Dallo Stato culturale alla cittadinanza culturale
Il Ministro per i Beni e le Attività Culturali, Lorenzo Ornaghi, preside della Cattolica dal 2002 e persona stimatissima, è l’unico «non tecnico» di un governo di tecnici. Con i Ministri Corrado Passera - Sviluppo economico, Infrastrutture e Trasporti e Francesco Profumo - Istruzione, Università e Ricerca, ha risposto al Manifesto per una Costituente della Cultura de Il Sole 24 Ore, sottoscrivendo una lettera a tre firme. «L'investimento in cultura, ricerca ed educazione nel nostro Paese è insufficiente, se confrontato su scala internazionale. Di fronte alle scelte di spending review, che comporteranno una rivisitazione del mix della nostra spesa pubblica, la componente impiegata nella sfera della conoscenza non può essere considerata un costo da tagliare, ma rappresenta uno dei bacini in cui spendere di più e meglio creando sviluppo e occupazione. In quest'ambito, lo Stato è chiamato a svolgere un'imprescindibile funzione pubblica, non a caso sancita e garantita dalla nostra stessa Costituzione» scrivono i Ministri.
A un Governo dell’emergenza che si muove sui fatti, chiediamo quali realisticamente possiamo attenderci.
Siamo di fronte a molte emergenze della cultura…L’emergenza risorse finanziarie: realisticamente, che cosa ci si può aspettare? Sui contributi dei privati alla conservazione dei beni culturali: come stanno operando le misure adottate, che cosa intende ancora fare?
Mi permetto di sottolineare il realisticamente della sua domanda. La recente approvazione degli stanziamenti del Cipe è una prima dimostrazione del concreto impegno del Governo a favore della valorizzazione del nostro patrimonio culturale pur dentro il ferreo sistema di vincoli imposti dall’attuale situazione economico-finanziaria. La decisione è stata importante poiché ha voluto sottolineare il ruolo dei beni culturali e della cultura quale fattore necessario e non surrogabile ai fini di quel diverso modello di sviluppo che ci attende una volta oltrepassata la crisi. E’ anche un positivo segnale di incoraggiamento, insieme con quello dei fondi dell’Unione Europea per Pompei. Si cominciano in tal modo a delineare gli elementi principali di un quadro complessivo di rilancio delle nostre eccellenze, obiettivo prioritario e sempre più urgente del Ministero. Ma è pur vero che lo Stato non può e non deve fare tutto da solo. Occorre agevolare chiunque intenda sostenere la cultura, semplificando al massimo le procedure e favorendo forme mirate d agevolazione fiscale, come si è incominciato a fare con il cosiddetto decreto «Salva Italia». In base a tale decreto legge, sono infatti state previste significative semplificazioni delle procedure in materia di agevolazioni fiscali e donazioni per i beni e le attività culturali. In particolare si è introdotta la possibilità di autocertificazione per le erogazioni liberali in favore della cultura.
Nell’ambito del cosiddetto «pacchetto semplificazioni», il Consiglio dei Ministri ha inoltre approvato le semplificazioni della procedura di ricerca di sponsor per il restauro di beni culturali. Il provvedimento prevede e disciplina due modalità di sponsorizzazione: la sponsorizzazione pura, che si risolve nella mera erogazione del finanziamento, e quella tecnica, nella quale lo sponsor si impegna non solo ad erogare un contributo economico, ma anche a curare la realizzazione dell’intervento. Sono primi passi a cui ne dovranno necessariamente seguire altri: quando il quadro economico risulterà meno oscurato dall’emergenza in cui stiamo vivendo, il sistema degli sgravi fiscali andrà sicuramente migliorato. Dobbiamo comunque maturare la consapevolezza che al concetto di «Stato culturale» occorrerà sempre più affiancare quello di «cittadinanza culturale». Il primo – come ho cercato di spiegare in qualche occasione – è per molti aspetti un’eredità del passato e delle antiche forme di legittimazione del potere politico: lo Stato-provvidenza, riconoscendo doverosamente il valore della cultura, se ne fa pressoché esclusivo promotore e finanziatore. Come ogni pretesa di monopolio anche questa può prestarsi ad abusi o equivoci. La cittadinanza culturale, invece, propone un modello diverso: essa si fonda sulla consapevolezza che la cultura incide sull’effettività e qualità dei diritti di cittadinanza, configurandosi sempre più come un luogo di incontro, identità e integrazione, impegno comune.
In un contesto sempre più federalista, sono adeguate procedure e strumenti di coordinamento e cooperazione con regioni ed enti locali? Che cosa si dovrebbe cambiare? E realisticamente, quali sono le sue effettive priorità, quali risultati ritiene possibili prima della fine della legislatura?
Ritengo che la collaborazione con gli enti locali sia un elemento di crescente importanza e valore, soprattutto rispetto a quei progetti dove risulta ancora più indispensabile il coinvolgimento del privato sociale e delle realtà locali, vere anime di un territorio. Esempi positivi per fortuna non mancano: penso a Venaria Reale o alla Villa Reale di Monza, che sono «consorzi», ma anche al Museo Egizio ed in futuro mi auguro anche a Brera, dove invece il modello è quello della Fondazione. La strada del coordinamento e della cooperazione richiede un progetto comune per la condivisione di intenti ed energie, capaci di coniugare competenze e responsabilità. Poi si tratta di capire e valutare nel merito delle singole situazioni qual è la strada migliore per garantire una cooperazione efficace. Non esistono soluzioni preconfezionate, valide sempre e comunque.
Vorrei portare a compimento la riforma degli enti lirici e la legge sullo spettacolo, proseguire nel lavoro di manutenzione e valorizzazione dei siti di Pompei e di alcuni grandi musei italiani (penso a Brera, in primis, ma anche alle Gallerie Dell’Accademia, al Museo di Capodimonte e quello di Reggio Calabria), e fare ulteriori passi avanti nel coinvolgimento delle scuole e dei privati per promuovere la partecipazione a forme di collaborazione ispirate ad una sempre più sentita cittadinanza culturale.
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(XII Rapporto Annuale Fondazioni)