Italia Non Profit - Ti guida nel Terzo Settore

EDUCARE CON L’ARTE, UN ATTO DI CITTADINANZA PER TRASFORMARE IL MONDO

  • Pubblicato il: 16/12/2018 - 09:57
Rubrica: 
DOVE OSA L'INNOVAZIONE
Articolo a cura di: 
Francesco Mannino
Appena concluso a Napoli il seminario nazionale “Educare alla bellezza e alla cura dei luoghi” (MIUR, Comune di Napoli), proprio qualche settimana dopo il primo Congresso Mondiale della Trasformazione Educativa sempre nella stessa città, aperto a tutti coloro i quali, formalmente o informalmente, si occupano di educazione. Quasi un presidio permanente, urgente, quello napoletano sui temi educativi: un mandato forte, basato sulla consapevolezza che l’educazione è il luogo in cui si rinnova costantemente il contratto sociale ed in cui si decide se “amiamo abbastanza il mondo da assumercene la responsabilità e salvarlo così dalla rovina, che è inevitabile senza il rinnovamento, senza l’arrivo dei giovani” (Hannah Arendt). Ospite d’onore del Congresso Mondiale della Trasformazione Educativa è stato Cesare de Florio La Rocca, unanimemente considerato il padre della cosiddetta "Arteducazione” e fondatore di Projecto Axé, qui intervistato per Il Giornale delle Fondazioni.
Axé è un termine della lingua africana yorubà, quella degli schiavi fatti sbarcare sulle coste del Brasile: significa "energia positiva", e ha dato appunto il nome al progetto per un Centro di Difesa e Protezione per bambini e adolescenti, un’organizzazione no-profit fondata nel 1990 a Salvador Bahia (Brasile) da Cesare de Florio La Rocca, avvocato ed educatore di origine italiana. «Non ho voluto soltanto fare un omaggio alla cultura e alla religiosità afro-brasiliana, ma ho voluto mettere in evidenza che il bambino è l’Axé, ossia l’energia più preziosa di una nazione», ha dichiarato de Florio La Rocca. Per lui «parlare dei bambini esclusi, abbandonati, di strada, accompagnati dal Progetto Axé, significa parlare paradossalmente degli eroi della sopravvivenza e della lotta per la vita, dei portatori di un’energia che prepotentemente, rabbiosamente e a volte anche violentemente, si trasforma in vita e non raramente in morte».
Che vuol dire quindi mettere insieme in una azione attivata dal basso difesa dei minori, educazione, arte e visione del futuro? E soprattutto, questo è un problema di partenza solo del Brasile e dei paesi ad esso assimilabili, o anche di altri paesi, ad esempio come l'Italia? E in questo (probabile) caso, cosa possiamo imparare da Projecto Axé in un Paese come l'Italia che conta 1 milione e 292 mila bambini in condizione di povertà assoluta (Secondo Welfare) e 3 milioni e mezzo a rischio di povertà economica e di esclusione sociale (Save the Children)?
A pochi giorni dalla conclusione del primo Congresso Mondiale della Trasformazione Educativa (cura, bellezza e sogni, alle radici dell’educazione) svoltosi a Napoli, ne parliamo proprio con Cesare de Florio La Rocca, unanimemente considerato il padre della cosiddetta "Arteducazione, una metodologia di riscatto di bambini in situazione di rischio che li risveglia attraverso l’estetica”, così come affermato durante la consegna del premio Trip Transformadores del 2012.
 
Per cominciare, le chiederei di raccontarsi per quei (pochi) che non la conoscono ancora…
Cesare de Florio La Rocca ricordando Paulo Freire e la sua affermazione: “Nessuno educa nessuno. Nessuno si educa da solo. Le persone si educano tra di loro.”, vorrei affermare che dall’Axé non c’è nulla da imparare in senso stretto, ma piuttosto considerare il percorso dell’Axé soltanto un effetto dimostrativo che è possibile Arteducare educandi di qualsiasi nazione, di qualsiasi cultura e dalla pelle di qualsiasi colore. L’Arte e l’Educazione infatti hanno la stessa missione: la trasformazione dell’essere umano. Evidentemente esistono peculiarità dell’una e dell’altra ma che possono essere rispettate anche nella fusione delle due espressioni: ARTEDUCAZIONE.
 
Attorno al Projecto Axé, quali risorse umane, organizzative, finanziarie e di collaborazione è riuscito ad attivare?
Premesso che quando mi chiedono quali sono le cose necessarie per realizzare un buon progetto educativo, rispondo sempre “formazione, formazione, formazione”. Risulta chiaro che la questione fondamentale è la formazione iniziale, continua e permanente delle risorse umane che devono realizzare il progetto. L’Arteducatore pertanto è un uomo o una donna in primo luogo con un grande sogno politico: quello di trasformare il mondo in cui vive farlo diventare più giusto e accogliente. In secondo luogo dotato di un fortissimo desiderio di conoscere sempre di più e di un fortissimo amore per lo studio, ricordando, sempre alla luce di Paulo Freire, che ogni atto educativo è un atto politico, ossia di costruzione della Polis, di una città nuova, di una nazione nuova, di un nuovo pianeta. Il progetto dovrà disporre di un budget adeguato per la realizzazione di tutte le attività previste, con un sistema di gestione democratico e partecipativo.
 
Povertà assolute, povertà relative, povertà educative: a leggere i dati globali, di specifici paesi ed anche dell'Italia, c'è da perdere la fiducia in un futuro diverso. Lei che idea si è fatto della situazione dei minori (e con loro, delle loro famiglie), in questo primo ventennio del terzo millennio? Cosa sta succedendo?
Non è solo difficile ma anche azzardato emettere un giudizio sull’umanità di questo millennio. Preferisco perciò fare una lettura politico-pedagogica della situazione dei bambini, adolescenti, giovani e delle loro famiglie. Questa lettura mi porta ad affermare che la più terribile malattia che sta attaccando la popolazione mondiale è l’individualismo e la mancanza di partecipazione. Le grandi questioni che hanno agitato l’umanità, attualmente sono settorializzate ed escluse da una agenda globale. L’Educazione alla scuola, l’Arte ai musei, il Governo ai Politici, la Giustizia ai Magistrati e cosi di seguito. Le persone non si sentono più responsabili per la costruzione di un mondo più giusto. In definitiva è stato ucciso il concetto di cittadinanza e per conseguenza la sua pratica. È necessario un nuovo rinascimento “Politico”, di costruzione di una nuova Polis, di un nuovo pianeta, di una popolazione veramente mondiale che al tempo stesso sia globale e rispettosa delle differenze. Ma per tutto ciò è necessario mettere da parte ogni tentazione di chiudersi in sé stessi e di perdere definitivamente la speranza. Dobbiamo considerare che esistono in tutti i quadranti della terra esperienze che dicono che la trasformazione è possibile e che l’esperienza non è una parola vuota di significato ma che in molti casi è già divenuta una luminosa certezza. Anche ammettendo che si tratta di piccole fonti di luce, che dovranno diventare una immensa luminosità. Dobbiamo insegnare ai nostri bambini a diventare tutti “piccoli fiammiferai”.
 
Ma cosa stiamo sbagliando, nei confronti dei bambini e dei ragazzi? Loro, di cosa hanno bisogno?
Il primo grande errore commesso dagli adulti è che sono convinti di sapere tutto ciò di quello che i bambini hanno bisogno. Bisogna passare da una fase affermativa ad una indagativa. Bisogna che tutti noi impariamo a chiedere permanentemente ai bambini: cosa vuoi? cosa sogni? cosa desideri? Da questo dialogo dove educatore e educando ricoprono ciascuno il proprio ruolo, costruiscono insieme una educazione dialogica. Smettiamo di considerare il bambino una tabula rasa e riconoscere rispettosamente che il bambino è un portatore di cultura e di competenza.
 
C'è un modello educativo che va profondamente trasformato? Quale?
Ricordiamo che, salvo poca modificazione, l’attuale sistema educazionale occidentale è lo stesso elaborato e costruito dalla Rivoluzione Francese. Da questo sistema è escluso totalmente il concetto di piacere, soddisfazione e di realizzazione. L’andare alla scuola è diventato quasi andare alla ghigliottina, le aule sono diventate vere sale di tortura dove gli educatori sembrano raffinare il loro spirito sadico a danno degli educandi. Oggi l’Educazione, la Bellezza e il Piacere sono concetti e praxis antitetiche. Senza paura di sbagliare possiamo dire che oggi l’Educazione è il trionfo della bruttezza, del peso insopportabile e del rigetto da parte degli educandi.
 
Lei è considerato il "padre dell'Arteducazione": non uno strumento ma un fondamento per l'educazione. Ci spiega di cosa si tratta? Secondo lei è possibile che nella scuola italiana, in cui l'educazione artistica e ancora più la storia dell'arte sono relegate a pochissime ore settimanali e quindi a discipline marginali, l'Arteducazione diventi fondamento dell'educazione formale stessa? Quali interventi proporrebbe?
Rifuggo da ogni definizione e da ogni attribuzione. Ho la consapevolezza di aver contribuito lungo tutti questi anni alla costruzione del concetto e della praxis dell’Arteducazione. Educazione e Arte hanno la stessa missione: la trasformazione dell’essere umano riconoscendo però peculiarità proprie a ciascuna delle due. Per passare da una educazione noiosa, senza stimoli, senza piacere, senza bellezza è indispensabile che l’educatore abbia la consapevolezza che è impossibile educare senza l’Arte, la Cultura, l’Etica e l’Estetica. L’Arte non è un plus nella vita dell’essere umano, è il cibo quotidiano per tutta l’umanità. L’accesso all’Arte è un diritto fondamentale, esattamente come tutti gli altri. Non si tratta di fortificare l’insegnamento della Storia dell’Arte, questa è fondamentale, ma quando dico inserire l’Arte nell’Educazione voglio intendere inserire linguaggi artistici nella scuola coniugandoli all'insegnamento delle discipline tradizionali: musica e matematica, pittura e geografia, danza e storia, filosofia e disegno e così via. “Tutto ciò è utopia" diranno i miei oppositori ai quali rispettosamente rispondo: “Utopia è qualcosa che ancora non esiste ma che può essere chiamata ad esistere." Perché ciò possa accadere sono indispensabili una metanoia e una metapraxis, adottando la strategia della contaminazione successiva e constante o del sasso lanciato nel lago che produce onde concentriche e ogni volta più ampie. Per cambiare un sistema così antico e radicato non si può pensare a una rivoluzione totale o a un cambiamento immediato. Non ne avremmo la forza e non otterremmo i risultati. Non si può aspettare che il Potere Pubblico realizzi le sue riforme in tempi biblici. Noi dobbiamo cominciare dalle piccole esperienze per impiantare gradualmente buone pratiche che contengano una forza contaminatrice fino ad avere un territorio con alcune scuole capaci di dimostrare concretamente il cambiamento attraverso l’introduzione di concetti, idee e pratiche che assumano la sfida di offrire agli alunni arte, bellezza e piacere. È indispensabile partire con educatori motivati e “bagnati di speranza” (Paulo Freire) che credono fortemente nella necessità e nella possibilità del cambiamento.
 
Gli adulti spesso hanno più reticenze, barriere emotive, nell'approccio al nuovo e all'apprendimento. L'arte può abbatterle? Come?
Ho già affermato che l’Arte, come l’Educazione, ha nell’essere umano una forza trasformatrice. Quanto più docenti si inoltrano nell’universo dell’Arte tanto più il piacere e la bellezza per l’educando di essere al tempo stesso fruitore e produttore dell’opera d’Arte, contribuiranno all’abbattimento di barriere secolari e di resistenze individuali.
 
Molti ragazzi sono troppo abituati alla violenza, alla paura, all'orrore in contesti socio-culturali a rischio e con alti tassi di povertà educativa, ma non solo. Che ruolo può giocare nelle periferie del mondo l'arte?
Tutto ciò che abbiamo detto nei paragrafi precedenti si applica soprattutto a codesti contesti sociali violenti, periferici e escludenti. È per questi giovani che i linguaggi artistici offrono una possibilità di trasformazione e di esperienza esistenziale di bellezza e di piacere. Quando il Sindaco di New York Giuliani volle affrontare la situazione di violenza di Harlem, vinse la sfida solamente dando ai giovani del quartiere una possibilità e le risorse necessarie perché i giovani potessero realizzare i linguaggi artistici di loro preferenza.
 
Se dovesse indicare ai decisori pubblici, confederazioni di stati, governi nazionali o locali, un indirizzo per invertire la rotta, cosa metterebbe in cima alle priorità? E gli altri attori sociali, semplici cittadini, scuole, organizzazioni non profit e fondazioni filantropiche, che ruolo possono giocare in questa partita dell'eventuale cambiamento delle condizioni minorili?
Come già ho affermato, il cambiamento solamente potrà avvenire se comincia con piccoli, localizzati e efficienti esperienze che racchiudono una forza contaminatrice che gradatamente arrivi ai centri di decisioni.
 
Dal suo punto di vista di osservatore attento e informato, esistono delle esperienze di azioni pubbliche e di collaborazione tra cittadini che siano virtuose tanto da poter diventare dei modelli di riferimento?
Vorrei in principio affermare che non credo a modelli ma effetti dimostrativi che contengono una forza mobilitante e trasformatrice. Ho citato l’esempio di Harlem al quale parteciparono tutte le scuole del quartiere. Ricordo l’esperienza della scuola pubblica Ilê Ori cogestita dal Projeto Axé che contaminò tutte le scuole del territorio circostante. Ricordo ancora l’azione di quasi 30 anni del Projeto Axé Brasile che attraverso i suoi corsi di formazione e le azioni di assistenza tecnica ha diffuso in molti Stati e Comuni del Brasile i contenuti e la metodologia del Projeto Axé, generando processi di trasformazione estremamente positivi. Ricordo ancora l’azione di Axé Italia che insieme alle risorse umane di Axé Brasile, ha diffuso l’Arteducazione in molti Comuni Italiani con lo strumento della formazione di educatori e dirigenti. Tra tutte queste esperienze emerge lo Spazio Arteducazione di Milano con la partnership e leadership dell’Assessorato all’Educazione.
 
A Napoli si è appena concluso il Congresso Mondiale della Trasformazione Educativa, organizzato insieme alla associazione no profit Maestri di Strada: è stato lanciato un appello a «docenti, educatori, genitori, uomini di cultura, ricercatori [per] una riflessione sul senso dell’educazione e della scuola». Come fare in modo che questo appello venga raccolto dai destinatari? E che cosa ci dice dei lavori del Congresso?
Riconosco l’immenso sforzo realizzato dai Maestri di Strada per poter realizzare un evento così ambizioso e così complesso, al tempo stesso metto in evidenza la buona qualità della maggioranza degli interventi. Purtroppo dopo l’apertura dei lavori, il numero dei partecipanti è andato gradualmente diminuendo. Nel secondo e terzo giorno i docenti hanno parlato a poche decine di presenti che avrebbero dovuto essere la cassa di risonanza e i moltiplicatori delle proposte presentate durante il Convegno. In questa epoca del trionfo della comunicazione tecnologica, continuo facendo il mio atto di fede nella comunicazione interpersonale, per intenderci, nella comunicazione “porta a porta”. Per cui al Convegno i potenziali comunicatori e diffusori erano molto pochi.
 
Che idea si è fatto della sua Italia, dal punto di vista delle condizioni minorili?
Quella italiana è una scuola disattenta e non rispettosa delle voci a volte gridate, a volte silenziose che vengono dai bambini, adolescenti e giovani. La famiglia, la scuola e la società italiana hanno chiaramente optato per una educazione (o diseducazione?) autoritaria, impositiva o come direbbe Paulo Freire una Educazione “Bancaria”. La violenza di bambini, adolescenti e giovani che si manifesta in Italia anche contro i docenti a scuola, è una violenza di reazione, di risposta a un infinito numero di violenze perpetrate contro di loro dal mondo degli adulti. In primo luogo il tempo dell’Educazione, il suo timing non appartiene all’educatore, bensì all’educando che deve essere rispettato dall’educatore che naturalmente non deve rimanere passivo ma che non può e non deve accelerare indebitamente questo timing. La violenza contro il mondo giovanile più evidente che la scuola commette ogni giorno si chiama anno scolastico: tante materie devono essere insegnate in tanti giorni di scuola, questo sistema privilegia quei pochi alunni che riescono a seguire il calendario e l‘emarginazione e l’abbandono di quelli che rimangono per strada. Dobbiamo onestamente riconoscere la perversità chiusa nella realtà concettuale e pragmatica dell'anno scolastico. Il Projeto Axé Brasil per esempio non chiude mai, l'aspirante, l’educando può essere accolto in qualunque momento dell'anno, inserendosi immediatamente nella pratica Arteducativa senza sentirsi escluso da tutto ciò che è accaduto prima del suo ingresso. A questo proposito rispetto enfaticamente il ruolo dell’Arte in questa nuova Educazione che porta nella scuola una ventata di bellezza e di piacere.

 
Alla luce di tutto ciò, le parole "fiducia" e “futuro" che valore assumono in questo presente?
La poetessa Gabriela Mistral ha scritto: “Niño: tu nombre es hoy!” Domani sarà troppo tardi. Ci inoltriamo troppo nella dimensione del futuro: la metanoia è per oggi, la trasformazione per oggi, il cambiamento è per oggi. Più che di fiducia parlerei di speranza che in questo campo in varie parti di questo pianeta è già una seppur piccola, certezza. Bisogna infine partire da educatori disposti ad assumere lo stile, la strategia degli anarchici. Il Desiderio, la Bellezza, il Piacere non hanno comandanti, non hanno padroni, sono liberi e vivificano la pratica pedagogica. In definitiva dobbiamo avere il coraggio storico di sognare con i piedi per terra. Perché noi che crediamo in questa possibilità, possiamo e dobbiamo orgogliosamente, alimentando la Creatività, l’Innovazione, il Desiderio e l’indispensabile Immaginazione, e gridare al mondo con la nostra azione: “Siamo gli anarchici dell’Immaginazione.
 
© Riproduzione riservata
 
Articoli correlati:
FOQUS, ecosistema generativo nel cuore dei Quartieri Spagnoli

Ph: Cesare de Florio La Rocca, fotografia dal sito projetoaxe.org