Melley: rilevare i bisogni, individuare le priorità, dare risposte condivise
Proporre alla comunità strumenti d’azione a favore di welfare e cultura il più possibile condivisi nella loro costituzione, nella gestione, o tramite una comunicazione altamente interattiva, è il fattore strategico su cui punta la Fondazione Carispezia per svolgere il proprio ruolo istituzionale sul territorio di riferimento. La Fondazione ha scelto di porsi come autentico attivatore sociale della sua comunità, mobilitando risorse terze, da finalizzare insieme alle proprie, e soprattutto stimolando la presentazione di proposte di intervento rispetto alle quali indicazioni di priorità vengono tratte da propedeutiche rilevazioni e analisi dei bisogni, che coinvolgono regolarmente le organizzazioni locali e gli stessi cittadini. A Matteo Melley, che presiede la Fondazione ed è stato di recente confermato alla guida del Comitato Piccole e Medie Fondazione di Acri, abbiamo rivolto alcune domande su questa scelta. Dalle sue risposte emerge che anche “piccolo” è bello e soprattutto riesce a far germinare progetti di innovazione sociale nella comunità.
Presidente Melley, come nasce la scelta della Fondazione di promuovere un confronto approfondito con la cittadinanza e quando?
Il tema di un’attenta analisi dei bisogni è da sempre presente nel nostro modo di agire. D’altronde la missione delle Fondazioni è quella di aggiungere qualità alla vita dei cittadini, con un ruolo certamente sussidiario rispetto al pubblico, ma comunque rivolto all’interesse della collettività. Sicché direi che rilevarne i bisogni e identificare le priorità su cui possiamo intervenire, da soli o con altri soggetti, fa parte, se posso usare questo termine, del nostro mestiere. Di recente, però, abbiamo fatto di quest’uso del confronto un metodo, codificato nei nostri documenti programmatici e in sintonia con le indicazioni emerse in ambito associativo con la Carta delle Fondazioni, dotandoci, di volta in volta, degli strumenti più idonei per metterlo in pratica.
Che cosa intende per metodo?
Non è più solo una prassi, ma un modo consapevole, consolidato e strutturato di proporsi rispetto alla comunità. La definizione dei programmi e delle linee d’azione contenuti nell’ultimo Documento Programmatico Pluriennale, e nei suoi aggiornamenti annuali, è esattamente il risultato del confronto con enti pubblici e organismi rappresentativi della realtà locale. Tramite incontri con gli stakeholder e all’interno di tavoli di confronto, che forniscono alla Fondazione spunti di riflessione e analisi sulla situazione contingente nei vari settori d’intervento, abbiamo instaurato un dialogo concreto con il territorio, che ci sta dando buoni frutti.
Qualche esempio?
Per esempio, è fondamentale, nel settore dell’Assistenza Sociale, l’attività di analisi svolta da un Tavolo Sociale creato dalla Fondazione fin dal 2011, a cui aderiscono i Distretti socio-sanitari provinciali, la Società della Salute della Lunigiana, il Forum del Terzo Settore e il Centro Servizi per il Volontariato “Vivere Insieme”. Il lavoro di questo Tavolo si basa sulla valutazione delle situazioni su cui intervenire, lavorando in sinergia con tutti i partner, che conoscono le esigenze dei cittadini e possono progettare un sistema di interventi. Dal 2015, poi, la Fondazione, in collaborazione con il Tavolo Sociale, ha avviato ulteriori modalità di ascolto e confronto con i vari stakeholder, seguendo un innovativo modello di partecipazione che consente l’efficace programmazione, gestione e monitoraggio degli interventi. La percezione dei bisogni di welfare è stata rilevata tramite un questionario online a cui hanno risposto 161 persone appartenenti al Terzo settore o ad Enti pubblici. Ne sono derivate informazioni utili, che evidenziano come emergenti le problematiche economiche e la crisi della struttura famigliare, trasversale a tutte le aree di competenza della Fondazione: povertà, disagio giovanile, disabilità, servizi alla persona. Nel 2016, inoltre, abbiamo affidato all’Irs Istituto per la Ricerca Sociale il compito di approfondire ulteriormente l’analisi dei bisogni sociali del territorio, coinvolgendo anche quei soggetti che possono mettere in campo risorse preziose per lo sviluppo di conoscenze condivise, essenziali alla modulazione e riprogrammazione delle nostre politiche di intervento.
So che a La Spezia si sta pensando di creare una Fondazione di Comunità.
Esatto. Il frutto più significativo del confronto ritengo sia il fatto che siamo riusciti a far crescere una vera e propria rete sociale, composta da soggetti pubblici e privati, ognuno con le proprie capacità e risorse, in grado di realizzare un autentico welfare di comunità. È da questo percorso che ci auguriamo possa nascere una Fondazione di Comunità, in cui la condivisione non solo delle scelte ma anche del patrimonio con altri soggetti, pur riducendo in questo contesto l’autonomia della Fondazione Carispezia, le consentirebbe di realizzare iniziative ancor più partecipate dalla comunità, che aderirebbe alla realizzazione del nuovo soggetto con risorse proprie. Circa cinquanta enti sono stati coinvolti in un lavoro di analisi partecipata dei bisogni da correlare al percorso volto alla creazione di una Fondazione di Comunità, come modello innovativo e sperimentale, in linea con il progetto promosso da Acri dal titolo “Le Fondazioni e il welfare. Analisi, prospettive e modelli di intervento”. È stato loro chiesto di riflettere sulla proposta e di partecipare, nel corso del 2016, a focus group dedicati, grazie ai quali si sono potute acquisire informazioni utili all’organizzazione del percorso, attraverso una procedura realmente partecipata.
Tornando alle attività già in corso, con quali strumenti selezionate i progetti di terzi da sostenere?
In conformità a quanto previsto dal nuovo Regolamento di Erogazione, ispirato a criteri di trasparenza, imparzialità e accesso all’informazione, nonché in linea con quanto suggerisce il Protocollo Acri-Mef, la Fondazione sostiene progetti di terzi sia potenziando lo strumento del Bando di erogazione, estendendolo a tutti i settori rilevanti e affiancandovi le procedure di Extra-bando e di Call for proposal, sia sollecitando mediante canali online la proposta di nuove idee progettuali destinate a trasformarsi in iniziative di diretta realizzazione. Al riguardo è stata costituita una bacheca virtuale, realizzata con uno strumento gratuito disponibile sul sito web della Fondazione e utilizzabile attraverso un link inviato a tutti i partecipanti ai corsi di formazione per l’elaborazione di progetti, abitualmente proposti dalla Fondazione. Esso consente di condividere le idee progettuali e cercare partner utili alla definizione del progetto. Nell’ottica della trasparenza e della condivisione abbiamo anche rinnovato e aggiornato l’intero sito internet della Fondazione, rendendolo più moderno, dinamico, facilmente navigabile e in grado di garantire il più completo accesso all’informazione e all’interazione con gli stakeholder.
Qual è l’obiettivo finale di questo dialogo così sistematico?
La Fondazione intende esplorare a fondo le capacità progettuali e realizzative provenienti dal contesto territoriale, favorendo la creazione di occasioni di rete tra soggetti autonomi, catalizzate dallo strumento del Bando, nelle modalità collaudate positivamente negli ultimi anni in ambito sociale. La raccolta di idee nuove, inoltre, contribuisce ad ampliare le possibilità di interazioni per i cosiddetti progetti propri della Fondazione, rafforzandone l’efficacia. In questi progetti, infatti, privilegiamo la sperimentazione e valorizziamo i partenariati operativi, non formali, al fine di evitare sovrapposizioni, creare sinergie, sviluppare l’innovazione sociale e dare sostenibilità alle iniziative. Qui la Fondazione riveste, a tutti gli effetti, il ruolo di soggetto responsabile e di coordinamento delle azioni e degli altri soggetti, pubblici e privati, coinvolti. Peraltro, il nostro obiettivo ultimo è supportare progetti che nel tempo siano in grado di rendersi auto-sostenibili; sicché concentriamo l’intervento della Fondazione nella fase di avvio delle varie iniziative.
Veniamo al campo della cultura. Siete particolarmente attivi?
Anche lì, in analogia a quanto già consolidato sul fronte del welfare, sono state poste le basi per la creazione di un Tavolo della Cultura, partecipato dal Comune della Spezia e dalle organizzazioni culturali cittadine. È uno strumento di consultazione permanente che si propone di favorire il dialogo e il confronto con le organizzazioni non-profit (associazioni, cooperative sociali, imprese sociali, fondazioni, ecc.) operanti nel settore, al fine di analizzare l’offerta culturale cittadina, individuando le linee prioritarie di intervento. Il percorso che ha portato alla formazione del Tavolo si è aperto nell’ottobre scorso con il censimento Insiemècultura, attraverso il quale sono state individuate oltre 70 organizzazioni attive nei tre ambiti principali di intervento culturale della Fondazione: Teatro-Musica- Danza; Formazione e Attività culturali in discipline umanistiche e tecnico-scientifiche; Arti Visive. Voglio poi ricordare, nel campo della cultura, l’importante Protocollo d’intesa firmato dalla Fondazione Carispezia con le Fondazioni di Carrara, Livorno, Lucca e Sardegna. Il nostro proposito è quello di creare un network capace di valorizzare gli indirizzi e le iniziative culturali già attive nei nostri rispettivi territori, attraverso la condivisione di risorse, strutture e idee, nonché avviare un’importante apertura verso orizzonti europei e internazionali. Intendiamo, infatti, predisporre un progetto comune, da presentare per il bando Ue sull’Asse Cultura del “Programma Transfrontaliero Italia Francia 2014-2020”. Aggiungo che la firma di questo Protocollo si configura come un ulteriore passo avanti nella trasformazione del ruolo delle Fondazioni da sponsor a investitori culturali responsabili delle ricadute dei propri investimenti e – analogamente ad altri investitori – attenti anche alla ricerca di finanziamenti utili a rafforzare il settore dei Beni e delle attività culturali. Colgo l’occasione per fare un brevissimo cenno alla crescente importanza, non solo in questo campo, dei cosiddetti Mri - Mission Related Investment, ovvero quegli investimenti di patrimonio che partecipano alla mission istituzionale contribuendo a rafforzare l’attività erogativa delle Fondazioni.
Concludendo?
Concludendo: il cerchio di un corretto svolgimento dell’attività istituzionale di una Fondazione di origine bancaria non si chiude se non si dà adeguata importanza alla necessità di verificare concretamente le ricadute sul territorio dei propri interventi. Questo rende indispensabile il potenziamento delle attività di valutazione e monitoraggio dell’impatto e degli effetti dei progetti finanziati e promossi. In questo senso si sta muovendo la Fondazione Carispezia. Particolare attenzione stiamo riservando alle attività di valutazione e monitoraggio di tutte le iniziative sostenute, realizzate da terzi o direttamente dalla Fondazione, anche tramite l’utilizzo di figure professionali con specifiche competenze e selezionate secondo criteri di oggettività e trasparenza.
da "Fondazioni" maggio-giugno 2016