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La ricchezza dei territori nel Rapporto Istat 2015

  • Pubblicato il: 15/06/2015 - 19:14
Autore/i: 
Rubrica: 
STUDI E RICERCHE
Articolo a cura di: 
Claudio Bocci

Da oltre 20 anni il Rapporto annuale dell’Istat  offre una riflessione documentata sui cambiamenti economici e sociali in atto provando a prefigurare i rischi e a disegnare le opportunità che ci riserva il futuro. La fotografia ‘scattata’ dal Rapporto Istat 2015 presenta molti profili di interesse centrati su una novità metodologica: l’elaborazione di 611 sistemi locali, una geografia costruita sulla base degli spostamenti quotidiani dei residenti, che permette di presentare le informazioni con un riferimento territoriale ai luoghi dove vivono e lavorano le persone. Grazie anche alle nuove opportunità di analisi offerte dalla scienza statistica, il Rapporto 2015 concentra l’attenzione sulle differenze e sui punti di forza/debolezza del nostro panorama sociale ed economico, facendo leva sulle capacità di leggere le interazioni tra gli individui e i luoghi, di individuarne i punti critici, gli elementi dinamici e i fabbisogni di intervento. In questa chiave di lettura emerge con forza la centralità dei territori a cui sono dedicati due dei cinque capitoli in cui è articolato il Rapporto: Luoghi, città e territori: struttura e dinamiche di sviluppo (capitolo 2); La varietà dei territori: condizioni di vita e aspetti sociali (capitolo 5). Le analisi svolte restituiscono una geografia del Paese che confermano i tradizionali differenziali nord/sud (che tendono drammaticamente ad allargarsi) ma una lettura più raffinata dei dati lascia intravvedere interessanti prospettive di sviluppo legate alla relazione tra territorio-cultura-qualità della vita da cui emerge con chiarezza come il grado di partecipazione culturale concorra in maniera significativa alla percezione soggettiva di benessere.
 
 
Patrimonio, paesaggio, tradizione e creatività: il valore culturale del territorio
Di particolare interesse l’analisi del Rapporto riferita alla caratterizzazione socio-economica dei sistemi locali per verificare in che misura fattori come il patrimonio artistico e naturale, la storia, il paesaggio, le tradizioni locali, le produzioni tipiche e le industrie culturali e creative rappresentino opportunità effettive per i territori. In quest’ottica il campo di indagine si estende al legame tra le risorse culturali e il loro contesto territoriale e all’identità dei luoghi, in altre parole al soft-power, il nuovo approccio analitico introdotto nel 1990 dal politologo statunitense Joseph Nye (in base al Soft Power Suvey 2015, l’Italia è stata classificata al dodicesimo posto nel ranking internazionale per capacità di esportazione del proprio modello culturale e per l’influenza indiretta che, in virtù di questa, può avere a livello politico, diplomatico ed economico). La vocazione culturale e attrattiva legata a questa innovativa rappresentazione territoriale (che prescinde, ovviamente, dalla ripartizione amministrativa) è definita dalla presenza sul territorio di risorse materiali o di attività che incorporano un elevato valore intangibile, cioè una forte componente simbolica di natura estetica, artistica, storica e identitaria. Inoltre, concorre a questa definizione l’orientamento dei contesti locali verso attività economiche che risultano correlate a questa identità attraverso le forme della tradizione o, all’opposto, in chiave di innovazione creativa. Nello specifico, l’insieme delle risorse culturali legate ai territori che contribuiscono a definirne lattrattività e la competitività si articolano secondo due dimensioni principali: la prima è quella del patrimonio culturale e paesaggistico, che si riferisce alla presenza fisica sul territorio di luoghi e beni di interesse culturale che possono essere fruiti attraverso una partecipazione diretta e possono costituire fattori di attrattività del territorio e un elemento competitivo di successo per lo sviluppo dei sistemi locali; la seconda dimensione è quella del tessuto produttivo/culturale che riguarda l’insieme composito di attività di produzione, distribuzione e formazione d’interesse culturale  e che comprende: le industrie culturali e creative e le rispettive filiere produttive, le imprese di produzione di prodotti di tradizione locale e di qualità, le attività di formazione in campo culturale, le istituzioni artistiche non profit. Mediante un set di indicatori opportunamente selezionati, il Rapporto descrive e classifica la consistenza delle risorse che esprimono la vocazione culturale e attrattiva dei territori individuando cinque raggruppamenti di sistemi locali:
 

  • un primo gruppo, la grande bellezza, identifica i sistemi locali che, vantando un valore alto in entrambe le dimensioni individuata (patrimonio e tessuto produttivo culturale) e riescono a coniugare in modo ottimale le differenti espressioni dell’arte, della cultura, delle tradizioni artigianali ed imprenditoriali. Il 43% dei sistemi locali di questo cluster è in Toscana, Umbria e Campania; appartengono a questo gruppo Venezia, Firenze, Roma, Torino, Milano e Pompei che, in complesso, attraggono 50 milioni di visitatori. Roma e Milano si confermano le capitali dell’iniziativa imprenditoriale nella cultura (43 mila imprese e 113 mila addetti, pari a un quinto del totale nazionale);
  • un secondo gruppo, la potenzialità del patrimonio, i cui sistemi locali sono caratterizzati da valori elevati per la consistenza del patrimonio culturale e paesaggistico ma in cui è carente la componente produttiva e formativa e che potrebbero compiere un salto di qualità se riuscissero a promuovere una crescita anche nella dimensione imprenditoriale. Oltre la metà dei sistemi locali del cluster sono localizzati nel Mezzogiorno: la Sicilia e la Puglia ne contengono da sole più di un quarto (rispettivamente il 15,9 e il 10,1 per cento);
  • un terzo gruppo, l’imprenditorialità culturale in cui – all’opposto del precedente – i sistemi locali presentano valori alti con riferimento alle caratteristiche del tessuto produttivo/culturale ma non risultano corredati da un valore equivalente nella dotazione di patrimonio culturale e paesaggistico. Di questo gruppo, sono al Nord-est oltre quattro sistemi locali su dieci;
  • un quarto gruppo, il volano del turismo, in cui ricadono i sistemi locali con valori sempre medio-bassi in termini di dotazione di patrimonio culturale sia di tessuto produttivo/culturale ma che contengono al loro interno alcune aree in cui il turismo rappresenta un importante fattore di attrattività. Si tratta di sistemi locali per lo più appartenenti al Mezzogiorno, per un quarto concentrati nelle Isole.
  • un quinto gruppo, la perifericità culturale, in cui i sistemi locali presentano livelli di dotazione e produzione culturale sistematicamente inferiori agli standard. In larga parte rappresentato da comuni delle aree interne, questo cluster contiene sistemi locali che presentano livelli di dotazione e produzione culturale sistematicamente inferiori alla media nazionale, localizzati nell’83,1% dei casi nel Mezzogiorno (Calabria, Sicilia e Sardegna, rispettivamente il 26,8%, il 21,1 e il 19,3).

 
 
L’analisi proposta dal Rapporto Istat conferma quanto la geografia del nostro Paese, tracciata in base alla vocazione culturale e all’attrattività dei territori, faccia emergere un quadro che, nel complesso, appare fortemente caratterizzato da elementi positivi i quali rappresentano delle risorse e delle opportunità ampiamente diffuse sul territorio nazionale e che coinvolgono una pluralità di settori economici e produttivi su cui puntare per determinare sviluppo e diminuire divari e diseguaglianze. Il nuovo approccio metodologico conferma, altresì, l’analisi sviluppata da Federculture e finalizzata ad avviare processi di crescita centrati su una nuova qualità progettuale integrata a livello di compresorio finalizzata a valorizzare le risorse culturali del territorio (‘Cantiere di Progettazione’).
 
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