Il tessuto come arte
Da domenica 1 ottobre al 7 gennaio 2018, le sale di Palazzo Te a Mantova presentano la mostra Il tessuto come arte: Antonio Ratti, imprenditore e mecenate, un omaggio all’industriale comasco che ha fondato un impero tessile famoso a livello internazionale, una realtà in cui impresa e arte sono sempre state strettamente intrecciate e proseguono con l’omonima fondazione. La vita imprendioriale di Ratti è definita da Stefano Baia Curioni, Presidente di Palazzo Te “un’esperienza capace di rilanciare un modo contemporaneo dell’umanesimo di fare impresa e di dettare le linee per un successo di rara intensità”.
Mantova. Palazzo Te offre una mostra suggestiva su un personaggio carismatico. Il tessuto come arte: Antonio Ratti, imprenditore e mecenate è un omaggio all’industriale comasco che ha fondato un impero tessile famoso a livello internazionale, una realtà in cui impresa e arte sono sempre state strettamente intrecciate e proseguono con l’omonima fondazione.
La mostra, promossa dal Comune di Mantova, dal Centro Internazionale d’Arte e di Cultura di Palazzo Te e dal Museo Civico di Palazzo Te, è stata realizzata in collaborazione con la Fondazione Antonio Ratti e curata dalla figlia Annie, insieme a Lorenzo Benedetti e Maddalena Terragni.
Il percorso è stato studiato nei minimi particolari per restituire il ritratto di un personaggio che ha fatto dell’amore per il disegno ed i tessuti – la seta in particolare - una forma d’arte e di sperimentazione, un punto di partenza che l’ha portato a investire in innovazione e tecnologia, in promozione culturale e risorse umane.
Ne abbiamo parlato con il professor Stefano Baia Curoni, presidente del Centro Internazionale d’Arte e di Cultura di Palazzo Te. «Esistono casi in cui la dimensione del rapporto delle imprese con l’arte è più etica che estetica. Ratti appartiene ad uno di questi casi preziosi. La cura e l’attenzione per le cose ed i progetti hanno evidenziato nell’impresa Ratti una dimensione poetica che a tutti gli effetti si è rivelata una marcia in più rispetto a tante altre realtà imprenditoriali. Questa mostra raccoglie la sfida di provare a raccontare come l’amore e l’attenzione, l’interesse e il confronto possano legare e far crescere arte e impresa.»
Una linea comportamentale, quella di Ratti, che lo ha portato a collaborare con grandi istituzioni culturali quali il Guggenheim, il Metropolitan Museum of Art di New York, Palazzo Grassi di Venezia, Palazzo Reale e il Padiglione d'Arte Contemporanea di Milano. Una storia da raccontare anche perchè, come precisa Baia Curioni «è una storia esemplare, in cui la cultura del fare industriale si è congiunta ad una profonda passione per l’arte, creando le condizioni per un’esperienza capace di rilanciare un modo contemporaneo dell’umanesimo di fare impresa e di dettare le linee per un successo commerciale di rara intensità».
L’esposizione racconta – in un dialogo studiato con le sale di Palazzo Te e con gli spazi delle Fruttiere – gli inizi della carriera di Ratti, quando nel 1945 fondò la Tessitura Serica Antonio Ratti per la lavorazione di cravatte e foulard in seta, fino alla fondazione del Gruppo Ratti, uno dei produttori di punta di tessuti ad alto contenuto tecnologico e creativo.
Il percorso è utile ad inquadrare la storia del fondatore e della sua azienda, ma illustra anche il processo di lavorazione industriale che porta al prodotto finito, dalla sperimentazione alla tradizione.
Seguendo il filo della mostra, si approda alle origini dell’omonima Fondazione, la quale venne fondata nel 1985, con l’intento di dare vita ad un centro in cui promuovere da un lato la ricerca culturale e storica nell'ambito del tessile, e dall’altro sostenere i giovani talenti in ambito artistico. Ecco come l’arte contemporanea è presente in mostra e nella storia dei Ratti, non solo grazie a Antonio ma anche e soprattutto per merito del lavoro della figlia Annie, artista e promotrice di numerose iniziative brillanti, la più famosa delle quali da oltre un ventennio promuove il lavoro congiunto di artisti affermati ed emergenti, coinvolgendoli nell’annuale workshop CSAV-Artists Research Laboratory. Si tratta di un momento di confronto della durata di un mese che si svolge a Como, un’occasione in cui artisti di fama internazionale - tra cui possiamo annoverare John Armleder, Julia Brown, Hans Haacke, Mario Garcia Torres, Renée Green, Joan Jonas, Giulio Paolini, Diego Perrone e Gerhard Richter - insegnano e producono alcuni giovani selezionati.
«Antonio era interessato al contemporaneo, ma restava più concentrato sulla costruzione - in parallelo - di due altre grandi collezioni: una strettamente legata alla produzione della sua azienda, l’altra dedita invece all’acquisizione di archivi che spaziavano da campionari di tessuti copti e veneziani, fino alle cravatte da donna seicentesche. Questo è stato un aspetto complesso ed importante nella pianificazione della mostra, siamo riusciti a rendere “raggiungibile” e fruibile una realtà complessa come l’Archivio dell’azienda Ratti, una realtà che conta circa 200 metri lineari per 60 metri di tessuti di ogni tipo. Abbiamo deciso di mostrarli al pubblico, farglieli toccare, rivestendo i manichini che guidano le persone attraverso il percorso espositivo», considera Annie Ratti.
Non deve stupire quindi il motivo per cui negli anni Novanta Antonio Ratti decise di finanziare la creazione di un centro per la conservazione, il restauro e la catalogazione delle collezioni tessili di proprietà del Metropolitan Museum of Art di New York, precedentemente ospitate presso i singoli dipartimenti del Museo stesso. Nacque così l'Antonio Ratti Textile Center al Metropolitan Museum of Art, una delle strutture più attrezzate per lo studio e la conservazione dei tessili, di cui un approfondimento in mostra legato al ciclo di conferenze dedicate alle attività di Ratti «Direttamente dal Metropolitan verrà un esperto a presentare, in una giornata dedicata nel nostro Museo, la storia del Textile Center. Quest’ultimo è un laboratorio fondamentale perché in ogni dipartimento e collezione del Metropolitan è presente una forte componente tessile, che riguarda le tradizioni degli atzechi come degli indiani d’America, dunque la buona conservazione di questi manufatti è di vitale importanza.
Ratti, che dal canto suo ha fatto crescere due importanti collezioni tessili – una sorta di parallelo privato e nazionale del Metropolitan come varietà e qualità – aveva chiara la necessità di un centro di ricerca del genere, e i rapporti tra le parti sono sempre stati sistematici e molto stretti.»
Una mostra che rappresenta certamente una grande sfida «Un’occasione per testimoniare che la dimensione etica del fare conta tanto quanto il capitale, che questo genere di modello è possibile, è una realtà cui si può aspirare», afferma Baia Curioni.
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