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L’affresco incanta Ravenna

  • Pubblicato il: 18/04/2014 - 12:27
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FONDAZIONI D'ORIGINE BANCARIA
Articolo a cura di: 
Acri

Non sempre portar via un affresco dal suo alloggiamento originale è un delitto, anzi a volte è l’unica via per conservare opere d’arte che andrebbero perdute per degrado o sbriciolamento degli edifici. Quasi solo nei tempi più antichi, infatti, dei quali raccontano Vitruvio e Plinio, rimuovere le opere insieme a tutto l’intonaco e il muro che le ospitava, il cosiddetto «massello», fu per bottino, consentendo ai vincitori di portare a Roma dipinti provenienti dalle terre conquistate, inamovibili in altro modo. Già nel Rinascimento la tecnica del «massello» fu esperita per conservare porzioni di affreschi che altrimenti sarebbero andati persi per sempre. E negli anni a seguire le tecniche di rimozione si affinarono per ottenere analoghi risultati in modo meno dispendioso: a partire dal secondo quarto del Secolo dei Lumi il «massello» venne affiancato, e poi pian piano sostituito, dalla più innovativa e pratica tecnica dello strappo, prassi che tramite uno speciale collante consentiva di strappare, appunto, gli affreschi e quindi portarli su di una tela. Una vera rivoluzione nel campo del restauro, della conservazione, ma anche del collezionismo del patrimonio murale italiano. Così, mentre nelle appena riscoperte Ercolano e Pompei si trasportavano su nuovo supporto, e quindi al Museo di Portici, le più belle pitture murali dell’antichità, nel resto d’Italia si diffondeva la rivoluzione dello strappo, per cui nulla sarebbe stato più come prima. Di tutta questa vicenda narra il Mar - Museo d’Arte della Città di Ravenna che, dal 16 febbraio al 15 giugno, propone la mostra «L’incanto dell’affresco. Capo lavori strappati da Pompei a Giotto da Correggio a Tiepolo», realizzata grazie al prezioso sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna. «La nostra Fondazione– sottolinea il presidente Lanfranco Gualtierida anni ritiene che la “Ravenna Città d’arte e di cultura” costituisca un elemento di grande rilievo per una politica di promozione del territorio: fattore di sviluppo non solo culturale ma anche economico e sociale della nostra comunità. Per questo sosteniamo con rilevanti contributi gli importanti eventi espositivi che si succedono presso il Mar». E la mostra curata da Claudio Spadoni, direttore scientifico del Museo, e Luca Ciancabilla, ricercatore del Dipartimento dei Beni Culturali dell’Università di Bologna (sede di Ravenna), è senz’altro uno di quelli che potrà avere grande successo! La mostra si divide in sei sezioni, ordinate secondo un indirizzo storico-cronologico: dai primi masselli cinque seicenteschi ai trasporti settecenteschi, compresi quelli provenienti da Pompei ed Ercolano, agli strappi ottocenteschi, fino alle sinopie staccate negli anni Settanta del Novecento. A partire dalla prima sezione ci sono opere tratte a «massello», come la Madonna col Bambino di Taddeo di Bartolo, l’affresco di Domenico Veneziano raffigurante San Giovanni Battista e San Francesco, la Maddalena piangente di Ercole de Roberti, il Bambin Gesù delle mani del Pinturicchio. E staccati non a “massello”, ma secondo l’usanza di salvare con trasporti di fortuna, ci sono il Volto di Cristo di Beato Angelico, l’Uomo con berretta rossa di Gaudenzio Ferrari e la Testa di Santa di Fermo Stella: pitture sopravvissute solo con parte dell’intonaco alla furia del piccone demolitore, così come era già avvenuto per gli Angeli musicanti di Melozzo da Forlì, segati dall’abside dei SS. Apostoli a Roma (1711) per volontà di Papa Clemente XI, che li volle consegnare ai posteri, e oggi conservati nella Pinacoteca Vaticana.
A quel tempo non si era ancora messo all’opera Antonio Contri, che nella prima meta del Settecento decise di abbandonare il mestiere di pittore per dedicarsi alla sperimentazione di «un meraviglioso artifizio”» che gli permetteva di strappare qualsiasi affresco per poi collocarlo su di una tela. Da allora e fino a tutto il XIX secolo numerosi capolavori della pittura italiana furono strappati, staccati dalle volte delle chiese, dalle pareti dei palazzi pubblici e privati che le accoglievano da secoli, per essere trasportati in luoghi più sicuri, nelle quadrerie e nelle gallerie nobiliari e principesche d’Italia e di mezza Europa. Andrea del Castagno, Bramante, Bernardino Luini, Garofalo, Girolamo Romanino, Correggio, Moretto, Giulio Romano, Niccolò dell’Abate, Pellegrino Tibaldi, Veronese, Ludovico e Annibale Carracci, Guido Reni, Dome nichino, Guercino: tutti i grandi maestri dell’arte italiana fra la metà del Settecento e la fine del XIX secolo furono oggetto delle attenzioni degli estrattisti. Questi – Antonio Contri, Giacomo e Pellegrino Succi, Antonio Boccolari, Filippo Balbi, Stefano Barezzi, Giovanni Rizzoli, Giovanni Secco Suardo, Giuseppe Steffanoni – come gli illustri artisti sopracitati, e come alcune fra le più belle pitture di Ercolano e di Pompei, sono i protagonisti della mostra del Mar. La prassi estrattista conoscerà la sua più fortunata stagione nel secolo scorso, quando, a partire dal secondo dopoguerra, fu staccato un numero impressionante di affreschi. I danni provocati ad alcuni fra i principali monumenti pittorici italiani dai bombardamenti bellici, la convinzione che l’unica strada da percorrere per evitare che in futuro potessero reiterarsi danni irreparabili come quelli al Mantegna a Padova, Tiepolo a Vicenza, Buffalmacco e Benozzo Gozzoli a Pisa, fecero sì che a partire dagli anni Cinquanta fosse avviata la più imponente campagna di strappi e stacchi che l’Italia abbia mai conosciuto. L’alluvione di Firenze fece il resto. Così, per sfuggire a morte certa, lasciarono per sempre il muro che li aveva custoditi per secoli Giotto, Buffalmacco, Altichiero, Vitale da Bologna, Pisanello, Signorelli, Perugino, Pontormo, Tiepolo, trovando dimora in alcuni fra i più importanti musei italiani e ora, per quattro mesi, nelle sale del Mar di Ravenna.

Orari d’apertura: martedì-giovedì 9-18; venerdì 9-21; sabato e domenica 9-19, chiuso lunedì. 9 euro per il biglietto intero.

Da Fondazioni, periodico di Acri, marzo-aprile 2014