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L’ “eclettica vertigine” dell’arte: la Collezione Cerruti e il Castello di Rivoli

  • Pubblicato il: 16/03/2018 - 08:01
Autore/i: 
Rubrica: 
MUSEO QUO VADIS?
Articolo a cura di: 
Elena Inchingolo

Si concretizza la collaborazione tra il Castello di Rivoli e la straordinaria  collezione della Fondazione Francesco Federico Cerruti, in un fruttuoso il dialogo fra l’arte contemporanea e il suo passato, tra pubblico e privato. Presentati otto capolavori Di Giorgio De Chirico, in una anticipazione dell’apertura della casa museo nel 2019,  in un inedito dialogo con le opere del museo di arte contemporanea, generando inediti corto-circuiti. In attesa dello “spazio straordinario, aperto al pubblico, in cui artisti, scrittori, filosofi, storici dell’arte, saranno impegnati ad accogliere l’eredità del passato  e collocarla nel cuore pulsante del tempo presente”. Una svolta per il museo, che lo rende un unicum. E guarda a nuovi pubblici.
Rubrica di ricerca in collaborazione con il Museo Marino Marini


“Ogni vera opera d’arte ha il suo lato profondamente metafisico,
che l’uomo intelligente sente per intuizione.”
Giorgio de Chirico[1]
 
Prove generali di nuove potenzialità con la presentazione del primo nucleo di opere, otto capolavori di Giorgio De Chirico, parte della straordinaria collezione entrata nell’orbita del primo museo italiano d’Arte Contemporanea del nostro paese, conosciuta solo da pochi addetti ai lavori.
È del 2017 l’accordo, stipulato tra il Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea e la Fondazione Francesco Federico Cerruti per l’Arte, che affida al la valorizzazione e la cura di una straordinaria collezione, un unicum, per vastità e importanza, nella storia del collezionismo privato europeo. Si tratta di un progetto ambizioso che prevede, tra le altre azioni, la ristrutturazione e messa in sicurezza della villa che lo stesso collezionista Francesco Federico Cerruti (Genova, 1922 – Torino, 2015), scomparso all’età di 93 anni, aveva fatto costruire a Rivoli, a metà degli Anni Sessanta, a pochi passi dal Castello, come scrigno in cui custodire i propri “tesori”.
La Villa Cerruti, sede dell’omonima Fondazione, aprirà al pubblico nel corso del 2019, restituendo alla collettività un patrimonio inestimabile che percorre la storia dell’arte in un excursus d’eccezione in cui si alternano epoche e stili. In collezione si annoverano tra gli altri preziosi fondi d’oro medievali, capolavori di pittura sacra di maestri come Gentile da Fabriano e Sassetta, dipinti rinascimentali di Dosso Dossi e Pontormo, opere di Pellizza da Volpedo, Balla, Boccioni, Casorati, Picasso, Magritte e de Chirico, per giungere all’arte contemporanea con lavori di Bacon, Burri, Warhol, De Dominicis e Paolini.
Unitamente alle opere pittoriche e scultoree la collezione include anche arredi di pregio come un eccezionale secrétaire d’avorio settecentesco ad opera dell’ebanista torinese Pietro Piffetti e due divani disegnati dall’architetto Filippo Juvarra.  Di particolare interesse l’ampia e preziosa raccolta di libri, incunaboli ed edizioni rare, che conferma la passione di Cerruti per l’arte della legatoria, anche nell’ambito della propria attività imprenditoriale a capo della LIT (Legatoria Industriale Torinese).
Iniziata, a metà degli anni Cinquanta del XX secolo, con l’acquisto di un disegno di Kandinsky del 1918, quella di Francesco Federico Cerruti è una collezione eccentrica, che è possibile apprezzare anche come opera d’arte totale insieme al luogo che la custodisce. Questo era il desiderio del suo fondatore, che affida ai posteri l’opportunità di scoprirla nella sua complessità e “qualità estetica”, come recita lo statuto della sua Fondazione.
Proprio qui Cerruti scrive chiaramente come avesse “deciso di volgere a beneficio della collettività nazionale e internazionale” la sua Collezione nell’auspicio “di poter perpetuare i valori che lo avevano animato, nonché il senso di mecenatismo, così da contribuire a rendere la Collezione Cerruti realtà sempre viva e motore di crescita culturale”.
Nella premessa di Francesco Federico Cerruti allo statuto dell’omonima Fondazione si dichiara inoltre che “egli ha connotato la propria vita giustapponendo all’attività di imprenditore l’impegno culturale nel realizzare una privata collezione di oggetti d’arte – mobili, arredi, quadri e sculture […]. Alla Collezione Cerruti non sono state poste limitazioni di carattere cronologico e geografico; essa comprende opere d’arte di epoche e provenienza territoriale diversa, purché caratterizzate dal requisito dell’eccellenza, intesa come primaria motivazione di coerenza della raccolta stessa”.
Una premessa questa che appare valida anche per la mostra Giorgio de Chirico. Capolavori dalla Collezione di Francesco Federico Cerruti, a cura di Carolyn Christov-Bakargiev e Marcella Beccaria. Essa è, in tutto e per tutto, una proposta espositiva esemplare ed esemplificativa della buona pratica del collezionare che lo schivo e austero imprenditore torinese ha condotto per circa 70 anni con passione e lungimiranza.
La mostra - inaugurata lo scorso 5 marzo e visitabile fino al 27 maggio 2018 - presenta per la prima volta, nelle sale auliche al primo piano del Castello di Rivoli, residenza sabauda e sede del primo museo d’arte contemporanea italiano, 8 capolavori di Giorgio de Chirico provenienti dalla Collezione di Francesco Federico Cerruti, che spaziano dal 1916 al 1927, offrendo così alla fruizione pubblica opere fino ad ora celate nella Villa Cerruti.
In linea con lo spirito eclettico e visionario che caratterizza la Collezione Cerruti, il percorso espositivo propone un confronto dialogico, che mette in relazione le opere di de Chirico con una selezione di importanti opere d’arte contemporanea della collezione permanente del museo.
Francesco Federico Cerruti amava la visione metafisica e l’enigmatica essenza della ricerca di de Chirico (Volos, 1888 – Roma, 1978). Artista poliedrico, scrittore e poeta, nato in Grecia e cittadino del mondo, vissuto anche a Torino e Ferrara, egli ha saputo interpretare la mitologia e la classicità con originale sovrapposizione di stili e giocoso citazionismo.
"Mi piace ricordare - dichiara Marcella Beccaria - che nei suoi scritti de Chirico speculò sulla possibile relazione tra la follia di Nietzsche - filosofo da lui studiato con grande passione - e la città di Torino. Secondo de Chirico, la bellezza di Torino fu drammaticamente fatale per il filosofo. Portare le opere di de Chirico al Castello di Rivoli, a un passo da Torino, significa anche questo: percorrere con l’artista schegge di un viaggio nel tempo che solo la grande arte può suggerire".
In questo senso, l’esposizione propone un parallelismo e sottolinea una stretta relazione intellettuale tra il collezionista e l’artista prediletto: un modus operandi che diventa suggestiva soluzione allestitiva nelle sale del Castello. Si attivano, così, corto-circuiti spazio-temporali che creano nuove prospettive culturali.
Il percorso ha inizio con Composizione metafisica (Muse metafisiche) (1918) allestita in relazione con Casa di Lucrezio (1981) di Giulio Paolini, secondo una relazione dialogica sui temi del doppio e della visione, che continua nelle sale successive con Il trovatore (1922) e con Il saluto degli argonauti partenti (1920), opera che nell’evocare architetture metafisiche viene sospesa in un allestimento prospettico di rara suggestione.
A seguire, è invece posto in evidenza il tema dell’autoritratto, tanto caro a Cerruti: qui sono messi in relazione Autoritratto con la propria ombra (1920) e l’imponente Architettura dello specchio (1990) di Michelangelo Pistoletto, in un gioco di riflessi e rimandi temporali; mentre nella sala successiva, Interno metafisico (con faro) (1918) risulta in ideale sintonia con le visioni compositive dipinte da Franz Ackermann.
Il percorso continua con Composizione metafisica (1916) a confronto con le opere di sintesi concettuale di Fabio Mauri, mentre nella sala successiva, Interno metafisico (con dolci ferraresi) (1917) intrattiene una inaspettata relazione con le opere Catasta, Mancorrente e Sedia - tutte del 1966 - di Alighiero Boetti in un’ideale similitudine di particolari concreti estrapolati dalla vita quotidiana. Al termine del percorso espositivo, sono posti a confronto il lavoro pittorico di de Chirico Due cavalli (1927) e Novecento (1997) di Maurizio Cattelan, un cavallo in tassidermia appeso al centro volta della sala: l’impeto dionisiaco del maestro della metafisica, secondo cui i due cavalli si intrecciano a creare un’unica figura, incontra il profondo cinismo dell’artista contemporaneo relativamente al secolo appena trascorso.
Questa mostra è la prima esplicita occasione in cui si concretizza la collaborazione tra il Castello di Rivoli, luogo di condivisione tra arte contemporanea e sperimentazione di nuovi linguaggi, e la Collezione Cerruti: ci dimostra, così, come sia possibile e fruttuoso il dialogo fra l’arte contemporanea e il suo passato, tra pubblico e privato.
Tale importante accordo, come sostiene il Direttore del Castello di Rivoli e della stessa Fondazione Cerruti, Carolyn Christov-Bakargiev, è inteso come “un motore di creatività per il Museo, in un dialogo inedito tra antico e contemporaneo [che verrà perseguito anche n.d.r.]  attraverso programmi educativi, artistici e curatoriali. Dietro a questa straordinaria collezione c’è la figura ideale di un amante dell’arte come Francesco Federico Cerruti […] un uomo discreto, che pur frequentando la casa di Rivoli e curandone la disposizione delle opere e degli arredi […] scelse di non abitarvi, continuando a vivere in un alloggio semplice nei pressi della sua fabbrica LIT (Legatoria Industriale Torinese) a Torino. La sensibilità e la generosità del collezionista Cerruti, la trama nascosta della sua passione sono ora parte integrante di questo nuovo polo museale, unico nello scenario italiano e internazionale. Sarà uno spazio straordinario, aperto al pubblico con visite guidate […]; artisti, scrittori, filosofi, storici dell’arte, saranno impegnati in un dialogo serrato per cogliere le vibrazioni dell’arte, capace di accogliere l’eredità del passato […] e di collocarla nel cuore pulsante del tempo presente”.
In questo senso il progetto è coerente con la mission del Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea di promuovere la comprensione del proprio tempo, attraverso l’arte e la cultura, coinvolgendo il pubblico locale e internazionale e favorendo, così, la crescita sociale e civile del territorio nel quale opera. Oltre a collezionare ed esporre opere d’arte, il Museo è un centro per la creatività, la ricerca, l’educazione e lo sviluppo della cultura soprattutto nel campo dell’arte contemporanea, come dimostrano il lavoro inesauribile del suo Dipartimento Educazione, volto ad attivare nuove strategie di audience engagement, e la nuova realtà del CRRI – Castello di Rivoli Research Institute, dedicata allo studio e valorizzazione di documenti d’archivio e alla riflessione sul presente che passa attraverso una relazione dinamica col passato.
 
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[1] G. de Chirico in “Discorso su materia pittorica”, articolo apparso in «II Corriere Padano», Ferrara, 5 aprile 1942; ristampato in «L’Illustrazione Italiana» illustrato con Autoritratto in costume, Milano, 26 aprile 1942, pp. 403-405