Electropark Festival. Quando la musica crea valore per il territorio e i cittadini
Electropark è un festival di musica elettronica dedicato alla sperimentazione artistica multimediale con una particolare attenzione ai contesti urbani locali, alla loro storia e al vissuto sociale. Prodotto da Forevergreen.fm, impresa culturale attiva sul territorio di Genova dal 2010 e su quello di Milano dal 2015, Electropark contribuisce alla rigenerazione urbana e alla creazione di valore per il territorio e i cittadini. Per conoscere meglio il festival e le sue attività abbiamo incontrato Alessandro Mazzone, fondatore insieme ad Andrea Grassullo di Forevergreen.fm. Dal confronto è emerso un percorso in continua evoluzione, reso possibile anche grazie al contributo di importanti fondazioni bancarie come Fondazione Cariplo e Compagnia di San Paolo, capace di produrre innovazione sociale a base culturale attraverso la musica e l'attivazione di processi di inclusione sociale, integrazione e promozione delle diversità.
Come è nata l'idea del Festival Electropark e come si è sviluppata nel corso nel tempo?
Electropark prima ancora che un festival è un progetto culturale nato nel 2012. Electropark è una produzione di Forevergreen.fm, impresa culturale formata da 7 persone che si occupano di progettazione culturale, produzione di eventi, direzione artistica-tecnica, comunicazione, formazione e policy sharing, attiva sul territorio di Genova dal 2010 e su quello di Milano dal 2015. Forevergreen.fm è stata creata nel 2010 da me e Andrea Grassullo che attualmente si occupa con me della direzione generale. Electropark è la principale produzione e la sua mission è quella di portare la musica elettronica in luoghi non convenzionali quali edifici storici come Sala Dogana e Palazzo Ducale, musei come la Commenda di Prè, o in passato teatri cittadini come il Teatro della Tosse e il Teatro dell'Archivolto a Genova, e come il Teatro Franco Parenti e l’ex casello daziario all’Arco della Pace a Milano in occasione della Milano Music Week.
Negli ultimi due anni la nostra attività si è radicata maggiormente nel tessuto cittadino, in particolare nel centro storico di Genova, con un'evoluzione progettuale anche in termini di creazione di valore sul territorio dove il festival viene prodotto e fruito. Il festival in termini di contenuti ospita artisti internazionali delle principali scene di musica elettronica a livello europeo, come la Germania, la Francia, l’Olanda spingendosi fino oltre oceano e artisti emergenti della scena locale e nazionale per creare delle sinergie tra i diversi livelli della produzione musicale contemporanea. L'altro linguaggio utilizzato all'interno del festival è quello delle arti visive attraverso l'uso del visual mapping e quest’anno della realtà virtuale per valorizzare gli edifici storici in cui il festival si svolge. Electropark è quindi un festival interdisciplinare sia dal punto di vista dei contenuti che degli interventi di rigenerazione urbana che vengono realizzati all'interno del centro storico cittadino.
Dalla sua nascita ad oggi il festival, oltre ad essersi trasformato in termini progettuali, è cresciuto anche in termini di risposta e di coinvolgimento del pubblico. Sebbene siamo partiti con delle cifre piuttosto basse, nel corso dell'edizione del 2015 abbiamo raggiunto circa 4mila presenze, distribuite nei tre giorni del festival e nelle date di anteprima. Nel 2017 il numero di partecipanti è cresciuto ulteriormente con quasi 6mila presenze complessive durante tutto l’anno.
Quest'anno avete lanciato anche l'iniziativa “Ricordati di Prè”, una campagna di crowdfunding per realizzare una serie di eventi nel quartiere di Pré, che si trova nel centro storico di Genova. Ci puoi raccontare questo progetto?
Un anno fa, durante l'edizione 2016 del festival, abbiamo proposto quasi per caso un dj set al Mercato dello Statuto, storico mercato comunale di frutta e verdura al centro del quartiere di Prè, e ci siamo accorti di quanto le persone che vivono Prè tutti i giorni avessero bisogno di iniziative come questa per far riscoprire agli altri cittadini quel pezzo di città. Allora abbiamo deciso di avviare nuove relazioni di scambio e di avviare una campagna di crowdfunding per estendere il progetto ed utilizzare nel corso dell'edizione 2017 del festival anche il Mercato Ittico dei pescatori della Darsena in Calata Vignoso e la splendida Piazza dei Truogoli di Santa Brigida. Questo perché siamo convinti che la riqualificazione di Prè passi attraverso iniziative culturali che lo rendano maggiormente attraente sia per i cittadini che per l'avvio di nuove attività commerciali.
Questa iniziativa, con il supporto di alcune organizzazioni presenti sul territorio come l’Associazione Matrioske, ha coinvolto circa 25 esercizi commerciali della zona e i cittadini residenti nel quartiere, usando la cultura come tramite tra questi due diversi stakeholder. In questo modo siamo riusciti a coinvolgere il pubblico secondo una logica di co-produzione, rendendo maggiormente partecipi le persone che vivono e che alimentano il festival sia come fruitori che come produttori. Siamo molto soddisfatti perché la campagna di crowdfunding è riuscita a raggiungere e superare il proprio obiettivo, raccogliendo attraverso la piattaforma Eppela.com più di 11mila euro.
In che modo un festival come Electropark, che realizza eventi di musica elettronica in contesti non convenzionali, contribuisce alla rigenerazione urbana e alla creazione di valore per il territorio e i cittadini?
Negli ultimi due anni la nostra attività si è concentrata e focalizzata sulla rigenerazione urbana non di uno spazio specifico, ma di diversi spazi che si trovano all'interno di un contesto definito come quello del quartiere di Prè. Si tratta di una zona che versa in condizioni di semi-degrado e che presenta un problema di integrazione, difficile da gestire, tra le comunità straniere che vivono quei luoghi – in particolare le comunità senegalese, marocchina, ecuadoregna e cinese – e la comunità locale. In virtù di ciò abbiamo progettato una parte della prossima edizione di Electropark Festival con l'intento di proporre dei contenuti culturali e artistici che mettano più a stretto contatto le diverse comunità, in modo da renderle partecipi del processo di rigenerazione urbana attraverso attività di co-progettazione e in alcuni casi di co-produzione. Questo è un passaggio importante perché ci consente di ampliare la mission originaria del festival, che era orientata alla valorizzazione temporanea di alcuni luoghi storico-artistici della città, verso la rigenerazione urbana di un’area più ampia come un quartiere. Nel 2017, grazie anche alla campagna di crowdfunding, abbiamo ampliato il numero di spazi da rigenerare e siamo passati da tre a sei luoghi, presentando eventi live e dj-set in contesti come: il museo-teatro della Commenda, la Chiesa di San Giovanni, il mercato ittico dei pescatori della darsena e il mercato ortofrutticolo dello Statuto, oltre a Piazza dei Truogoli e Palazzo Ducale.
Tuttavia l'utilizzo temporaneo di spazi non convenzionali rende la produzione un punto critico, perché implica una valutazione dei rischi e delle norme di sicurezza che è necessario garantire al pubblico che partecipa agli eventi. Purtroppo ci sono dei vincoli, sia in termini di capienza che in termini di disponibilità delle informazioni per ottenere le giuste autorizzazioni a garanzia della sicurezza dei partecipanti, che ci mettono in una situazione di incertezza lungo le fasi di pre-produzione e produzione. In ogni caso, grazie allo studio del contesto e al supporto di un ingegnere che ci segue in queste attività di tipo burocratico, siamo riusciti a superare almeno in parte queste difficoltà. Nel 2017 è arrivato anche un segnale di riconoscimento da parte dell'amministrazione pubblica, che ha concesso finalmente il patrocinio a Electropark Festival. Ora la sfida sarà quella di riuscire a trovare un modello che ci consenta di superare i vincoli della temporaneità a favore di interventi definitivi.
Quali sono, dal tuo punto di vista, i principali punti di forza e le maggiori criticità di una realtà come la vostra?
Il primo punto di forza è relativo al fatto che dal 2010 ad oggi abbiamo avuto la possibilità di lavorare sul campo, acquisendo know-how e competenze che ci hanno permesso di realizzare un prodotto culturale con una qualità sempre crescente. In un certo senso la mission del festival, che è legata appunto alla rigenerazione e al riuso temporaneo di luoghi per riattivarli per un target eterogeneo, ci ha permesso di ampliare le nostre competenze verso altri ambiti e di tenere il passo rispetto ai cambiamenti che negli ultimi anni hanno riguardato sia il settore culturale che il Terzo settore. Questo ha fatto sì che oggi abbiamo la possibilità di posizionarci, sia nel contesto genovese che in quello milanese, su un mercato che è trasversale rispetto alle dinamiche culturali e sociali. Inoltre nel corso del tempo ognuno di noi ha messo a disposizione del gruppo le proprie competenze nei campi del project management, del marketing, della programmazione, della ricerca artistica, permettendoci di imparare gli uni dagli altri. Sul fronte delle criticità, la difficoltà più importante è connessa alla sostenibilità economica del nostro progetto. Da questo punto di vista stiamo lavorando per riuscire a spostare leggermente la nostra vision anche verso dinamiche di “business” orientate verso un'idea di prodotto culturale replicabile e scalabile. Attualmente l’essere parzialmente economicamente sostenibili non consente un effettivo lavoro full time da parte di tutti all’interno di Forevergreen.fm. A questo si aggiunge l'enorme impegno - che però è anche punto di forza - di lavorare contemporaneamente in due contesti, Genova e Milano, tra loro vicini ma con gradi di maturità differenti che implica un’enorme mole di lavoro che si ripete.
Il vostro festival è riuscito ad accedere ai finanziamenti messi a disposizione da importanti fondazioni, come Fondazione Cariplo e Compagnia di San Paolo. Quanto hanno inciso tali contributi sullo sviluppo delle vostre attività?
Al di là del Goethe-Institut che ha contribuito fin dall'inizio oltre che idealmente anche economicamente al progetto, il primo vero contributo che ci ha permesso di fare un salto di qualità è arrivato nel 2016 – in funzione del progetto triennale Electropark Exchanges, rassegna di musica elettronica per un pubblico seduto al Teatro Franco Parenti di Milano – attraverso il bando “Funder35”. Questo contributo, dal mio punto di vista, ha generato due tipi di impatto. Il primo è stato quello di aver rafforzato la struttura organizzativa interna, perché “Funder35” offriva non solo un sostegno di tipo economico ma anche un servizio di accompagnamento dal punto di vista imprenditoriale anche grazie al supporto di Fondazione Fitzcarraldo con cui spesso mi confronto relativamente alle strategie organizzative e in generale sulle tematiche culturali che alimentano il settore (ad esempio in occasione degli appuntamenti ArtLab). Il secondo impatto generato dal sostegno ottenuto da Fondazione Cariplo si riferisce alla realizzazione della campagna di crowdfunding a Genova di cui parlavamo prima. Infatti abbiamo avuto l'opportunità di fare un breve percorso di formazione e accompagnamento, gestito da Fondazione Cariplo, su come impostare e organizzare una campagna di crowdfunding e di accedere a un percorso di mentorship a cura di Fondazione Sviluppo e Crescita CRT, che attraverso il metodo del matching-grant ci ha consentito di raggiungere oltre il 100% dell'obiettivo che ci eravamo prefissi. Questo secondo impatto ha prodotto un importante link tra il progetto milanese e le attività che svolgiamo a Genova.
Riguardo a Genova - in funzione dell'edizione 2017 del festival - il contributo maggiore che il festival ha ricevuto è stato attraverso il bando “ORA! Linguaggi contemporanei, produzioni innovative” della Compagnia di San Paolo, in partnership con Fondazione Carige, di cui si sono visti i risultati già nel 2017, sia in termini di risposta del pubblico – quale conseguenza di una più intensa attività di comunicazione – che soprattutto in termini di produzione, in quanto il bando “ORA!” andava a finanziare in particolare le attività più strettamente legate alla produzione culturale.
Nell’ambito della sesta edizione di Electropark si è tenuta la tavola rotonda “Music is culture” sulle novità in materia di cultura, spettacolo e impresa sociale a cui hanno partecipato i Deputati alla Camera firmatari delle proposte di legge sull'Impresa Culturale Creativa (DDL n. 2950) e di revisione del Codice Spettacolo (DDL n. 2287-bis), oltre che esperti di imprese culturali e imprese sociali. Quali sono gli aspetti salienti che sono emersi dall'incontro?
La tavola rotonda “Music is culture” è il frutto di un lavoro di approfondimento che era stato avviato nel 2016 con un'altra tavola rotonda che si intitolava “La musica non è rumore”, volta a individuare soluzioni che potessero favorire la produzione di festival ed eventi di musica nel rispetto di chi vive nel centro storico cittadino, senza arrecare fastidio o disagio. Questo era stato un primo appuntamento, che ci ha permesso di avviare una serie di studi che ho seguito in prima persona, a partire dai quali mi sono reso conto che a livello nazionale si stavano muovendo alcune cose in termini di riflessioni e proposte di legge.
La tavola rotonda “Music is culture” durante la sesta edizione di Electropark ha approfondito il tema dell'imprenditoria culturale e lo ha messo a confronto con i diversi contesti in cui questa tematica si sta sviluppando, cultura-sociale-impresa. Quindi sono stati presi come riferimenti la riforma del Terzo settore e le proposte di legge sull'Impresa Culturale Creativa (DDL n. 2950) e di revisione del Codice Spettacolo (DDL n. 2287-bis), che tra gli altri aspetti pone l'attenzione sulla semplificazione dei processi burocratici e autorizzativi per la produzione di eventi di spettacolo dal vivo. Questi tre riferimenti normativi hanno contribuito alla discussione che ha toccato diversi temi, in particolare quelli legati all'imprenditoria culturale messa a confronto con l'imprenditoria che si occupa di innovazione sociale. L'aspetto interessante che è emerso dal dibattito è il carattere di ibridazione che si sta sviluppando intorno ai campi della cultura e del sociale, evidenziando come in questa fase sia molto importante riuscire ad attivare reti e collaborazioni che permettano a soggetti o progetti di lavorare insieme per creare partnership capaci di produrre innovazione sociale e culturale.
Recentemente avete avviato anche una ricerca volta a valutare l'impatto sociale generato dal festival. Puoi dirci qualcosa di più a riguardo?
Oltre che di un mio personale percorso di approfondimento di alcuni temi, il progetto sulla valutazione di impatto sociale è il frutto di una evoluzione della tesi di ricerca svolta da Valeria La Mantia (Design della Comunicazione del Politecnico di Milano), che ha permesso di definire meglio vision e mission di Electropark e Forevergreen.fm e il posizionamento del festival sul mercato.
La ricerca sulla valutazione dell'impatto sociale è stata avviata ai primi di ottobre, poco prima dell'edizione 2017 del festival, ed è partita da alcuni quesiti che ci siamo posti rispetto alla nostra attività, che è quella appunto di portare contenuti musicali all'interno di spazi non convenzionali in una forma temporanea. L'analisi copre un arco temporale che va dal 2012 al 2017, e prende in considerazione i diversi stakeholder con cui nel corso degli anni abbiamo lavorato e con cui c'è stato uno scambio di competenze, visibilità e co-progettazione.
La valutazione dell'impatto sociale del festival si sviluppa intorno a diverse aree di ricerca tra cui il capitale umano, la valutazione dei luoghi e del budget e il crowdfunding. Il crowdfunding è stato inserito come un'area di ricerca specifica, perché prevede già di suo una forte ricaduta sociale sul territorio. Rispetto al budget, l'obiettivo principale è quello di riuscire a individuare quali sono le diverse voci di spesa andando a fare un'analisi dei diversi centri di costo. Per quanto riguarda i luoghi, intesi come patrimonio culturale, i punti cardine che stiamo analizzando sono quelli legati all'audience development, alla regolamentazione a livello burocratico (andando a vedere ad esempio quante sono state le location riattivate e quante sono state le certificazioni aggiornate) e alle attività di policy-making fatte in stretta collaborazione con l'amministrazione pubblica. In riferimento al capitale umano, inteso come patrimonio cognitivo, stiamo effettuando una raccolta dei dati socio-demografici e delle ore spese nella progettazione e produzione del festival e in formazione. I risultati che emergeranno da queste aree di ricerca saranno incrociati con i dati sui diversi stakeholder con cui, nel corso del tempo, abbiamo lavorato e che comprendono - oltre alla nostra struttura organizzativa - i fruitori e i luoghi del festival, la pubblica amministrazione, i commercianti e gli abitanti del quartiere di Prè, i volontari, gli artisti, i partner, gli sponsor e i donors.
La motivazione principale che ci ha spinto ad avviare questa analisi è stata la necessità di mappare gli stakeholder con cui abbiamo collaborato durante questi cinque anni, con l'intento di coinvolgerli maggiormente nei processi di co-creazione e di co-progettazione del festival. Inoltre, grazie al lavoro di comunicazione narrativa delle storie che inneschiamo, speriamo di ottenere anche una dimostrazione tangibile del valore sociale ed economico che il festival produce nel territorio in cui si svolge, per aumentare la reputazione, la credibilità e l'accreditamento della nostra realtà nelle dinamiche culturali, sociali ed economiche della città. Per noi si tratta di una ricerca importante non solo per l’individuazione di indicatori e metriche in ambito culturale, e di modelli di partecipazione civica condivisa con i nostri stakeholder, ma anche in virtù della nostra volontà di diventare - nel prossimo futuro - un'impresa sociale a tutti gli effetti che costruisce (ancor prima di misurare) impatto sociale attraverso processi di inclusione sociale, integrazione e promozione delle diversità. E la musica è il linguaggio perché questo accada.
© Riproduzione riservata