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I modelli di business delle strutture museali italiane:Fondazioni e Musei Autonomi a confronto

  • Pubblicato il: 15/11/2018 - 08:00
Rubrica: 
DOVE OSA L'INNOVAZIONE
Articolo a cura di: 
Stefano Consiglio, prof. ordinario di Organizzazione Aziendale Università Federico II di Napoli - Marco D'Isanto, Dottore commercialista esperto in organizzazioni culturali
Nell’ambito del Rapporto di Federculture 2018 abbiamo deciso di avviare una indagine per analizzare i modelli di sostenibilità dei Musei italiani.
E’ l’inizio di un lavoro che intendiamo proseguire nei prossimi anni, convinti del fatto che una valutazione delle performance dei Musei costituisca un utile e imprescindibile strumento per orientare il prezioso lavoro di chi dirige e realizza le politiche di gestione dei Musei e delle istituzioni culturali del nostro paese.
Premessa
L'esigenza di garantire la tutela e la conservazione del patrimonio culturale, di partecipare allo sviluppo culturale del territorio e di contribuire ai processi di inclusione sociale, rende l'attività dei responsabili della gestione dei musei peculiare e sotto certi aspetti particolarmente sfidante.
La necessità di rispondere ad una pluralità di funzioni e di assicurare un servizio pubblico rende spesso difficile il raggiungimento di un equilibrio economico.
I musei come qualunque organizzazione hanno il problema di avere un modello di business in grado di salvaguardare il proprio equilibrio economico.
L'obiettivo dell'indagine, pubblicata nella sua interezza nel Rapporto Federculture 2018, è stato quello di analizzare i modelli di business di otto fondazioni museali (promosse da soggetti pubblici, per lo più Enti Regionali e Locali, ma in alcuni casi anche dallo Stato) e di sette musei autonomi[1].
Si tratta di un lavoro che mira a valutare le modalità utilizzate dalle istituzioni museali per fare fronte ai costi di gestione e non a stilare una lista dei buoni e dei cattivi. Riteniamo infatti che bisogna partire sempre dal presupposto di fondo che caratterizza le istituzioni culturali: il loro output non è finalizzato a produrre un reddito o a massimizzare i risultati reddituali, ma a fornire un dividendo sociale in grado di migliorare complessivamente la capacità di fruizione dei prodotti culturali da parte di una comunità.
 
I risultati dell'indagine
 
Il grado di autonomia delle istituzioni museali
Il grado di autonomia delle istituzioni museali analizzate, e cioè la percentuale di entrate da ricavi caratteristici sul totale delle entrate, è abbastanza rilevante.
Nel campione analizzato emerge che in media il 62% dei ricavi delle fondazioni culturali deriva dai ricavi caratteristici (incassi da biglietti, location management, attività didattica, vendite di altri servizi, diritti di concessione).
Per i musei autonomi si evidenzia un dato altrettanto importante: in media il 75 % dei proventi dei musei autonomi deriva dai ricavi caratteristici.
E’ di tutta evidenza che i musei analizzati mostrano una discreta capacità di generare ricavi in forma autonoma che costituisce una premessa interessante per verificare come, nei prossimi anni, questa tendenza possa consolidarsi in seguito anche all’autonomia economico-finanziaria concessa dalla Riforma Franceschini.
 
La capacità di fundraising delle istituzioni museali italiane
La capacità di fundraising delle istituzioni museali italiane, misurata dall'abilità nell'attrarre contributi in conto gestione provenienti da soggetti privati (grandi e piccoli donatori) è molto limitata sia per le fondazioni che per i musei autonomi.
Per quanto concerne le fondazioni analizzate si riscontra che i contributi privati rappresentano in media l'11% dei proventi complessivi.
Nel caso dei musei autonomi, invece, l'incidenza dei contributi privati è ancora più bassa e si attesta, in media, poco al di sopra del 3%. La maggioranza dei musei autonomi coinvolti nell'indagine non ha rilevato in consuntivo alcun contributo privato a supporto della gestione del museo.
L'indagine conferma un dato già noto alle statistiche e cioè la difficoltà da parte delle istituzioni culturali di ottenere risorse da parte dei privati. In particolare sono le erogazioni liberali delle persone fisiche che presentano un'incidenza bassissima, mentre maggiore dinamismo è espresso dalle fondazioni bancarie le cui erogazioni sono però concentrate nel nord del paese.
 
I modelli di business dei musei
L'analisi svolta sui proventi delle istituzioni museali del campione evidenzia che il modello di business prevalente è quello che abbiamo definito commerciale: 6 musei (di cui quattro musei autonomi e due fondazioni) su 15 si reggono quasi esclusivamente sui ricavi commerciali ed i contributi pubblici incidono marginalmente (meno del 20%).
Il modello delle dipendenza dal pubblico è minoritario; solo tre realtà si reggono quasi esclusivamente con i contributi pubblici e tra queste ritroviamo due fondazioni ed un museo autonomo.
Tre realtà (due musei autonomi e una fondazione) presentano un modello misto in cui le entrate commerciale ed i contributi pubblici si equivalgono.
Tre fondazioni museali presentano, infine, un modello ibrido in cui cioè parte dei contributi in conto gestione provengono da soggetti privati, mentre nessun museo autonomo presenta questa caratteristica.
 
Conclusioni
L'indagine svolta su quindici importanti musei italiani non può ovviamente fornire un quadro rappresentativo del comparto, ma sicuramente è in grado di offrire spunti utili per comprendere l'evoluzione in atto in Italia.
Una prima considerazione che emerge dall'indagine è legata all'aspetto metodologico: la sezione Amministrazione Trasparente ha indubbiamente migliorato la possibilità di recuperare i dati, ma tendenzialmente gli impianti contabili sono disomogenei, non esistono criteri uniformi di classificazione delle varie voci di bilancio, le note esplicative al bilancio non sono sempre presenti o non presentano sufficienti elementi di dettaglio, non esiste una “rendicontazione sociale” nell’ambito delle istituzioni Museali.
Una seconda considerazione generale che emerge dall'analisi dei bilanci e degli annual report è che con un investimento modesto da parte dello Stato, con i contributi privati quasi inesistenti e con una innovazione che inizia solo adesso a manifestarsi in Italia, i musei riescono a fare numeri importanti, a generare ricavi e ad essere un punto essenziale dei flussi turistici del nostro paese. Con investimenti più solidi e con modelli organizzativi e gestionali più moderni il sistema museale italiano sarebbe in grado di rappresentare un volano importante della crescita culturale ed economica del Paese.
Il modello di business che abbiamo definito "commerciale" è quello che caratterizza più strutture museali tra quelli esaminate. Il risultato solo in parte sorprende in quanto parliamo di strutture museali di grandi tradizioni e localizzate in centri urbani caratterizzati da significative presenze turistiche.
Il modello di business che abbiamo definito ibrido e che costruisce la sostenibilità cercando di puntare su tutte le diverse aree di copertura (ricavi commerciali, contributi pubblici e privati) inizia a farsi strada tra le strutture museali soprattutto le Fondazioni.
Su questo aspetto si rende necessario aprire una riflessione sul management dei Musei. Una gestione economicamente sostenibile, un'elevata qualità della produzione scientifica e una fruibilità più estesa dei beni culturali devono essere obiettivi imprescindibili di una gestione museale moderna. Lo sforzo che deve essere compiuto, e che in parte è iniziato con la Riforma Franceschini, è quello di tenere insieme gli obiettivi ognuno dei quali risulta essere indispensabile per costruire, a partire dai musei, un racconto diverso della cultura in Italia.
 

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[1] Le realtà analizzate sono: Fondazione Donnaregina, Fondazione Maxxi, Fondazione Museo delle Antichità Egizie di Torino, Consorzio la Venaria Reale, Fondazione Museion, Fondazione Musei Civici di Venezia, Fondazione Pecci Prato, Fondazione Palazzo Ducale di Genova e Gallerie degli Uffizi, Gallerie dell’Accademia (Venezia), Museo Archeologico Nazionale (Napoli), Pinacoteca di Brera, Reggia di Caserta, Galleria Nazionale dell’Umbria, Museo Archeologico Nazionale (Reggio Calabria).