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MEF Museo Ettore Fico. Il museo vicino a casa tua

  • Pubblicato il: 16/03/2015 - 00:22
Rubrica: 
FONDAZIONI E ARTE CONTEMPORANEA
Articolo a cura di: 
Giangavino Pazzola

 
Torino. Sono addirittura quattro le mostre inaugurate all’ interno dell’ex fabbrica situata nel quartiere periferico di Barriera di Milano il 21 febbraio scorso: una mostra antologica del fotografo francese Jacques Henri Lartigue (a cura di Andrea Busto) in collaborazione con l’omonima Donation; il racconto delle potenzialità odierne della progettazione plastica in Plastic days – materiali e design (a cura di Cecilia Cecchini e Marco Petroni); una personale con interventi site specific di Anita Molinero (a cura sempre di Andrea Busto e del dipartimento ART Relazioni con il Territorio, Lorena Tadorni) che sembra essere trait d’union semantico e territoriale delle attivazioni di cui il MEF si sta facendo portatore e, ultima ma non ultima, la collettiva DAB Design per Artshop e Bookshop in collaborazione con GAI - Associazione per il Circuito dei Giovani Artisti Italiani e realizzato dall'Ufficio Giovani d'Arte del Comune di Modena.
 
Una mole importante di forme, contenuti e relazioni messe sul tavolo della discussione contemporanea – quindi – che rispecchia in pieno la vocazione costitutiva di questo nuovo ente. Secondo Busto, infatti, «il MEF dovrà essere un museo molto vivo e vario. Pur conservando le opere di Ettore Fico, la nostra idea è di lavorare su tre nuclei annuali di mostre della durata di quattro mesi l’uno, per avere sempre una presenza fresca di pubblico e un’attività espositiva molto dinamica. La presenza di Ettore Fico è data dalla permanenza all’interno degli spazi espositivi di una o due opere per volta, che vengono ciclicamente sostituite con un’alta frequenza: ogni mese si potrà vedere un lavoro dell’autore torinese che può essere un disegno, un’opera ad olio, dei taccuini, delle piccole sculture e così via. Dare dei flash continui mi sembra possa contribuire a farci avere una visione rispetto al mondo sempre fresca e dare modo, a chi viene a trovarci, di ritornare per vedere sempre dei percorsi espositivi nuovi».
 
Un lavoro che parte e guarda lontano, da quando Andrea Busto è diventato direttore artistico della Fondazione Ettore Fico otto anni fa, occupandosi «prima della catalogazione di tutte le opere in possesso dalla famiglia e, in un momento successivo, anche di quella delle opere che erano state acquisite in altre collezioni private». In seguito, la famiglia ha deciso di dar vita ad un luogo nel quale venisse conservato esposto tale patrimonio con una ricerca «che si è conclusa dopo due anni su quest’edificio in via Cigna, perché aveva le caratteristiche giuste per poter diventare un museo e un luogo di conservazione delle opere e anche un luogo molto vivo e pubblico. Un lavoro lungo, quasi filologico, perché – dice Busto – «volevamo conservare lo spirito degli anni 50 e 60 di cui l’edificio è permeato totalmente, creando un ambiente contemporaneo adatto alla tipologia di mostre in programma e, oltretutto, ad ospitare opere prestate anche da grandi istituzioni pubbliche che prevedono delle tipologie e delle indicazioni di esposizione e conservazione molto precise».
 
Ma l’attività espositiva non è l’unica direzione verso la quale il museo cerca di orientarsi. Considerato l’insediamento in un quartiere periferico come Barriera Di Milano, che tenta un proprio riposizionamento all’interno della nuova cornice in campo culturale e turistico che la città di Torino sta cercando di perseguire; la specificità della zona stessa che – storicamente – si è caratterizzata per un duplice insediamento migratorio (tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta di stampo meridionale e, attualmente, di carattere comunitario ed extra-comunitario) e per la presenza di localizzazioni produttive ed industriali che ne hanno plasmato un’identità reale; è molto forte l’importanza che assume la dimensione sociale e relazionale che il museo intrattiene con gli attori territoriali. Il Museo Ettore Fico, infatti, si è instaurato in Barriera di Milano perché «pensiamo che sia un quartiere ricco di possibilità e potenzialità espressive: il quartiere ha una storia recente e affascinante, con peculiarità multietniche spiccate, e anche le caratteristiche architettoniche degli edifici ci sono sembrate interessanti perché si prestano ad una facile acquisizione o affitto rispetto alle metrature molto particolari e ampie. Il massimo auspicabile per i creativi. Qui attorno troviamo loft, bassi fabbricati, officine che si prestano ad essere insediamenti per artisti e professionisti presenti in città perché qui possono trovare dei luoghi che stimolano l’espressività e – allo stesso tempo – permettono di sostenere dei costi vantaggiosi». Quasi la visione di una logica di distretto culturale, insomma, che vede il Museo Ettore Fico come promotore – insieme al programma di sviluppo urbano del Comune di Torino “Urban” – di un tavolo per le arti visive che racchiude più di 40 persone tra artisti, architetti, galleristi, grafici e designer con età media dai 30 ai 45 anni.
 
Un museo che cerca di non fermarsi mai e che, grazie anche al prezioso contributo di Giuseppe Galimi – responsabile delle relazioni esterne – e di Lorena Tadorni – coordinatrice della sezione ART (relazioni con il territorio) – prova a costruire nuove comunità e progettazioni condivise con vari operatori culturali di più discipline, allungandosi verso una scala globale per imbastire nuovi networks di collaborazione oppure aprendosi ad ospitare esperienze provenienti dal territorio circostante o diventando loro stessi prolungamento dell’azione del museo in altri spazi della città. Come nella collaborazione con l’artista Alessandro Bulgini, che ha progettato degli interventi nello spazio urbano con decorazioni in gesso nelle zone pubbliche del quartiere, spin-off di una serie di interventi urbani che potrebbero arrivare ad un evento annuale per Torino Capitale Europea dello Sport.
 
Una visione etica di museo, quella di aprirsi agli artisti e alle persone su più scale territoriali contemporaneamente e sviluppare così nuove forme di programmazione, produzione e pubblico. Un nuovo soggetto che vuole essere patrimonio riconosciuto sul panorama nazionale e internazionale senza trascurare i cittadini; un luogo che lentamente diventa spazio agito da chi abita le “città lontane”, quelle fatte di lavoro quotidiano che non lascia tempo ai circuiti museali tradizionali e d’élite, quelle distanti (forse per incapacità di visione urbanistica?) da quei centri storici sempre più rigidi, polverosi, standardizzati nell’offerta culturale e incapaci di catturare i flussi di pensiero odierni. La sfida è lanciata e il problema è unico: potrà la cultura «rammendare» le periferie?
 
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MEF, Museo, GAI - Associazione per il Circuito dei Giovani Artisti Italiani, Ettore Fico