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La terra inquieta

  • Pubblicato il: 14/12/2016 - 20:20
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Rubrica: 
FONDAZIONI D'IMPRESA
Articolo a cura di: 
Redazione

Chi fa arte si pone di nuovo il problema della sua responsabiltà rispetto agli eventi che cambiano il mondo”. Massimiliano Gioni, tra i più influenti curatori d’arte contemporanea al mondo prova a rispondere alla domanda “A cosa serve l’Arte oggi?”, sulla quale il Giornale della Fondazioni, accogliendo la domanda posta da The Art newspaper, ha lavorato. “L’attualità vince su tutto” afferma Gioni presentando la mostra sull’immigrazione alla Triennale di Milano, che sta preparando per la prossima primavera, grazie alla Fondazione Trussardi. “L’arte è politica. E’ finito il tempo delle provocazioni

Nella ridondanza delle immagini sul fenomeno delle migrazioni, mentre Alejandro Gonzalez Inarritu propone di installare una barca approdata, con il suo carico umano, sulle nostre coste, viene presentata da uno dei più influenti curatori internazionali, Massimiliano Gioni, la sua prossima mostra. Dal 28 aprile al 20 agosto 2017, alla Triennale di Milano, Fondazione Nicola Trussardi andrà in scena “La Terra Inquieta, parte del programma del Settore Arti Visive della Triennale diretto da Edoardo Bonaspetti.
 
Un titolo, La Terra Inquieta, preso a prestito da una raccolta di poesie dello scrittore caraibico Édouard Glissant,  che muove la sua ricerca sulla coesistenza tra culture diverse – per una narrazione polifonica che il curatore definisce “urgente e doverosadel presente come “un territorio instabile e in fibrillazione”, attraversata da tensioni.

Sono oltre cinquanta artisti provenienti da vari paesi del mondo – tra cui Albania, Algeria, Bangladesh, Egitto, Ghana, Iraq, Libano, Marocco, Siria e Turchia – come Pavel Althamer e Steve McQueen,Bouchra Khalili, Yto Barrada, Phil Collins-- con documenti storici e oggetti di cultura materiale, chiamati a parlare delle trasformazioni epocali che stanno segnando lo scenario globale e la storia contemporanea, in particolare affrontando il problema della migrazione e la crisi dei rifugiati.
 
La Terra Inquieta esplora geografie reali e immaginarie, ricostruendo l’odissea dei migranti e le storie individuali e collettive dei viaggi disperati dei nuovi dannati della Terra. Il percorso si snoderà attraverso una serie di nuclei geografici e tematici – il conflitto in Siria, lo stato di emergenza di Lampedusa, la vita nei campi profughi, la figura del nomade e dell’apolide – a cui si intersecheranno opere di forte impatto: vere e proprie metafore visive e monumenti precari eretti a commemorazione di questo nostro breve e instabile scorcio di secolo.

Ponendo l’accento sulla produzione artistica e culturale più che sulla cronaca, La Terra Inquieta si concentra in particolare sul ruolo dell’artista come testimone di eventi storici e sulla capacità dell’arte di raccontare cambiamenti sociali e politici. Mentre i media e la cronaca ufficiale raccontano di guerre e rivoluzioni viste a distanza, molti artisti conoscono e descrivono in prima persona il mondo da cui provengono i migranti.
Gli Artisti scelti, come afferma il curatore in conversazione con Dario Pappalardo de La Stampa “vanno al di là della rappresentazione, per presentare la complessità. Chi fa arte si pone di nuovo il problema della sua responsabilotà rispetto agli eventi che cambiano il mondo.
Le opere in mostra , “quasi documentari sentimentali che si pongono l’obiettivo di immedesimazione da parte dello spettatore, uscendo dalle facili seduzioni patinate”, rivelano “una rinnovata fiducia nella responsabilità dell’arte e degli artisti di raccontare e trasformare il mondo: non solo immagini di conflitti, ma anche immagini come terreno di incontro, scontro e scambio di punti di vista”. Da questi racconti – sospesi tra l’affresco storico e il diario in presa diretta – emerge una concezione dell’arte come reportage lirico, documentario sentimentale e come testimonianza viva, urgente e necessaria.

Oggi c’è un senso di urgenza che solo un mese fa“ (ndr prima dell’inatteso risultato elettorale statunitense) “sembrava che non si percepisse. Le responsabilità degli artisti vanno al di là dell’intrattenere e del fornire sfondi per i selfie”, commenta in uan conversazione con Dario Pappalardo de La Stampa-“non si tratta più solo di fare arte, ma di prendere una posizione. L’arte è politica quando trasforma il linguaggio e incoraggia lo sguardo critico. Quando scardina lo stato quo della percezione della realtà”.

Con La Terra Inquieta prosegue il nostro nuovo percorso, intrapreso con La Grande Madre, di collaborazione con istituzioni pubbliche di Milano dedite all'esposizione e valorizzazione dei linguaggi artistici – ha dichiarato Beatrice Trussardi, Presidente della Fondazione Nicola Trussardi – Dopo la maternità e l’universo femminile in tutta la sua complessità, ci accingiamo ad affrontare ora insieme a Triennale una tematica imprescindibile del nostro presente come le migrazioni, con una mostra che si propone come un esercizio di empatia e un esperimento di comprensione e dialogo tra culture, certi che i linguaggi dell’arte contemporanea possano offrire al pubblico nuove e preziose prospettive.”

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