Il bilancio della Fondazione Cariplo si chiude nel 2011 con oltre 163 milioni erogati per 1.290 progetti
I Distretti Culturali della Fondazione Cariplo sono «progetti imprenditoriali. La loro riuscita sta nella motivazione di chi lo fa, nella capacità di pensare il nuovo» dicono Alessandro Rubini, project manager del progetto, e Cristina Chiavarino, direttore Area Arte e Cultura della Fondazione Cariplo
Quello dei «Distretti Culturali» è il maxi-progetto di sviluppo integrato del territorio promosso dalla Fondazione Cariplo, con un piano decennale (2005-2014) e uno stanziamento pari a 22,8 milioni di euro (5 dei quali già erogati). Avviato a seguito di un’indagine preliminare del Politecnico di Milano, ha l’obiettivo di promuovere la condivisione di un processo che crea sinergie virtuose tra le filiere culturali ed economiche di sei territori: Provincia di Monza e Brianza, Provincia di Cremona, Valtellina, Oltrepò Mantovano, Regge dei Gonzaga e Valle Camonica. Per ciascun Distretto la Fondazione ha stanziato un importo massimo di 3,8 milioni di euro, a fronte di un co-finanziamento di pari valore da parte di altri soggetti del territorio. Una metodologia di finanziamento innovativa per l’Italia – che supera il «grant-making» tradizionale e si avvicina al «challenge-granting» anglosassone – che ha spinto la Fondazione a confrontarsi con 150 soggetti tra regione, comuni, province, comunità montane, associazioni di categoria, operatori culturali, imprese e cittadini, all’interno di un sistema di relazioni articolate. Questo percorso ha posto l’attenzione sul ruolo delle fondazioni bancarie legato al concetto di sussidiarietà, nella costante ricerca del punto di equilibrio tra due modi di operare e intervenire, quello top-down e quello bottom-up. «Operiamo con tutte le delicatezze a entrare nel merito di questioni locali» afferma Alessandro Rubini «con una mediazione per favorire il dialogo, coordinare diverse funzioni, tutelare il corretto sviluppo del processo, per superare così le barriere che potrebbero bloccarlo quando il nostro compito sarà terminato». La sfida per la Fondazione è che il mondo economico si riconosca in questo processo di sviluppo territoriale basato sulla cultura e che le strutture politico-amministrative siano consapevoli della sua priorità strategica. «La complessità relazionale, far lavorare insieme le persone, è lo scoglio principale,ancora più difficile in percorsi lunghi, in cui spesso l’interlocutore cambia. E’ importante sedimentare capitale fiduciario e costruire un processo che non si lega alla persona, ma che realizza una comune condivisione di un orientamento strategico. Il nostro è un lavoro anche politico, non solo manageriale: realizziamo azioni simboliche per poi consegnarne i risultati al decision maker pubblico» continua Alessandro Rubini. Le cifre danno ragione alla Fondazione: ad oggi i cofinanziamenti raccolti dai territori fanno salire l’investimento complessivo a 65 milioni di euro.
Il 2011 è stato per molti distretti il momento della partenza vera e propria, con l’avvio delle strutture di governo, il consolidamento e l’ampliamento delle partnership, l’inizio delle principali azioni e delle spese previste, preannunciando per il 2012 un’intensa attività operativa. Molti sono gli strumenti specifici di cui la Fondazione si è dotata nelle fasi di selezione, monitoraggio e valutazione dei progetti, e ora, nel delicato avvio delle attività. «Dal punto di vista rendicontativo abbiamo derogato le procedure abituali, come, ad esempio, con l’anticipo agli enti pubblici e la richiesta di due report all’anno, per accompagnare il soggetto capofila nello sviluppo del progetto». Il processo è certificato nella qualità da Ernst & Young con un’attività di auditing; una società esterna è incaricata del monitoraggio dello stato di avanzamento, seguendo l’autovalutazione che ciascun Distretto fa del proprio operato. Il processo è permeato dalla formazione di competenze e ogni territorio organizza periodicamente, tramite lo strumento delle «comunità di apprendimento», workshop tematici, in cui si confronta con gli altri Distretti Culturali, potenziando il network. E’ evidente che non ci troviamo davanti al classico progetto erogativo. «Miriamo all’emancipazione del territorio, sollecitando e stimolando sempre a ragionare sulle coerenze e su una visione di lungo periodo» continua Rubini. «E’ un processo maieutico; noi non ci prendiamo in carico la strategia, ma ci confrontiamo con i territori sulle opportunità da cogliere».
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(dal XII Rapporto Annuale Fondazioni)