Italia Non Profit - Ti guida nel Terzo Settore

Fondazione Nivola. Eccellenza e autenticità per guardare il mondo

  • Pubblicato il: 12/09/2016 - 19:26
Rubrica: 
FONDAZIONI PER LA CULTURA
Articolo a cura di: 
Giangavino Pazzola

In che modo uno scenario periferico come quello di Orani, paese natìo di Costantino Nivola - uno dei più importanti artisti mai vissuti in Sardegna - resiste alla marginalità geografica? In che modo tale lateralità rispetto alle rotte dell’arte contemporanea mondiale diventa punto di osservazione privilegiato? Ne abbiamo parlato con Giuliana Altea, docente all’Università di Sassari, critica d’arte e massima esperta dell’artista sardo, entrata nel comitato scientifico della Fondazione Nivola nel 2014 ed eletta presidente lo scorso anno, periodo in cui il museo Nivola ha raddoppiato il pubblico presente alle proprie mostre e attività


Orani (NU) - Nel 1990 “il progetto nasceva sull’onda dell’emozione creata dalla morte dell’artista e dalla volontà della vedova e della comunità di Orani di celebrarne la memoria. Gli obbiettivi erano lo studio e valorizzazione delle sue opere e la promozione dell’arte contemporanea, con un deciso focus sul contesto regionale della Sardegna”. Oggi la Fondazione Nivola possiede un patrimonio importante e una funzione sociale centrale nel territorio: la collezione delle opere dell’artista si è arricchita negli anni di circa 300 opere scultoree e grafiche, mentre l’Ente mette a disposizione della comunità un parco e spazi espositivi che, dall’anno della nascita del museo, si sono ampliati costantemente assumendo il carattere di parco architettonico-paesistico di grande pregio. In un piccolo comune della Sardegna centrale, la nuova presidenza e direzione della Fondazione stanno affrontando un radicale cambiamento, focalizzato sulla razionalizzazione delle spese di gestione e sull’aumento delle attività e dei programmi didattici – tutti di alto profilo culturale. Significative, in questo senso, diventano voci come la differenziazione delle fonti di finanziamento – dove la quota di finanziamento pubblico passa dal 99% al 64% del totale e aumentano le risorse reperite in maniera autonoma. I progetti espostivi, i laboratori e le attività didattiche sono passate, negli ultimi due anni, da 10 per anno a 134. Altri fattori positivi di gestione sono l’adeguamento della struttura agli standard museali internazionali e la stabilizzazione dei lavori precedentemente precari. Un nuovo atteggiamento che si riflette nelle cifre dell’istituzione: aumento esponenziale di pubblico e relativi incassi: il primo è quadruplicato dal 2011, passando da 3000 a 12000 visitatori paganti, mentre i secondi sono cresciuti di 25 volte e contribuiscono ad un budget totale annuo di poco inferiore alle 330000 euro.
Un museo e un territorio in dialogo col contesto internazionale attraverso l’opera di un artista legatissimo alle sue radici – a un tempo –e cittadino del mondo. Formatosi con Persico, Nizzoli e Martini all’Istituto Superiore per le Industrie Artistiche di Monza negli anni Trenta; disegnatore, grafico e direttore artistico della Olivetti nei Quaranta, inventore della tecnica scultorea del sand-casting, sposo di Ruth Guggenheim e grande amico di Le Corbusier e Saul Steinberg, docente universitario in varie facoltà americane, autore di opere sintetiche dal contenuto profondo e dalla memoria archetipa dei luoghi della sua infanzia: la Sardegna.
Cosa impariamo da questo caso? Le eccellenze che lavorano in maniera efficiente in un territorio potenzialmente limitante per la sua caratterizzazione demografica e geografica possono rivelarsi una grande risorsa culturale e di memoria, una leva economica, una spinta all’inclusione sociale, un marchio che proietta una realtà locale su un piano più ampio.

Il tuo rapporto con Costantino Nivola è di lunga durata e si è sviluppato tramite ricerche accademiche, pubblicazioni divulgative e retrospettive sulla produzione artistica dell’artista oranese. Attualmente sei la presidentessa della Fondazione, oltre ad essere una dei principali esperti dell’opera di Nivola. Potresti fare un accenno alle tappe principali di questa relazione?
Ho cominciato a occuparmi di Nivola nel 2005, quando mi capitò di stendere un piccolo libro divulgativo su di lui. Il suo lavoro al confine tra arte, architettura e design e la sua straordinaria storia personale mi hanno colpito e ne ho approfondito la conoscenza con studi e mostre. E’ così che nel 2014 sono entrata nel comitato scientifico della Fondazione e quindi, nel 2015, ne sono stata eletta presidente. Nel frattempo ho pubblicato con Antonella Camarda la monografia Nivola. La sintesi delle arti (Ilisso, 2015), la prima ricostruzione complessiva dell’opera di Nivola svolta sulla base dello scandaglio degli archivi americani e italiani.
La Fondazione Nivola nasce nel 1990 per volontà della Regione Sardegna, del Comune di Orani, della moglie Ruth Guggenheim e della famiglia dell’artista. Quali sono le premesse scientifiche e gli obiettivi di quel progetto?
Il progetto nasceva sull’onda dell’emozione creata dalla morte dell’artista e dalla volontà della vedova e della comunità di Orani di celebrarne la memoria. Gli obiettivi erano lo studio e valorizzazione delle sue opere e la promozione dell’arte contemporanea, con un deciso focus sul contesto regionale della Sardegna. Dopo la creazione del museo nel 1995, l’attività si concentrò sull’organizzazione di mostre di Nivola in varie sedi nazionali e - nei primi anni - di un premio di scultura regionale.

Il patrimonio della Fondazione è costituito dalla collezione delle opere e dal patrimonio immobiliare, che comprende un parco e gli spazi che ospitano il Museo Nivola. Come si è sviluppata quella prima visione e in che maniera cercate di dare continuità al progetto da quando sei presidentessa?
Dopo la dotazione iniziale la collezione si è arricchita con nuove donazioni della famiglia Nivola, per un totale di oltre 300 opere. Il museo è stato ampliato per gradi, fino a trasformarlo in un complesso architettonico-paesistico molto interessante: all’ex-lavatoio restaurato da Peter Chermayeff nel 1995 si è aggiunto nel 2004 un padiglione staccato; è seguita quindi la sistemazione del parco, e infine nel 2012 la creazione di una nuova ala del museo, a firma di Gianfranco Crisci. Progetti di qualità, ma che presentavano una serie di problemi di accessibilità e di gestione, dovuti in primo luogo alla dislocazione dei vari corpi su più livelli collegati da scale. Abbiamo cercato di valorizzare questo capitale, rendendo gli spazi più funzionali e meglio adatti ad ospitare la collezione, ridisegnata secondo un nuovo progetto espositivo, e le mostre temporanee che abbiamo cominciato ad organizzare.

Ci potresti descrivere come si articolano le attività della Fondazione e in che cosa si differenziano da quelle del Museo? In che modo dialogano Museo e Fondazione?
La fondazione ha nella sua pancia il museo, come braccio operativo o sono due enti diversi?
Tra fondazione e museo c’è una sinergia molto stretta e un travaso costante di energie. Chiaramente la prima ha una serie di compiti che travalicano quelli specifici del museo, e che comprendono per esempio la realizzazione di progetti extramuros e di iniziative editoriali e il networking con altre istituzioni.

Dopo la nomina del nuovo cda, due priorità della Fondazione Nivola sono state l’accessibilità e il riallestimento della collezione. Due interventi che mi sembrano mirati ad accogliere nel migliore dei modi i visitatori. Quale impostazione alla base del nuovo allestimento?
L’idea del gruppo di lavoro composto da Antonella Camarda, Richard Ingersoll e da me era da un lato consentire la piena accessibilità fisica, dall’altro raccontare la vicenda di Nivola con maggiore puntualità, contestualizzandola con l’aggiunta di foto, filmati, testi e contenuti scaricabili via QR code. L’allestimento di Alessandro Floris ha centrato questi obiettivi: pensato secondo un codice unitario che non interferisce con la percezione delle opere e insieme ne valorizza le qualità formali, disegna un percorso non discriminante tra abili e disabili, dove ad esempio la rampa di accesso è anche corridoio della grafica.

Oltre alla collezione permanente, l’attività espositiva del museo comprende anche progetti temporanei. Quali sono i focus tematici sui quali vi concentrate?
Il museo privilegia una serie di temi che erano al centro degli interessi di Nivola, come la scultura, il design e l’arte pubblica, ma anche tutte quelle forme di ibridazione e sconfinamento tra le forme espressive che rappresentano un ambito di ricerca artistica per noi di grande interesse. In questo senso è emblematica la mostra appena conclusa Andrea Branzi. La metropoli primitiva, ricognizione su un architetto che non ha mai costruito un edificio ma è un artista e un maestro del design.

Quali progetti di mostra ospitate in questo momento?
Il mito quotidiano. Arte italiana del 900 dalla collezione Tilocca e Salvatore Fancello. La forma inquieta, due mostre in un certo senso complementari perché presentano le due facce, classica e anticlassica, dell’arte negli anni del fascismo.

Come è organizzata la Fondazione a livello gestionale, quante persone ci lavorano e come funziona la sua sostenibilità?
Oltre al CdA, al direttore Antonella Camarda e al comitato scientifico, c’è uno staff di 5 persone: la responsabile amministrativa, il responsabile del settore educativo e tre figure nel settore accoglienza. Quattro sono part time, ma tutti a tempo indeterminato, per una scelta precisa diretta a garantire il benessere del personale e la sua identificazione con l’istituzione. I finanziamenti vengono dalla Regione Sardegna e dalla Fondazione di Sardegna, più i fondi reperiti attraverso l’attività di progettazione, la bigliettazione e il bookshop. Stiamo lavorando alla realizzazione di una caffetteria.

In che maniera vi mettete in relazione con gli altri attori culturali e istituzionali del territorio? E su una scala sovra-regionale?
Fare sistema è un’esigenza irrinunciabile, specie quando si opera in contesti periferici. Abbiamo rapporti di reciproco aiuto e collaborazione con i principali musei del territorio, a cominciare dal MAN di Nuoro e dal Museo delle Maschere di Mamoiada, collaboriamo attivamente col Parco Geominerario della Sardegna, con diversi comuni, col Politecnico di Milano e l’Università di Sassari.
Quali sono le partnership e le collaborazioni più importanti che avete attivato sino ad oggi?
Quelle con la Fondazione di Sardegna, che da quest’anno è nostro socio sostenitore, con Tiscali che è partner tecnologico, con la Reale Mutua Assicurazioni, con lo stilista Antonio Marras e lo studio grafico Paolo Bazzani.

Qual è il vostro target di pubblico, quali sono le azioni attraverso le quali cercate di includerlo e come monitorate l’adesione alle vostre attività?
Un museo che opera in un piccolo paese deve essere anzitutto una risorsa per la comunità locale, e noi teniamo molto a esserlo, ma la nostra proposta culturale è diretta anche al pubblico turistico e a un’audience più specialistica come quella rappresentata da artisti, architetti e designer. Un ruolo importante hanno le attività didattiche con le scuole, i workshop e gli eventi culturali ospitati dal museo accanto all’attività espositiva; il sito web, che non a caso è in italiano, in inglese e in sardo; e i social media, sui quali siamo molto attivi, grazie anche agli input offertici da Gianluca Nonnis, esperto del settore e membro del nostro cda. I risultati vengono monitorati tramite questionari di soddisfazione del pubblico e col monitoraggio dei visitatori, che devo dire ci sta dando delle soddisfazioni, dato che nell’ ultimo anno abbiamo registrato un incremento del 100%.

© Riproduzione riservata