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Incroci creativi: due conferenze sulla cultura nel semestre di presidenza lettone dell’Unione Europea

  • Pubblicato il: 14/04/2015 - 19:12
Rubrica: 
VOCI DALL'EUROPA
Articolo a cura di: 
Pier Luigi Sacco e Erminia Sciacchitano

Nell’ambito del suo semestre di Presidenza UE, la Lettonia punta sui crossover creativi.
Pier Luigi Sacco e Erminia Sciacchitano, commentando il convegno Cultural and Creative Crossovers, riflettono sul ruolo della cultura come motore innovativo e sulla necessità di praticare sconfinamenti settoriali. Qualcosa all’orizzonte si intravede, ma dietro solide mura

 
Nell’ambito del suo semestre di Presidenza UE, la Lettonia ha scelto di puntare, nel campo delle politiche culturali, su un tema apparentemente specialistico ma in realtà di enorme importanza pratica nell’Europa dei prossimi anni: quello dei crossover creativi. Il concetto di crossover è di derivazione genetica, e si riferisce all’operazione attraverso cui, nella riproduzione sessuata, il DNA di un nuovo individuo si forma a partire da una ricombinazione dei patrimoni genetici dei genitori. E’ il meccanismo principe attraverso cui la natura genera novità attraverso la diversità: maggiori sono le differenze tra i patrimoni genetici di partenza, maggiore è la possibilità di dare luogo a configurazioni inedite attraverso la ricombinazione. Parlare di crossover culturali vuol dire chiedersi come la cultura, con tutto il suo patrimonio di diversità e complessità, possa dare luogo ad ibridazioni innovative con i settori più vari, dalla salute alla sostenibilità ambientale, dalla coesione sociale allo sviluppo tecnologico. In questo senso, è importante distinguere il termine crossover da quello apparentemente simile di spillover, che si riferisce agli effetti non intenzionali e non programmati di una determinata azione. Se pensiamo che la cultura produca effetti sull’economia e sulla società in termini di spillover, stiamo immaginando che ciò avvenga in modo accidentale ed episodico – che la cultura sia cioè un fattore di pura serendipità. Ma se pensiamo invece ai crossover culturali, partiamo dalla convinzione che questi effetti siano sistematici, metodologicamente prevedibili, e possano essere oggetto di precise e consapevoli scelte di politica economica (e culturale).
Il convegno Cultural and Creative Crossovers nella nuova, appena inaugurata Biblioteca Nazionale, partiva appunto da questa ambiziosa prospettiva per chiedersi come potesse la cultura oggi contare di più all’interno della strategia di sviluppo economico di lungo termine dell’Europa. Dalla riflessione dei molti specialisti europei invitati a parlare sono emersi vari fattori di criticità da non trascurare: in primo luogo, l’Europa poggia ancora su un’architettura istituzionale progettata nel XIX secolo e largamente inadatta ad affrontare le sfide di innovazione radicale poste dalla competizione globale del XXI secolo, e ciò richiede uno sforzo enorme di ripensamento della governance delle nostre società e delle nostre economie. Inoltre, malgrado le buone intenzioni, il ruolo della cultura come motore innovativo è molto marginale, allo stato attuale, sia all’interno dei sette progetti flagship della strategia Europa 2020 che dagli undici obiettivi tematici della politica europea di coesione – ovvero, dai blocchi costitutivi fondamentali della strategia di sviluppo europea a livello comunitario, nazionale e regionale – e quando è presente, tende ad essere associata in modo quasi esclusivo al turismo e all’ambiente piuttosto che all’innovazione.
Ma accanto a queste criticità sono emerse anche molte esperienze concrete che mostrano chiaramente come l’Europa sia in movimento e stia sviluppando le competenze che occorrono per dare corpo ad una vera politica di crossover culturali: dallo smart design per le disabilità alla cultura digitale per la semplificazione burocratica, dal contributo delle industrie creative al miglioramento dei sistemi sanitari al ruolo dei giochi nell’educazione scientifica, e così via. Non è mancata nemmeno l’attenzione verso soluzioni finanziarie innovative che permettano a questi nuovi settori emergenti di trovare risorse superando i muri, purtroppo ancora piuttosto solidi, di scarsa comprensione e consapevolezza che ancora impediscono a gran parte del sistema creditizio europeo di comprenderne il potenziale e di sostenerli con convinzione. Si esce dalla conferenza con la sensazione di trovarsi di fronte ad una realtà in forte crescita, che può diventare oggi un laboratorio di sperimentazione sempre più visibile ed influente per fare dei crossover culturali uno degli elementi portanti della strategia di sviluppo europea del settennio post-2020.
Parallelamente alla Conferenza sui crossovers, architetti, costruttori, designer, urbanisti, amministratori, residenti e società civile si incontrano alla Conferenza Heritage, Contemporary Architecture and Design in Interaction. L’obiettivo della Presidenza lettone era qui quello di aprire un'altra breccia nei confini settoriali, sulla scia delle precedenti Presidenze lituana, greca e italiana, promuovendo il dialogo fra gli esperti, per facilitare ancora una volta il raggiungimento degli obiettivi della strategia Europa 2020. Riga, sito Unesco per essere sempre stata al passo con il proprio tempo, preservando allo stesso tempo la sua integrità, come testimonia il suo quartiere Art Noveau, ben rappresenta il dilemma della città Europea, in perenne tensione fra sviluppo e conservazione. Il suo skyline colpisce per l'equilibrio fra emergenze e tessuto, ma rivela dissonanze e interventi discussi, come l’edificio dei Blackheads, presentato come attrattiva storica, ma ricostruito interamente nel 1999.
Senza pretendere di trovare una «formula magica», la Presidenza ha posto stimolanti domande, semplici, ma dalle risposte non immediate quando poste in visione trans-settoriale e europea: fra 100 anni sarà possibile mantenere l’atmosfera delle città storiche? I requisiti europei di protezione del patrimonio influenzano la qualità dell'architettura? Abbiamo una posizione comune verso riproduzioni e repliche? Sappiamo identificare insieme buone pratiche di interazione tra patrimonio culturale, architettura contemporanea e design? Sullo sfondo, le opere degli studenti dell'Accademia d’Arte e l'odore di trementina ricordano che la qualità cresce sul terreno del saper fare, trasmesso di generazione in generazione, attraverso l'interazione tra patrimonio, cultura e creatività. La dichiarazione comune di chiusura individua alcuni indirizzi «crossover» per creatività e innovazione centrate sulla persona, che rispettino i valori creati dalle comunità nel tempo, generando valore aggiunto per l'ambiente, la qualità della vita e la qualità sociale. Ad esempio il «Design for All», inclusivo e olistico, che coinvolge la diversità umana nel processo progettuale, per garantire l'accessibilità ai siti culturali, in un’Europa in cui la crescita delle aspettative di vita allarga lo spettro delle specifiche necessità. Fondamentale è in ogni caso il coinvolgimento delle popolazioni nelle decisioni e la formazione trans-settoriale.
Per valutare l'efficacia di tali politiche è però necessario misurare i benefici delle interazioni fra patrimonio, architettura e design nelle dimensioni culturale, fisica, digitale, ambientale, umana e sociale. Per il momento abbiamo risultati parziali, ma la ricerca europea sta avanzando; in particolare attendiamo i risultati del progetto «Cultural Heritage Counts for Europe: Towards a European Index for Cultural Heritage», finanziato dal programma europeo Cultura (2007-2013), che sara presentato a fine giugno. Non sarà però facile misurare il valore della ritrovata fiducia nelle istituzioni in quei paesi che, con l'ingresso in Europa, hanno potuto realizzare edifici pubblici di qualità, realizzare concorsi e aprirsi al confronto internazionale. Lo sguardo torna alla Biblioteca Nazionale, il cui profilo richiama la leggenda della Gaismas Pils, la collina di vetro che affonda nel periodo di oppressione e  simboleggia il raggiungimento delle aspirazioni più alte, i cui libri sono stati trasferiti da una catena umana di quindicimila persone, lunga 2 km, nel gennaio 2014, sotto una temperatura di -10 gradi. Un capitale sociale, questo sì, inestimabile.

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