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Dire, non solo dare

  • Pubblicato il: 14/01/2015 - 22:04
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Rubrica: 
FARE RETE
Articolo a cura di: 
Catterina Seia

Dal febbraio scorso guida Assifero, la rete delle 100 principali fondazioni di erogazione italiane, nate da famiglie, imprese e comunità, dal 2003 punto di riferimento della filantropia istituzionale.

E’ Carola Carazzone. Affascinante nell’aspetto, nell’eloquio, nella forza dei contenuti. Classe 1973. Madre di due figli. Laurea in giurisprudenza.

Nata e cresciuta a Torino, una città che ha nel proprio Dna la solidarietà sociale organizzata, ha «respirato l’impegno verso la comunità già dagli anni del ginnasio». Si racconta in una mattina di sole all’ILO, il Campus delle Nazioni Unite a Torino.

Inizia a 16 anni con il CEPIM, il Centro Persone Down, con un primo progetto di peer to peer education, di educazione tra pari, tra coetanei con sindrome di down. Poi a 18 anni la prima esperienza internazionale in un centro di accoglienza per bambini di strada in Paraguay, «un’esperienza dopo la quale nulla è più come prima». L’immersione con i cinque sensi nelle periferie esistenziali, la porta dopo la laurea, per un anno, in Perù in una “oficina de derechos humanos"

Con un Master internazionale in Cooperazione e Sviluppo alla European School of Advanced Studies in Cooperation and Development dell'Università di Pavia, è avvocato specializzato in diritti umani all’Istituto Internazionale Diritti Umani Renée Cassin di Strasburgo.

Lavora con varie entità, ma l’esperienza più significativa, è con VIS, Volontariato Internazionale per lo Sviluppo, l'organizzazione non governativa legata alla congregazione dei Salesiani, membro del Don Bosco Network e in status consultivo con il Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite, tra le prime 10 ONG italiane, con sede a Roma, operativa in 43 paesi. Inizia dall’Albania, fonda l'ufficio diritti umani nel 2002 e, nel 2011, diventata presidente. Prima donna.

Un impegno nel volontariato sociale messo a frutto nella cooperazione sociale a livello internazionale.

Da vent’anni progetta, monitora e valuta programmi di sviluppo umano in 18 Paesi extra-europei, tiene corsi di specializzazione presso numerose Università nel mondo.

E stata la prima donna (dal 2006) portavoce del Comitato per la Promozione e Protezione dei Diritti Umani (la rete di 89 associazioni e ONG italiane impegnate per i diritti umani) che ha rappresentato di fronte al Consiglio Diritti Umani e diversi organi dell’ONU, l’Agenzia dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e Commissioni Parlamentari e Istituzioni italiane.

Molto orientata all'internazionale, sempre molto attenta all'Italia - «tante problematiche, oggi globalizzate. La povertà è globalizzata. Non esistono più paesi in via di sviluppo, paesi sviluppati» -

e ad aprire nuove strade. «Ho avuto la fortuna di sperimentare, quando si è iniziato a capire che sviluppo economico e sociale e diritti umani non erano percorsi separati, ma dovevano integrarsi. Esperienze pilota, emozionanti e bellissime, sul cambiamento di approccio alla povertà, alla violazione dei diritti. Nuovi working methods che superano la mera rincorsa e risposta ai bisogni. Un approccio alla progettazione dei programmi di sviluppo, che oggi anche la nuova programmazione strategica l'Unione Europea, ha fatto propri».

Al compimento dei 40nni si rimette in discussione e porta i suoi traguardi e la sua prospettiva in Assifero, una realtà «dalle potenzialità di crescita enormi, non solo dal punto di vista quantitativo, ma soprattutto qualitativo, per lo sviluppo professionale in rete degli officer di un mondo, quello fondazionale, relativamente giovane in Italia.

Il nostro paese ha comunque eccellenze assolute, enti filantropici che hanno fatto veramente la differenza, per la propria comunità e per il nostro Paese».

Dal suo insediamento ha sviluppato un piano strategico partecipativo su un orizzonte temporale di quattro anni (vedi allegato), dal quale si legge chiaramente l’intenzione di rendere Assifero non solo un centro servizi, ma un centro risorse, di informazione, di sviluppo delle capacità, di comunicazione, di interlocuzione politica, di advocacy.

Il ruolo delle fondazioni nel futuro è tutto da costruire, capitalizzando il percorso avviato.

«Le fondazioni oggi non sono dei bancomat da cui andare a chiedere il finanziamento ex-post di progetti già scritti, ma in una prospettiva strategica sono attori e soggetti in grado di dire, oltre che di dare, di offrire un contributo molto significativo, non soltanto come tappabuchi del welfare. Le fondazioni possono veramente essere uno stakeholder centrale, con una capacità di ascolto, di sperimentazione, di incubazione.

Con libertà, senza vincoli di consenso, possono veramente innovare, possono prendersi il rischio di sperimentare; ciò che per ragioni di consenso non possono fare le politiche pubbliche».

E’ il momento di accreditare le fondazioni a tutti i tavoli dei decision maker.

A Torino a ottobre 2015 si terrà il Forum mondiale sullo sviluppo economico locale (per la prima volta in Italia un forum delle Nazioni Unite a cui partecipano migliaia di delegati) e per il segretario generale di Assifero «le fondazioni non devono essere presenti solo come finanziatori di qualche side-event, ma partecipare alla stesura del concept, al drafting, perché la definizione, l’implementazione, il monitoraggio e la valutazione di politiche sociali sono i loro temi. A New York recentemente si è tenuta la discussione all'ultimo coltello sull’agenda dello sviluppo sostenibile per il 2015-2030, che riguarderà tutti i 193 paesi membri delle Nazioni Unite, non soltanto l'Africa, continente che sta crescendo ad un tasso superiore a tanti paesi europei. La questione importante non è soltanto un'informazione della società civile, fondazioni comprese. Va conquistata la partecipazione al processo decisionale, il riconoscimento di una natura diversa alle partnership rispetto agli inizi del millennio».

 

Le fondazioni erogative – nell’accezione dell’orientamento alla distribuzione dei proventi dell'impiego del patrimonio – hanno appreso che anche il know how è patrimonio, da trasmettere. «Con una rete nazionale, una comunità di pratica, una fondazione leader può avere un effetto moltiplicatore», evitando l’overlapping e la dispersione di energie e risorse. e superando un grande limite oggi in Italia, in molti settori e particolarmente nel Terzo Settore del “lavoro a silos”. Questa la ragione per cui Carola Carazzone al suo arrivo è stata vista come “una mosca bianca”, per la sua provenienza dalla cooperazione internazionale, come se fosse un alter-ego. «In altri paesi l’esperienza professionale tra settori è considerata un arricchimento di contaminazione».

Contaminazione che si legge sui primi progetti impostati «sullo sviluppo economico locale, quindi sull'innovazione e sul contributo che le fondazioni possono dare all'economia sociale, a livello territoriale, conoscendo a fondo il territorio. La linea di intervento principale è sulle nuove povertà che riguardano il nostro Paese - i working poor - nuove forme di fenomeni antichi che vanno affrontati con un approccio assolutamente nuovo, generativo, di welfare collaborativo, con una strategia di medio periodo, fra pubblico, privato e famiglie». Questa senza dubbio sarà una delle priorità del suo mandato: il ruolo politico delle fondazioni, in una dimensione locale, nazionale e sovranazionale.

Cosa fa Assifero a livello europeo? «Lavoriamo in rete con EFC, European Foundation Center (l’associazione che riunisce 210 enti filantropici in Europa). Gerry Salole, il suo Chief Executive, è entrato nel nostro consiglio».

Ma lo Statuto Europeo, percorso pluriennale per favorire un’operatività transnazionale, pare fermo. «Abbiamo pubblicato la notizia sul nostro sito. La commissione europea, sotto Juncker, ha deciso di mettere da parte la questione, non considerata una priorità secondo il piano di ottimizzazione legislativa per il 2015, che ha portato alla cancellazione di diverse proposte di legge. E’ una posizione miope e regressiva». Carola Carazzone è pronta a riavviare la battaglia politica, culturale..

A proposito di silos autoreferenziali, la cultura, come patrimonio e produzione, che ruolo gioca? «Risorsa tutta da valorizzare. La cultura è ciò che fa la differenza, che rende lo sviluppo umano, che riesce a ampliare le capacità di pensiero e azione delle persone, del singolo e delle comunità. E’ parte integrante di tutta la programmazione e la progettazione sociale. E’ risorsa economica e sociale. Dobbiamo lavorare e molto perché divenga tale».

 

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