La bellezza come elemento identitario e competitivo del Paese
La Fondazione Italia Patria della Bellezza, partner del Corriere della Sera nel progetto Il bello dell’Italia, richiama a un ruolo più consapevole e responsabile la migliore imprenditoria del Paese.
«L’Italia piace poco agli Italiani. Secondo l’ultima ricerca del Reputation Institute solo il 50,6% degli Italiani ha una buona considerazione del proprio Paese, contro il 65,8% degli stranieri che ne ha invece una opinione positiva. La fiducia dei cittadini sembra essere determinante per la crescita di una nazione, ma il nostro è un Paese straordinario che non sa più di esserlo» commenta Maurizio di Robilant, fondatore e presidente della Fondazione Italia Patria della Bellezza. «Occorre tornare a essere consapevoli, noi Italiani in primis, dello straordinario patrimonio di cui, per diritto di nascita, siamo custodi, imparando a raccontare al mondo intero che l’Italia è la Patria della Bellezza». Senza dimenticare poi che il connubio tra industria e cultura (attività culturali, formazione, made in Italy di qualità, turismo, industrie creative, altruismo e mecenatismo) vale 240 miliardi, ossia il 6,5% del PIL nazionale.
La neo fondazione, creata nel 2014 da Camera Nazionale della Moda Italiana, Fondazione Altagamma, Cosmetica Italia, Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte, Fondazione Ernesto Illy, Touring Club Italiano, Associazione Nazionale Città dei Motori, si è data una missione molto ambiziosa: definire e sostenere l’Identità Competitiva dell’Italia per contribuire al suo rilancio, trasformando lo straordinario potenziale di bellezza del Paese in una risorsa strategica di sviluppo, capace di orientare le politiche economiche e sociali nazionali.
Lo strumento scelto è una piattaforma progettuale che aggreghi le istituzioni della società civile che operano nella valorizzazione del nostro patrimonio (FAI, TCI, ect…) con quelle aziende che rappresentano «la migliore Imprenditoria del Paese». «Penso alla media impresa italiana, molto presente nel suo territorio, che mette in rete le altre aziende intorno a progetti locali – sostiene Maurizio di Robilant - Un’imprenditoria sana, di grande qualità che, a volte anche in maniera inconsapevole, sta assumendo un ruolo civile importante. Questo progetto potrebbe diventare il loro modo di prendersi cura del Paese, aiutandoci a raccontarlo e ad alzare il senso di consapevolezza dello straordinario potenziale che abbiamo e farlo diventare una leva di sviluppo economico».
Nel 2015 la Fondazione Italia Patria della Bellezza ha avviato una serie di progetti che si sviluppano lungo quattro direttrici (Misurare, Educare, Sviluppare e Promuovere) e sono focalizzati su quattro aree d’intervento (Imprese/Made in Italy, Scuola, Turismo e Arte/Agricoltura e Paesaggio). Tra gi altri ricordiamo Viaggio in Italia (un osservatorio permanente dell’esperienza in Italia degli stranieri), Scuola di bellezza (un percorso di informazione e di educazione rivolto ai docenti promuovendone il ruolo di ambasciatori di bellezza nelle scuole) e Start up della bellezza (un concorso per raccogliere idee d’impresa su servizi e prodotti in grado di generare nuove forme di business e occupazione legate ai valori della bellezza).
La fondazione è inoltre partner del Corriere della Sera per il progetto Il bello dell’Italia, una grande inchiesta che nel 2016 racconterà il Paese attraverso ricerche di settore e soprattutto storie di costruttori di bellezza, dai volontari alle imprese, dalle famiglie ai creativi usando diversi canali (articoli, un sito web dedicato, concorsi ed eventi in tutta Italia).
Di fronte a istituzioni governative incoraggianti ma che sembra poi fatichino ad attivarsi, non è forse un caso che questo tipo di progetti trovino spazio ed energia nella Milano post Expo, che dopo la chiusura dei cancelli di Rho sta mantenendo alto il livello di proposta in termini di rinnovamento culturale e impegno civico.
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