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La cultura nella buona scuola

  • Pubblicato il: 15/07/2015 - 14:32
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Articolo a cura di: 
Francesca Sereno

La discussione è aperta sul «ruolo della cultura» nell'affermare principi di partecipazione, tolleranza, legalità e dell'importanza del nostro patrimonio culturale come leva strategica su cui investire per il rilancio del nostro Paese. La scuola è indubbiamente il punto di partenza per formare  i cittadini «di domani», in termini di istruzione, livello culturale, competenze. Ma quanto il sistema scolastico del nostro Paese è in grado di raggiungere questo obiettivo? E quanto la Riforma della Buona Scuola risponde a queste esigenze?
 
 
La convinzione dell’eccellenza della scuola italiana ha avuto lunga vita, ma oggi è sempre più evidente la necessità di operare profonde trasformazioni sistemico-strutturali nel mondo dell’educazione. Un'esigenza collegata in particolar modo alla richiesta di un'offerta di un’istruzione di alta qualità, che sappia accompagnare i cambiamenti economici politici e sociali in corso e confrontarsi a livello internazionale. Traguardo ambizioso che non può peraltro prescindere dalla necessità di migliorare il livello culturale dei cittadini.
L'attuale governo ha fortemente voluto la Riforma della «Buona Scuola», diventata in questi giorni legge dello Stato, con l'approvazione in via definitiva del DDL 2994 Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti (AC 2994-B). La riforma introduce cambiamenti sostanziali nel sistema scolastico italiano. Le novità previste dai 209 commi dell'unico articolo della riforma entreranno in vigore e tra un anno e mezzo circa la scuola italiana cambierà completamente volto. Dal 3 settembre 2014, quando la riforma è stata presentata, al 9 luglio 2015 la contestazione di insegnanti (e di studenti e genitori), è stata fortissima.
Il principio dell'autonomia delle istituzioni scolastiche(1) su cui verte la Riforma di Renzi - già stato definito 15 anni fa, con il DPR 275/1999 -  ha suscitato il forte timore che si trasformi in arbitrio e che le scelte dei presidi possano essere guidate da interessi personali e dall’abuso di potere. Qualcuno, come la dirigente del Liceo Scientifico Newton di Roma, obietta che «il decentramento normativo che ha modificato l’istruzione da ‘sistema’ a ‘servizio’ ha affidato proprio alle realtà più vicine all’utenza, le scuole, il ruolo di leggere i bisogni formativi del territorio e di tradurre in un’offerta valida, in accordo con gli standard nazionali di istruzione. La responsabilità è grande ed è giusto che le Istituzioni scolastiche diano adeguata rendicontazione, come scuola».
 
Ma quali sono i punti di forza e le criticità dell'attuale sistema scolastico?
Comprendere e valutare la validità delle scuole italiane è molto difficile, prosegue la dirigente del Newton, perché «esistono realtà estremamente positive in tema di 'formazione di cittadini’, di competenze, consapevolezza e capacità raggiunte dagli studenti, a fronte di numerose criticità presenti in molti ambiti territoriali del Paese».  E aggiunge «Se per decenni la formazione e l’aggiornamento dei docenti sono stati definiti nei contratti ‘diritto-dovere’ e non requisito fondamentale, possiamo  comprendere le conseguenze qualitative di un sistema che si avvale di tanti professionisti, ma, dobbiamo ammettere, non tutti  all’altezza del ruolo e delle responsabilità. Programmi non aggiornati, strumenti obsoleti o scarsi, inadeguatezza delle strutture edilizie fanno drammaticamente il resto».
 
Tuttavia, valutare gli insegnanti è una questione molto delicata, ne è la prova la forte preoccupazione suscitata dal comma della riforma che riguarda la Valutazione dei docenti (2) .
Secondo la dirigente dell'Istituto Comprensivo Laparelli, sempre di Roma, «la validità di una scuola e dei suoi insegnanti andrebbe misurata nella loro capacità di suscitare il piacere dello studio, ossia quella curiosità e quell'interesse che generano impegno e dedizione nello studente. Se si ottiene questo, tutto il resto – la formazione adeguata degli alunni, la lotta alla dispersione scolastica, il coinvolgimento delle famiglie, il rispetto delle regole - diventa una conseguenza, non un obiettivo». E aggiunge «per ottenere questo è opportuno fare studiare i docenti in maniera approfondita e seria, dando loro tempo e risorse che oggi non hanno».
Sulla formazione dei docenti, la Buona Scuola ha risposto con un bonus di 500 euro(3)  all'anno a docente a sostegno della sua formazione,  provvedimento certamente non inutile, ma che «rischia di essere sprecato», lasciando la destinazione di questa risorsa a discrezione del singolo insegnante.
 
Entrando poi nel merito del rapporto tra Cultura e Istruzione, a marzo di quest'anno i due rispettivi Ministeri hanno siglato un Protocollo di Intesa da cui dovranno scaturire progetti di ricerca per la valorizzazione, attraverso l’uso delle tecnologie, del patrimonio culturale e paesaggistico del nostro Paese e per la sua conservazione. Particolare attenzione viene data anche alla promozione della lettura, con la collaborazione fra Biblioteche e Istituzioni formative.
Ma se da un lato si vuole favorire la crescita di una formazione qualificata per valorizzare quella preziosa risorsa che è il nostro patrimonio culturale, dall'altro non si vedono «grandi manovre» per diffondere arte e cultura nei primi cicli di istruzione. La Buona Scuola parla di aumento delle ore di lezione per alcune discipline: musica e educazione motoria alla scuola elementare, lingua straniera e competenze informatiche in tutti i gradi dell'istruzione, economia, diritto e storia dell'arte al superiore. Ma come sottolinea il presidente di Fondazione Roma Emmanuele F.M. Emmanuele in un pezzo sul domenicale del Sole 24Ore del 12 luglio, l'impegno del ministro Giannini a reintrodurre lo studio della storia dell'arte è espresso nella Riforma in un generico «potenziamento della formazione nel settore delle arti nel curriculum delle scuole di ogni ordine e grado, compresa la prima infanzia, nonché la realizzazione di un sistema formativo della professionalità degli educatori e dei docenti in possesso di specifiche abilitazioni e di specifiche competenze artistico-musicali e didattico-pedagogiche». Il tanto auspicato ritorno della Storia dell'Arte nel sistema scolastico è in mano all'autonomia dei presidi, sarà a loro discrezione introdurre o meno tale disciplina nell'offerta formativa dei loro istituti. Insomma, siamo lontani dal Programma di reclutamento dei ragazzi nelle scuole per indirizzarli alle attività artistiche di ogni tipo del Ministro della Cultura francese Frédéric Mitterrand, all'epoca di Sarkozy.
E, allargando l'orizzonte, suscitare l'interesse per la musica, le arti figurative, il teatro, il cinema fin dai primi livelli dell'istruzione non sarebbe anche il primo passo per ampliare la domanda di prodotti/servizi culturali?
Il tema della mancanza di risorse, comune all'ambito culturale, viene in parte affrontato dalla Riforma Renzi con l'introduzione dello School Bonus(4) , ossia un credito di imposta per le erogazioni liberali dei privati  destinate agli istituti del sistema nazionale di istruzione, sia per interventi strutturali che progetti mirati all'occupazione degli studenti.
Il parere della dirigente dell'Istituto Laparelli di Roma è che l'apporto dei privati non debba essere demonizzato. Il sostegno di famiglie, enti no profit, soggetti economici dev'essere letto in termini di coinvolgimento nella comunità della scuola, di contributo al bene pubblico. «La partecipazione genera responsabilità e la responsabilità genera gestione efficace del bene comune».
E la dirigente del liceo scientifico Newton aggiunge che attingere anche da contributi di soggetti economici è un'occasione per creare un legame virtuoso tra la scuola e il mondo del lavoro. Gli stage, ad esempio, possono costituire un'opportunità per le imprese di contribuire alla formazione dei futuri cittadini e lavoratori, per gli studenti di sviluppare quell’etica del lavoro, quelle capacità di problem solving e di soft skill essenziali per la vita e la società attuale.
Le fondazioni, dal canto loro, hanno dato segnali di interesse all'ambito dell'istruzione. Si pensi al Programma Education di Fondazione Agnelli con il quale sono state realizzate ricerche mirate a comprendere il mondo scolastico per poterne individuare fattori di miglioramento. Le stesse fondazioni di origine bancaria destinano al settore Educazione, istruzione e formazione circa 105 milioni di euro, il 12% degli importi totali erogati (Dati Acri 2013), al 4° posto dopo Arte e Cultura, Ricerca e Sviluppo, Assistenza sociale.
 
In conclusione, il settore dell'istruzione sta cercando di dare risposte alle esigenze attuali di autonomia/decentramento, risposta ai bisogni del territorio, formazione, coinvolgimento dei privati, temi ben presenti nei recenti dibattiti nel settore culturale.
Per capire se si tratta di una «buona riforma» dovremmo aspettare qualche anno. Nel frattempo, ma forse anche in futuro, la formazione di cittadini consapevoli e preparati sarà come sempre in mano a docenti motivati e dirigenti illuminati. Ma, per citare il presidente di Fondazione Roma, i presidi avranno la determinazione necessaria per formare gli insegnanti e «per fare sapere agli studenti in quale paradiso artistico vivono, fare maturare in loro una passione, e magari poi un mestiere a servizio della risorsa che il Paese in cui sono nati ha messo loro a disposizione»? E, aggiungiamo, per fare crescere il livello culturale dei cittadini di domani?
 
 
(1)   Il rafforzamento dell'autonomia scolastica consiste in una maggiore libertà nella gestione degli edifici, della didattica, dei progetti formativi e dei fondi a disposizione di ogni singola scuola: le scuole avranno l'onere di determinare triennalmente la propria offerta formativa e a questa triennalità saranno legati altri adempimenti dell'amministrazione, come gli organici, la mobilità del personale e le assunzioni. L'organico sarà gestito interamente dal dirigente scolastico che potrà proporre le cattedre ai docenti (a partire dall'anno scolastico 2016/2017) e i posti utilizzando gli albi territoriali che - dal 2016 - racchiuderanno le Reti di scuole. La chiamata degli insegnanti sarà, dunque, senza più graduatorie ma sulla base degli albi (o ambiti) a cui si accederà per concorso pubblico oppure tramite il Piano straordinario di assunzioni 2015. I dirigenti scolastici saranno giudicati in base al miglioramento formativo e scolastico degli studenti, sulla direzione unitaria della scuola, le competenze gestionali e organizzative e la valorizzazione dei meriti del personale dell'istituto. Per la loro valutazione, nel triennio 2016-2018, potranno essere affidati incarichi ispettivi a tecnici del ministero dell'Istruzione.
(2)  Valutazione dei docenti: confermando gli scatti di anzianità, sono stati stanziati 200 milioni  per premiare le capacità e il merito dei singoli docenti. Il dirigente attribuirà gli scatti di merito al 5% degli insegnanti e i criteri elencati sono: la qualità dell'insegnamento, il rendimento degli alunni, l’innovazione metodologica e didattica, il miglioramento dell’efficienza della scuola di appartenenza. La Riforma parla di Comitato per la valutazione dei docenti presieduto dal dirigente e comprendente tre docenti dell'istituzione scolastica (due scelti dal collegio docenti e uno dal consiglio di istituto), due rappresentanti dei genitori (per scuola dell'infanzia e primo ciclo di istruzione) e un genitore e uno studente (per il secondo ciclo di istruzione), un componente esterno scelto dall'Ufficio Scolastico Regionale tra dirigenti scolasti, docenti e dirigenti tecnici.
(3)  Bonus di 500 euro all'anno a docente a sostegno della sua formazione, per l’aggiornamento e le risorse tecnologiche a disposizione da allocare su libri, hardware, software, corsi di formazione e/o iniziative culturali. A ciò si aggiungono 40 milioni di euro aggiuntivi per la formazione obbligatoria.
(4)  School Bonus ossia un credito d'imposta al 65% per i primi due anni, che scende poi al 50%, delle «erogazioni liberali in denaro» destinate «agli investimenti in favore di tutti gli istituti del sistema nazionale di istruzione, per la realizzazione di nuove strutture scolastiche, la manutenzione e il potenziamento di quelle esistenti e per il sostegno a interventi che migliorino l'occupabilità degli studenti». Inoltre il 10% dei finanziamenti erogati è preso dal Miur che lo distribuisce nelle scuole che hanno avuto meno fondi rispetto alla media nazionale.
 

 
 

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