain Space di John Pawson è esemplare perché restituisce un clima unico di leggerezza e allo stesso tempo di concretezza: un manifesto di come la Fondazione intende trasmettere e comunicare la sua particolare visione della cultura contemporanea».
Un tema ripreso anche da John Pawson che è rimasto sorpreso «dall'apprendere quante poche istituzioni culturali di questo tipo esistano in Italia considerata la presenza di diverse realtà industriali creative. Disegnare anche un oggetto così semplice come una sedia, ad esempio, può dirci molto non solo del suo autore, ma anche riflettere i nostri valori e il nostro stile di vita».
A questa prima mostra temporanea, in chiusura il 29 luglio 2012, seguiranno nel corso dei prossimi mesi altre collaborazioni con designer o istituzioni culturali di alto profilo, sempre straniere, nell'obiettivo di rendere la Fondazione Bisazza un nuovo punto di riferimento all’interno del panorama culturale, grazie a un programma di eventi e iniziative di livello internazionale.
© Riproduzione riservata
Cristiano Seganfreddo è curatore indipendente, direttore di Fuoribiennale e presidente dell'associazione Progetto Marzotto.