Italia Non Profit - Ti guida nel Terzo Settore

La città come bene comune. Collaborazione, innovazione e sperimentazione

  • Pubblicato il: 15/11/2015 - 22:33
Rubrica: 
PAESAGGI
Articolo a cura di: 
Maria Elena Santagati

Successo indiscusso, partecipazione internazionale e dibattiti di alto livello per City as a commons, la prima conferenza mondiale dedicata alla gestione dei beni comuni urbani, targata LabGov. Messaggio forte e chiaro: il futuro delle città passa dai beni comuni
 
 
 
Il 6 e 7 novembre si è tenuta a Bologna la prima conferenza tematica sui beni comuni urbani della IASC-International Association for the Study of the Commons, organizzata da LabGov-LABoratorio per la GOVernance dei beni comuni in collaborazione con la Fordham University of New York e l'International Center on Democracy and Democratization della LUISS Università di Roma.
The city as a commons. Reconceiving urban space, common goods and city governance. A capitanare questa full immersion sulla città come bene comune e piattaforma collaborativa, due studiosi di fama internazionale, Sheila Foster, Albert A. Walsh Professor of Law e Faculty Co-Director del Fordham Urban Law Center, e Christian Iaione, direttore di LabGov, docente di governance dei beni comuni presso la LUISS Guido Carli, nonché professore associato di diritto pubblico presso l’Università degli Studi Guglielmo Marconi di Roma. 
Grazie ad una partnership scientifica tra LUISS Guido Carli e Fordham University, LabGov si pone come un innovativo laboratorio di formazione, ricerca e sperimentazione di processi e strumenti di governance dei beni comuni, costituito nel 2011 e promotore di numerosi progetti di collaborazione civica, quali Co-Bologna, Co-Mantova, Co-Palermo, Co-Battipaglia, e i futuri Co-Roma e Co-New York. Da qui la scelta che fosse proprio Bologna, prima città a sperimentare un patto costituzionale urbano, tradotto poi nel Regolamento sulla collaborazione civica per i beni comuni urbani, ad accogliere la prima conferenza interamente dedicata a questo tema.
Accademici, ricercatori, policy makers, operatori e innovatori sociali dai cinque continenti si sono ritrovati per questo appuntamento eccezionale presso l'Opificio Golinelli, la cittadella della conoscenza inaugurata lo scorso ottobre dalla riqualificazione di un'ex fonderia e nuovo quartier generale della Fondazione Golinelli, fondata nel 1988 dall'imprenditore e filantropo Marino. A sostenere l'iniziativa anche la Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna, Fondazione Unipolis, Legacoop Bologna e altre istituzioni nazionali e internazionali.
L'intento della conferenza è stato quello di indagare modalità, processi e strumenti per la gestione della città come bene comune, per integrare l'idea della collaborazione civica in altre politiche urbane e per ripensare le amministrazioni all'interno e nella loro interazione con l'esterno. Particolarmente ricco il programma: uno sguardo al passato e al futuro dei beni comuni, con l'intervento di Tine de Moor, presidente IASC e Utrecht University, sull'evoluzione dei beni comuni nella storia e sulla necessità di un approccio di analisi che includa tre dimensioni: istituzioni, risorse e utenti, e quello di Silke  Helfrich del Commons Strategies Group, che ha prospettato un immaginario relativo ai beni comuni nel 2030, per cui il processo di commoning risulta imprescindibile. "Keep calm and keep commoning!" è stato infatti l'invito rivolto ai partecipanti.
Ezio Manzini, University of the Arts London, Politecnico di Milano, Tonji University e Jiangnan University, è stato protagonista di una relazione su Commons and Collaborative services, illustrando il circolo virtuoso che si può innescare tra beni comuni, servizi collaborativi e beni  relazionali, sottolineando pertanto l'importanza di quei beni immateriali che dipendono dalla qualità delle interazioni umane. In una sessione aperta al pubblico, e con il coordinamento di Christian Iaione, David Bollier e Michael Bauwens del Commons Strategies Group hanno tenuto una conversazione sull'open cooperativism, volto a favorire una nuova forma di economia basata su modelli cooperativi, piattaforme aperte e beni comuni. Il coinvolgimento della comunità scientifica nella concezione e implementazione di processi volti alla gestione della città è stato invece oggetto della conclusione della conferenza, con le testimonianze di Matteo Lepore, Assessore del Comune di Bologna, che ha illustrato l'esperienza pioniera bolognese, e di Miquel Ortega, Assessore della Città di Barcellona, che si sta muovendo in una direzione analoga.
Questi i temi principali attorno a cui hanno ruotato le varie sessioni di approfondimento: Conceiving the Urban Commons; Mapping the Urban Commons; The Urban Commons and Democratic Innovation; The Collaborative/Sharing Economy as the basis for commons-based Urban Economy; Social Innovation as the basis for commons-based Urban Welfare; Designing and Governing the city as a Commons. Avvincenti i numerosissimi contributi presentati nei vari panel, che hanno spaziato dalla pubblica amministrazione come bene comune alle implicazioni dei social networks per una governance democratica, dal ruolo dei cittadini e della società civile alla gestione degli spazi verdi, passando anche per l'innovazione sociale, il design e l'ecologia urbani, il mondo dell'arte e le infrastrutture digitali. Esempi da ogni continente hanno restituito l'attualità e la portata, in primis in termini di innovazione, della governance dei beni comuni urbani e delle sue innumerevoli implicazioni. Il valore dei processi collaborativi tra i vari attori di una comunità è stato il fil rouge delle molteplici e interessanti riflessioni emerse nel corso delle due intense giornate.
A margine della conferenza, abbiamo chiesto al prof. Iaione di condividere ulteriori spunti a questo proposito: «Attraverso il progetto delle co-città vorremmo dimostrare che ad essere fondamentale è il processo, non il prodotto, quindi è la visione del modello di governo di una città che può cambiare, si tratta cioè di costruire una forte alleanza tra lo Stato-apparato e lo Stato-comunità. La co-città serve a organizzare lo Stato-comunità, a fare in modo che una comunità si federalizzi, si coalizzi e divenga un partner affidabile e di lungo termine dello Stato-apparato, dei comuni in questo caso». Iaione sottolinea anche il ruolo della cultura, allo stesso tempo come conoscenza e come risorsa: «La cultura è un gigante sulle cui spalle costruire un piano di sviluppo locale. L'esempio di Co-Mantova è emblematico, un esperimento che cerca di immaginare esattamente la cultura come bene comune e mette quindi a sistema tutte le forze sociali ed economiche del territorio e le inserisce in un contesto di governance. Una responsabilità che deve essere in qualche modo condivisa da tutti gli attori, non più soltanto dal pubblico. Anche un'impresa o un'università devono porsi il problema di come mettere a disposizione le proprie risorse, quindi dare più che ricevere. Le risorse possono essere di vario tipo, non necessariamente, anzi quasi mai, economiche, ma soprattutto cognitive, logistiche, di supporto, competenziali, al servizio di una gestione della cultura come bene comune. E poi il tema è connettere le filiere, quindi fare in modo che questo generi al tempo stesso una visione di sistema».
Tutto ciò implica un ripensamento delle istituzioni, incluse quelle culturali. Iaione infatti aggiunge: «Un museo non deve essere più soltanto un luogo di esposizione culturale, ma un luogo di produzione della cultura e della conoscenza, i musei devono essere trasformati in spazi dove ad esempio bambini e giovani possano sperimentare, qualificarsi, conoscere in maniera esperienziale. Si tratta di una visione persona-centrica. Trasformare la persona non più in utente ma in soggetto che produce anche cultura». La produzione di valore diventa allora diffusa, non è più realizzata da un soggetto attraverso un processo lineare, ma da una community che collaborando produce risposte. E ancora: «L'organizzazione, pubblica o privata che sia, deve diventare una piattaforma che mobilita, facilita e abilita le capacità e le competenze dei diversi attori». Nel nostro paese, urge pertanto la creazione di condizioni tali da «rendere il sistema istituzionale e normativo ospitale e favorevole all'innovazione», perché «sempre più le istituzioni saranno frutto di esperimenti e di esperienze». Largo alla sperimentazione.
 
 
© Riproduzione riservata
 
 
Articoli correlati:
L'ITALIA RIPARTE DAI BENI COMUNI E DALLA COLLABORAZIONE CIVICA

DAI RAMMENDI DEL G124 AL NUOVO ABITO PER BATTIPAGLIA
 
 Maria Elena Santagati è Dottoranda presso SciencesPo Grenoble-Institut d'Études Politiques