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Ministro Franceschini, che cosa fare prima? Le proposte di 22 esperti per un’agenda delle priorità

  • Pubblicato il: 27/02/2014 - 09:37
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Redazione
Dario Franceschini

Poi il neoministro farà di testa sua (Renzi docet), ma una lista di cose da fare subito l’abbiamo chiesta in poche ore a qualche decina di «tiratori scelti». Quasi tutti hanno risposto con ammirevole prontezza per spirito di servizio, diciamolo, non per protagonismo personale. Anche per i Beni culturali, oltre che per tutto il Paese, il momento è terribilmente serio. Siamo in una situazione di grande crisi, di mancanza di mezzi e di persone. Queste prime risposte dimostrano che i migliori non esitano a impegnarsi.  Altri risponderanno ancora, ma qui il ministro Dario Franceschini ha una prima abbondante dose di proposte molto interessanti e di qualificati suggerimenti.

Cristina Acidini

Soprintendente al Polo Museale Fiorentino
- Il potenziamento degli organi periferici del Mibact, con assunzioni (o altre forme di reclutamento) di personale a tutti i livelli, specialmente nell’area della vigilanza e custodia.
- La prosecuzione regolare – col sostegno di adeguati finanziamenti – del progetto «Nuovi Uffizi», di rilevanza nazionale;
- L’espansione delle attività didattiche e dei programmi  di accoglienza specifica ai diversamente abili;
- La sollecita riattivazione delle procedure delle gare per la concessione dei servizi d’accoglienza nei musei;
- Il consolidamento e quando opportuno il rafforzamento della presenza del settore privato nel sostegno ai beni culturali, entro il controllo scientifico e l’azione di tutela della parte pubblica;
- Anche in relazione al punto precedente, azioni facilitanti, quali la semplificazione delle procedure di sponsorizzazione (attualmente quasi impraticabili) e la  creazione di un adeguato sistema di vantaggi fiscali;
- Un dialogo fattivo con il settore del turismo culturale, specialmente nelle città d’arte.

Paolo Baratta
Presidente della Biennale di Venezia
- Nel Jobs Act inserire una regolamentazione speciale dell’«apprendistato» (in forma di contratto e/o di stage) tarato sulle esigenze specifiche del settore dei Beni culturali, rivolto a:
- organizzazione e programmazione delle attività degli enti
- esigenze formative dei ragazzi.

Andrea Carandini
Archeologo e presidente del Fai
- Bisogna mettere la manutenzione programmata al centro dell’attenzione nel campo ambientale, del paesaggio e del patrimonio culturale, per evitare sempre di più in futuro i costosi restauri
(temo che il progetto Pompei sia stato in grande parte snaturato, abbandonando la manutenzione programmata varata 20 mesi fa dal Consiglio Superiore).
- Per la manutenzione servono fondi adeguati, non la miseria di oggi, per cui tutto crolla. Inoltre gestioni efficienti possono ridurre notevolmente i costi di mantenimento, con introiti anche significativi (si veda oltre).
- Non ha senso riformare il Ministero senza avere una visione del futuro (finora è interamente mancata e le riforme proposte hanno lasciato molto a desiderare, incontrando perfino la rivolta dei funzionari). I funzionari vanno sempre rispettati: sono i soldati della tutela. Bisogna riformare insieme ai soldati, non contro di essi, come da ultimo è stato fatto. Infine, abolire la Direzione generale per l’Archeologia in Italia è demenziale.
- La visione deve tener presente che quando si conserva bisogna avere chiaro anche come si gestirà il luogo, e la gestione implica una concezione unitaria della conservazione, dei servizi e della relazione con il pubblico. Bisogna amare le persone quanto i monumenti, sapersi mettere nei panni dei visitatori, saper rispondere alle loro esigenze. Dobbiamo attrezzarci per il Global Tour, raccontare la Storia dell’Occidente all’Asia e al Sud America.
- Bisogna che lo Stato sperimenti gestioni non burocratiche, efficienti, culturalmente serie e al contempo in grado di offrire godimento al pubblico (modello Biennale di Venezia). Con buone gestioni è possibile ottenere entrate che coprono dall’85% (raggiunto in Italia dal non profit) al 100% (raggiunto in Inghilterra dal non profit) delle spese di mantenimento. Prima esperimenti e solo dopo prassi innovative sempre più estese.
- Bisogna assumere giovani nel Mibact con nuove competenze. Devono essere capaci nelle discipline tradizionali, ma devono anche sapere lavorare con gli altri, risolvere problemi, comunicare in modo chiaro, raccogliere fondi, per non dire dell’informatica (fondamentali i sistemi informativi territoriali). Il Ministero deve insomma aggiornarsi.

Emmanuele F.M. Emanuele
Presidente della Fondazione Roma
- Cambiare il nome del Ministero in Ministero dell’Economia culturale.
- Introdurre lo studio della Storia dell’arte fin dalle scuole elementari.
- Intervenire nel campo della rivisitazione della normativa fiscale privilegiando il mecenatismo e non le sponsorizzazioni.
- In accordo con l’art. 118 della Costituzione, bisogna dare spazio al privato (meglio non profit) con le necessarie competenze di tipo manageriale, nella gestione del nostro patrimonio culturale e artistico, lasciando allo Stato il compito di sorvegliare e tutelare per il rispetto degli standard qualitativi; ciò consentirebbe una più ampia autonomia e responsabilità dello stesso.

Annamaria Gambuzzi
Presidente Angmac
- Riforma della legge sulla libera circolazione delle opere d’arte.
- Revisione dell’Iva sulla compravendita di opere d’arte.
- Un approfondito e serio programma di defiscalizzazione sugli acquisti di opere d’arte.
- Collaborazione tra privato e pubblico nella realizzazione di mostre ed eventi.
- Sostegno per le giovani gallerie.

Flaminio Gualdoni
Docente di Storia dell’arte all’Accademia di Brera di Milano
- Chiedere al Governo tutto di impegnarsi formalmente su un progetto di politica culturale (quindi meglio averne uno, prima).
- Ricordare agli economisti fighetti che la cultura è proprio come tutto il resto: prima si investe, poi si valutano i risultati.
- Quindi spiegare agli altri soloni del Miur che ridicolizzare l’insegnamento di arte e musica fa un danno incalcolabile alla cultura, ma anche all’economia.
- Portare la percentuale di bilancio statale assegnata alla cultura al livello della media europea.
- Al Mibact, meno generali e più soldati: basta boss potenti, largo a funzionari competenti.
- Sburocratizzare, sburocratizzare.
- Risolvere la questione annosa dell’imposizione fiscale sul mercato delle opere d’arte senza lasciarla in ostaggio agli equitalioti: prima che emigri tutto.
- Sullo slancio, fare un discorsetto anche a quegli arrogantelli della Siae.
- Ricordarsi che esistono anche enti come le biblioteche grandi e piccole, la Discoteca di Stato, il Gabinetto fotografico nazionale eccetera, prima che diventino fantasmi.
- Infine, come ha appena detto Mario Draghi, non solo sapere cosa fare, ma farlo.

Fabio Isman
Giornalista
- Risorse: frenarne l’emorragia, trovarne di nuove; magari anche attraverso:
- Defiscalizzazione per i privati, che investano in cultura.
- Persone: coprire gli organici per mezzo di concorsi espletati nel modo più veloce possibile.
- Riposizionare il Mibact in un ruolo che non sia periferico nel governo del Paese.
- Riformare il Ministero, ma senza penalizzarne i ruoli tecnici.
- Predisporre un piano nazionale che riguardi patrimonio culturale e turismo.
- Riprendere la battaglia per riottenere l’archeologia rubata che è ancora all’estero.
- Riformare le norme sul saccheggio del Paese, e i criteri per combatterlo.

Franco Miracco
Assessore alla Cultura del Comune di Trieste
- Indispensabile respingere con fermezza la subdola tentazione di metter mano a nuove riforme del Ministero. Si pensi che negli ultimi 10 anni di cosiddetti «progetti di riforma» ne sono transitati per via del Collegio Romano almeno quattro. Tutto ciò ha avuto come conseguenza l’immobilismo amministrativo e l’emergere di polemiche e faide paralizzanti, che hanno destabilizzato le buone volontà e i consapevoli saperi di coloro che hanno cercato e cercano di bene operare, sia a livello centrale che periferico.                                                                                                              - Se proprio si desidera innovare qualcosa, si cambi ciò che non va nell’attuale Regolamento ministeriale e si intervenga per migliorare il Codice dei Beni culturali, alla luce di quanto avvenuto dal momento della sua approvazione.
- Necessaria, al fine di un’effettiva funzionalità e operatività del Ministero, la reale condivisione di «buone pratiche» da parte di chi è impegnato nei settori amministrativi, legislativi e normativi di questa fondamentale «macchina» dello Stato. Pertanto si faccia una seria ricognizione tra il personale dirigente per individuare chi effettivamente sa oppure non sa allestire un’istruttoria secondo quanto previsto da leggi e norme e da un’autentica conoscenza della nozione di «bene culturale», così come questa si è storicamente evoluta nel nostro Paese.                                       A questo proposito, efficienza e trasparenza richiedono, solo per fare un esempio, che si sappia avviare e concludere, in tempi non geologici, una gara d’appalto, essendo questo Ministero, nelle sue varie istanze, incapace di spendere anche quel poco che gli viene assegnato.
- Sburocratizzare e semplificare al massimo le procedure per la detrazione di spese destinate alla conservazione di beni culturali, di proprietà pubblica o privata, secondo quanto già stabilito dal T.U. delle Imposte dirette.
- Ripristinare i contributi in conto interesse o in conto capitale congelati con una disposizione dal governo Monti. Si tratta di non più di 30 milioni all’anno per interventi sull’intero territorio nazionale.
- Estendere la categoria catastale più favorevole a tutti gli immobili vincolati nei termini definiti dal Codice dei beni culturali.
- Rafforzare le garanzie già previste dalla normativa vigente a tutela del permanere alla mano pubblica degli immobili storici di proprietà statale passati, o in procinto di esserlo, alla proprietà di enti locali.
- Considerare l’urgenza di emanare, in stretta collaborazione con gli enti locali, direttive di governo, allo scopo di regolamentare e contenere gli imponenti flussi turistici che stanno devastando non poche città antiche. I centri storici da anni subiscono una violenta spoliazione di quanto dovrebbe rientrare in una sostenibile qualità della vita e non riescono a tutelare gli incommensurabili patrimoni d’arte e di storia che custodiscono. Il caso più clamoroso, al sommo di una negatività non del tutto fino a ora compresa a livello nazionale, ma ben conosciuta in ambito internazionale, è quello rappresentato da Venezia, ma lo stesso può dirsi per Firenze e per molti altri centri storici.
- Dare impulso e continuità al Grande Progetto Pompei.
- Accelerare ciò che può essere recuperato, restaurato e riusato di quanto è stato distrutto dai terremoti in Abruzzo e in Emilia.
- Conservazione e gestione di siti eccezionali, quali Carditello, Certosa di Pavia, Certosa di Calci, Miramare.

Giulia Maria Mozzoni Crespi
Presidente onorario del Fai
- Super omnia: avvalersi di collaboratori che conoscano a fondo la materia e non persone arrivate attraverso simpatie, raccomandazioni e politica. Non importa se donne o uomini giovani o vecchi, l’importante è la competenza sui temi che trattano.
- Dotare le Soprintendenze di strumenti e mezzi adeguati finanziari per essere davvero efficaci nel loro lavoro di controllo. Attualmente ne sono totalmente privi.
- Rendersi conto che anche il bene artistico più pregiato perde valore se circondato da brutture. Una stretta collaborazione tra il Ministero dell’Ambiente e il Ministero dell’Agricoltura è fondamentale. Rimarcare che  un’agricoltura bella, sana e consapevole è parte integrante del nostro paesaggio. Per questa ragione va sostenuta attraverso una seria lotta ai veleni disseminati abbondantemente in tutta Italia e alle sementi Ogm che le multinazionali chimiche stanno cercando di introdurre in Europa.
- Riguardo al Piano Paesaggistico dei Sardi (Pps), sostenere il nuovo presidente della Regione Autonoma della Sardegna Francesco Pigliaru, sperando che nei suoi primi atti di Governo cancelli il piano paesistico voluto dal suo predecessore.
- Convincere le Regioni a orientare i fondi della Pac verso contributi agli agricoltori, favorendo il biologico, il biodinamico e la biodiversità. E in questa maniera favorire una maggiore occupazione.
- Fare il possibile per far comprendere come le bellezze artistiche e paesaggistiche del nostro Paese debbano avere una attenzione prioritaria se vogliamo che l’Italia riconquisti un ruolo primario nel turismo mondiale che attualmente ha perso.
- Un turismo di qualità è per il futuro un tema essenziale e prioritario. Va però profondamente studiato con indicazioni precise tra le quali, oltre alla proposta sui beni culturali, deve venir messa in evidenza la straordinarietà del nostro agroalimentare e del nostro artigianato unico al mondo, sottolineando che il nostro territorio le possiede entrambe, basta solo farle conoscere con proposte competenti e non generiche.

Carlo Olmo
Professore di Storia dell’architettura
al Politecnico di Torino
- Riprendere la legge sulla qualità architettonica ferma da anni e fondamentale se davvero si vuole intervenire non per episodi.
- Terminare e rendere esecutivo il lavoro, anche questo ancora in itinere, sulle architetture della seconda metà del Novecento, molte delle quali ben più che a rischio. E pensare a un sistema misto di vincoli e incentivi alla conservazione.
- Lanciare un piano di concorsi diffusi sul territorio sugli spazi pubblici, con limiti di età e senza vincoli di cordata. Oggi gli spazi pubblici sono quasi ovunque senza una vera progettualità politica e culturale.
- Favorire le sperimentazioni private e pubbliche di cohousing e coworking con defiscalizzazioni e microcredito.
- Trasferire in open access guide, dizionari, libri, articoli che possano favorire il crescere di una cultura della città e del territorio e un turismo informato e colto.
- Con il Ministero dell’Istruzione favorire l’ampliamento dell’insegnamento della Storia dell’arte, dell’architettura, del patrimonio, fondamentale per la coscienza civica del Paese...

Carlo Orsi
Presidente dell’Associazioni Antiquari d’Italia
- Codice dei Beni culturali adeguato al 2014.
- Sviluppare conoscenza del patrimonio artistico che non tutti conoscono.
- Dare lavoro a tutti i disoccupati dell’arte che le nostre Università sfornano.
- Promuovere le relazioni internazionali.
- Essere consci che l’Italia artisticamente parlando è il più bel Paese del mondo.
- Che il ministro tratti il suo Ministero con la consapevolezza di dirigere una risorsa fondamentale per il Paese.

Edek Osser
Giornalista
- Una vera riforma del Mibact: potere alle Soprintendenze, via le Direzioni regionali, meno burocrazia a Roma. La Cultura al centro di un progetto politico.
- Progetto Pompei: non permettere altri ritardi ed errori. In pericolo sito Unesco e finanziamenti Ue.
- Investire nel centro storico di Napoli: 200 chiese chiuse e depredate. Sito Unesco a rischio cancellazione.
- Priorità alla ricostruzione de L’Aquila, città morta a 5 anni dal sisma.
- Sbloccare i nuovi bandi per i servizi aggiuntivi fermi da 4 anni.
- Serve un controllo centrale per riuscire a spendere i fondi europei spesso sprecati o restituiti.
- Spazio a migliaia di volontari disponibili per custodia, manutenzione ecc. Una grande ricchezza frenata da difese corporative
- Dare uno status ai restauratori, nel caos da anni, mentre i restauri delle architetture antiche (Colosseo ecc.) sono affidati ai muratori
- Sgravi fiscali ai privati che donano fondi, restaurano gratis beni dello Stato e pagano l’Iva.
- Mettere in sicurezza argini di Basento e Bradano per evitare danni sistematici ai siti di Metaponto e Sibari.

Carlo Ossola
Critico letterario
- Salvare il Palazzo del Lavoro di Torino, capolavoro di Pier Luigi Nervi ed emblema dei 100 anni dell’Unità italiana, e della «città del lavoro» che è stata Torino (ora che se ne è andata anche la Fiat) e farne un Museo del Lavoro (per la sua capienza, bastano poche cose: altiforni, turbine, presse, linee di montaggio). Ne ho già scritto due volte sul «Sole». Qualche effetto l’ha avuto: dopo la definitiva sentenza del Consiglio di Stato, non può più diventare l’obbrobrioso supermercato che doveva divenire. Il dossier era sul tavolo del ministro Bray. Ma non basta impedire, perché intanto lo lasciano andare in malora.

Salvatore Settis
Scuola Normale Superiore di Pisa
- Capire e far capire che paesaggio e patrimonio artistico non sono «petrolio» (una risorsa da consumare). Sono l’aria che respiriamo, il sangue nelle vene, la storia e la memoria, l’incarnazione dell’idea di cittadinanza, la piattaforma di consapevolezza e di orgoglio su cui costruire progresso, sviluppo, lavoro, democrazia.
- Incidere sulla struttura del Ministero «dimagrendo» drasticamente la burocrazia del centro e le Direzioni regionali e accrescendo l’importanza e la funzione delle Soprintendenze territoriali, con forte autonomia legata a un sistema di controlli, incentivi e disincentivi.
- Immettere sangue nuovo nel personale ministeriale (età media oggi: 57 anni), mediante almeno 1.000 nuove assunzioni basate esclusivamente su competenza, esperienza e merito, con concorsi a raggio europeo.
- Tornare almeno ai livelli di investimento pubblico anteriori all’efferato taglio Berlusconi-Tremonti-Bondi (2008), sapendo che i contributi privati sono «virtuosi» solo se si innestano su forti politiche pubbliche.
- Incoraggiare il mecenatismo vero, quello di chi dona a fondo perduto (da premiare con defiscalizzazioni mirate) e tenere a bada il patriottismo for profit di chi investe in beni culturali solo per averne un rientro economico.
- Ridare orgoglio e autoconsapevolezza agli operatori del settore, frustrati da una lunga disattenzione e marginalizzazione.
- Riassunto dei punti precedenti. Insomma, applicare l’art. 9 della Costituzione, avendo consapevolezza che la tutela del patrimonio storico-artistico e del paesaggio è uno snodo essenziale nell’orizzonte dei diritti del cittadino, nella coesione della comunità.

Vittorio Sgarbi
Critico d’arte
- Il nuovo ministro deve recepire la prima felice intuizione del suo predecessore che, come primo atto di Governo, si recò all’Aquila. L’emergenza della ricostruzione è il principale atto qualificante dello Stato, sotto qualunque Governo. Nel caso di Franceschini, e sia pure in una situazione meno drammatica, c’è anche quello di uscire dall’immobilismo colpevole, soprattutto per ciò che riguarda i monumenti, dopo il terremoto dell’Emilia-Romagna e della Lombardia. La restituzione o la ricostruzione del patrimonio monumentale non può che essere la priorità per il ministro dei Beni culturali. Bray, il primo giorno del suo mandato, andò a L’Aquila. Franceschini, anche più facilmente, dovrà andare, da ministro, a Ferrara.
- Preso atto della consapevolezza che il Mibact è il principale ministero economico, perseguire l’obiettivo della fusione con il Ministero dell’Economia, e quindi del patrimonio reale, con l’obiettivo di istituire il Ministero del Tesoro dei Beni culturali. Obiettivo necessario, anche se in tempi non brevi, ma occorre iniziare a diffonderne la consapevolezza e la necessità.
- Restituire pienamente la funzione pedagogica e formativa dell’arte. Stabilire, contro ogni equivoco strumentale, la gratuità dei musei pubblici come luoghi di educazione e formazione. Potenziare, contestualmente, le strutture di servizio: mostre temporanee, incontri culturali, animazioni, attività teatrali, disponibilità degli spazi alla promozione delle imprese, dialogo con il mondo della moda, alla pari, ristoranti, librerie, punti vendita, in condizioni e situazioni più invitanti, a partire da una nuova rimodulazione degli orari come per il teatro e per il cinema. Apertura dalle 17 alle 24 per tutti i musei statali, apertura dalle 10 alle 14 soltanto per i musei principali nelle città dei poli museali: Venezia, Firenze, Roma, Napoli e anche Milano e, in alternativa, per i musei con minore afflusso, apertura mattutina per scolaresche e gite organizzate. I cittadini debbono poter visitare i musei della propria città, gratuitamente, quando ne hanno il tempo. Prenotazioni a pagamento negli orari di chiusura tra le 14 e le 17 e tra le 24 e le 2,00. Non sembri strano: i giovani vanno in discoteca, ma non hanno alternativa se i musei sono chiusi. Brera potrebbe concorrere con l’Hollywood.
- Occuparsi della tutela delle città rispetto all’interventismo insensato degli enti locali, con la trasformazione distruttiva di spazi urbani e l’abbattimento di edifici preesistenti. Emblematico il caso di piazza Verdi a La Spezia. Ma anche l’Ara Pacis, la piazza di Colle Val d’Elsa, le scuole lambruschine a Figline e altri orrori.
- Restituire autonomia finanziaria ai grandi istituti museali. Riformare l’articolazione delle Soprintendenze, rivederne le funzioni, riaccorpando le Soprintendenze ai Beni architettonici con quelle per i Beni artistici sotto la guida di un soprintendente storico dell’arte. Come si sa e come si vede, pitture e sculture convivono con le architetture nel Refettorio, con l’Ultima Cena di Leonardo, nella Certosa di Pavia, nel Tempio Malatestiano, nella Cappella Brancacci, in San Francesco ad Arezzo, in Palazzo pubblico a Siena, nella Cappella degli Scrovegni e in migliaia di monumenti civili e religiosi d’Italia.
- Il ministro deve dotarsi, tra i suoi principali collaboratori (Capo di Gabinetto, Direttore generale, consiglieri personali) di storici dell’arte e non solo di architetti e amministrativi, pur tecnicamente utili. Eviterà con ciò acquisti sbagliati, come il celebre Crocifisso attributo a Michelangelo e molti altri passati sotto silenzio ma non meno inutili.
- Moltiplicare i vincoli architettonici e trasformare le notifiche sui Beni mobili da vincoli di polizia a vincoli di conoscenza, dotando ogni opera d’arte, dagli 80 anni in su, di una vera e propria carta d’identità come le persone o come la targa e il libretto di circolazione per le automobili che sono certamente beni meno importanti. La notifica deve avere carattere europeo e non essere limitata ai confini d’Italia, senza controllo, consentendo la libera circolazione delle opere come per le persone, e mantenendo il diritto di prelazione tra i privati per ogni transazione anche senza il limite fisico territoriale. Che un privato abbia l’opera notificata e cioè conosciuta, in casa sua a Bergamo o Vienna, poco importa; importa che lo Stato possa comprarla come può acquistare sul mercato internazionale. L’unico vincolo serio è quello della conoscenza.
- Istituire, nella consapevolezza di un nuovo rapporto tra pubblico e privato, e anche per le riconosciute benemerenze nella ricerca degli antiquari, una commissione mista sulla circolazione delle opere per ridare vita a un mercato mortificato rispetto alle altre nazioni europee. E non si dica che sono per noi più forti i rischi, perché da 50 anni sono molte più le opere che entrano in Italia di quelle che escono, grazie a un collezionismo esteso e qualificatissimo, omologando nei principi e nel rispetto l’arte antica e l’arte contemporanea. Il ministro osservi che il trittico di Bacon recentemente venduto sul mercato internazionale a 150 milioni di dollari, proveniva dall’Italia. Niente di male. Un altro ne entrerà.
- Definire un percorso di identificazione del patrimonio archeologico privato con la richiesta, senza conseguenze penali, di una «declaratio» che consenta di valutare l’importanza dei reparti per classificarli ed eventualmente notificarli o acquisirli, al di là della mera confisca anche di oggetti irrilevanti o irrelati. La catalogazione di tutti, e la conoscenza di ciò che è sommerso, sono più importanti anche per gli eventuali vincoli del sequestro, inteso come misura meramente punitiva da cui si sfugge occultando i beni. Si presume in numero di milioni dal sequestro, spesso episodico, di materiale poco rilevante.
- Acquisire la Collezione Torlonia al patrimonio dello Stato e dotarla di un museo d’importanza pari alle collezioni dei Musei Vaticani e dei Musei Capitolini: 630 culture. E, parallelamente, restituire, con un concordato tra la proprietà e lo Stato, il più bel sito di Roma moderna, Villa Albani, alla pubblica conoscenza.

Anna Somers Cocks
Già presidente della Fondazione Venice in Peril e Ceo di «The Art Newspaper»
- Il nuovo Presidente del Consiglio si garantirebbe fama imperitura se facesse sì che Venezia avesse un piano di gestione serio e lungo termine, sia per affrontare la questione del turismo, attualmente viziata da una politica insostenibile di laissez-faire, sia per il problema ancora più grave dell’innalzamento del livello del mare. Il rapporto dell’Intergovernmental Panel on Climate Change 2013-2014 prevede un aumento tra i 29 e gli 82 cm entro la fine di questo secolo, che comporterà gravissimi danni agli edifici di Venezia e la sua eventuale distruzione se non viene messa in atto adesso una politica coerente su come affrontare il problema. Le barriere mobili sono necessarie per la protezione della città contro gli eventi eccezionali che causano le acque alte ma non possono, né sono stati concepiti per farlo, proteggere la città contro questa «malattia» cronica. Renzi potrebbe cominciare con l’esigere che i ministri dei Beni culturali e Turismo e dell’Ambiente leggano i due rapporti su questo argomento compilati nel 2011 da scienziati molto qualificati su richiesta dell’ufficio dell’Unesco a Venezia. Sono corti ma importantissimi.

Nicola Spinosa
Storico dell'arte, già soprintendente al Polo Museale Napoletano
- Eliminazione del Segretariato generale, quasi doppione del Capo di Gabinetto.
- Concentrazione e riduzione delle Direzioni generali (a partire da quella per la Valorizzazione), lasciando la sola Direzione generale per il personale e per l'aggiornamento professionale (continuo, costante e indispensabile), unificando da un lato quelle degli Archivi e delle Biblioteche e dall'altro quelle dei Beni architettonici, paesaggistici, archeologici, storico-artistici ed etnoantropologici.
- Eliminare le Direzioni regionali, lasciando il coordinamento territoriale al Soprintendente più alto in grado (in alternativa, eliminare quelle delle regioni di minori dimensioni, da accorpare con quelle di maggiori dimensioni (esempio: Abruzzo e Molise, Basilicata e Calabria o Puglia, Umbria e Marche).
- Eliminare le Soprintendenze Speciali per i Poli Museali, assegnare autonomia gestionale ai Musei nazionali e affidare alle Soprintendenze compiti territoriali e responsabilità dei musei «minori».
- Svecchiamento del personale scientifico, tecnico e amministrativo (ormai quasi tutto al limite del pensionamento e, in ogni caso, fortemente «usurato»), insieme alla selezione dei dirigenti di ogni grado e livello (Direttori generali, Soprintendenti e Direttori dei Musei nazionali) attraverso concorsi pubblici, sia nazionali che internazionali, e con contratti triennali o quinquennali rinnovabili solo se effettivamente raggiunti gli obiettivi programmati, motivati e pubblicamente indicati.

Bernardo Tortorici di Raffadali
Presidente dell’Associazione Amici dei Musei Siciliani
- Battersi per aumentare la dotazione per il Ministero.
- Trattare il paesaggio come un bene culturale, tutelandolo, restaurandolo e valorizzandolo.
- Concordare con il Ministero dell’Istruzione l’obbligo di inserire la visita presso musei e beni culturali nel percorso formativo delle scuole di ogni ordine e grado e difendere l’insegnamento della Storia dell’arte.
- Totale detrazione fiscale per le donazioni e le sponsorizzazioni a favore di restauri o recuperi di beni culturali.
- Detassazione sulle dimore storiche private e totale detrazione fiscale sui lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria.
- Investire in comunicazione.
- Qualificazione e riqualificazione del personale addetto.
- Investire sull’archeologia con campagne di scavi importanti e ricerche sottomarine.
- Riformare il Consiglio Superiore dei Beni culturali.
- Fare programmazione e richiedere la programmazione!

Vincenzo Trione
Giornalista del «Corriere della Sera»
- Attenzione al contemporaneo.
- Moralità e meritocrazia nelle scelte.
- Rapporto tra Ministero dei Beni culturali e Ministero della Ricerca per attribuire alla Storia dell’arte una nuova centralità nei programmi scolastici.
- Collaborazione laica con i privati, salvaguardando per il pubblico la responsabilità nelle scelte.
- Valorizzare i beni culturali con rispetto ma senza temere le contaminazioni tra storia e attualità.

Marco Vallora
Giornalista di «La Stampa»
Posso chiedere d’esimermi dai pallini e dai punti programmati e di riempire lo spazio analogo con un debito sermoncino? Ma perché dovrebbe «passare» come normale ed etico il fatto che debba essere, finto-democraticamente, il cittadino a dare i suoi aiutini, i suoi contributi, i suoi suggerimenti. Non sarebbe più logico avere un ministro finalmente, che sia lui esperto in sé, magari un tecnico specializzato, visto che si decanta tanto di rottamazioni utopiche e che non abbia nessun bisogno di soffiatine, consigli e pallini? L’unico «punto» che potrei riempire e auspicare è quello di una sana, doverosa, inevitabile normalità efficace, cioè quello che si dovrebbe fare e non si è mai fatto abbastanza. Un ministro vero, saggio, che sappia appunto il suo daffare, che abbia polso, capacità d’ascolto e di sguardo vigile, e soprattutto un reale portafoglio, senza blaterare tanto di giacimenti petroliferi e di evviva l’Italia che ha la più alta percentuale di capolavori. Insomma, che faccia funzionare le strutture che c’erano e in parte sono state criminalmente disattivate e non si limiti a cambiare le etichette, per fingere di cambiare le cose. Con risultati disastrosi, lo sappiamo bene: dimenticando una volta l’archeologia, come la moglie in autostrada, oppure l’arte contemporanea, o il paesaggio. Persino nelle etichette. Non chiedetemi se Franceschini, a parte la sua simpatia umana, l’efficacia persuasiva, e nonostante la sua attività narrativa, sia la persona giusta, il Messia planato tra noi.

Alberto Vanelli
Direttore La Venaria Reale
- Inserire nella campagna televisiva delle Pubblicità Progresso la promozione dei beni culturali del nostro Paese
- Conferire autonomia organizzativa e gestionale ai complessi monumentali per consentire capacità organizzativa e autofinanziamento con la partecipazione di soggetti privati non profit.
- Costruire una rete italiana delle mete principali del turismo culturale da promuovere all’estero come itinerario possibile, ad arricchimento delle abituali Roma, Firenze e Venezia.
- Politica di alleggerimento fiscale per la cultura riducendo l’Iva e favorendo l’erogazione di fondi da parte di mecenati privati.
- Onorarci di una visita alla Venaria Reale per ammirare la Reggia d’Italia e lo splendore della mostra sugli Este, realizzata in collaborazione con Soprintendenza per i Beni storici e artistici di Modena, e la Galleria e Biblioteca Estense di Modena, sotto l’Alto Patronato della Presidenza della Repubblica, come gesto di solidarietà con le terre colpite dal recente terremoto.

Bruno Zanardi
Professore associato di Teoria e Tecnica del Restauro, Università di Urbino Carlo Bo
- Attuare il progetto di Giovanni Urbani d’una conservazione preventiva e programmata del patrimonio artistico in rapporto a quella dell’ambiente.
- Restiture all’Istituto Centrale del Restauro (ridefinendone completamente l’attuale organigramma) l’originario ruolo di luogo d’indirizzo e controllo della ricerca scientifica nel settore conservativo, ricerca scientifica da condurre in stretta collaborazione con l’Università e i laboratori di ricerca dell’Industria.
- Istituire una scuola universitaria internazionale di alti studi, a numero chiuso e accessibile solo per figure già in possesso d’una laurea, dove formare i soprintendenti e i conservatori che dovranno attuare sul territorio la conservazione preventiva e programmata del patrimonio artistico in rapporto a quella dell’ambiente.
- Dare il via a un’inventariazione speditiva del patrimonio artistico, visto che nessuna tutela può darsi se si continua a non sapere di quanti numeri è costituto, dove si trovi e con quali materiali sia realizzato il patrimonio che si vuole conservare.
- Prendere atto che, in Italia, le parti pubbliche e private del patrimonio artistico sono tra loro indisgiungibili, essendo entrambe fondanti il paesaggio storico urbano, agrario e naturale. Quindi chiamare Soprintendenze, Regioni, Province, Comuni, Proprietari privati e Chiesa a un lavoro comune (definito con la massima precisione) per la salvaguardia e la cura del patrimonio storico e artistico e del paesaggio dell’Italia.
© Riproduzione riservata

da Il Giornale dell'Arte  - edizione online del 25 febbraio 2014