CLASSIS: IL NUOVO MUSEO DELLA CITTA’ DI RAVENNA
La Fondazione RavennAntica è protagonista di un’importante realizzazione culturale e territoriale con l’apertura a Classe, proprio di fronte alla Basilica di Sant’Apollinare, del Museo Classis Ravenna.
L’investimento che il Comune di Ravenna, con il MiBac, la Regione Emilia Romagna e la Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna ha messo in campo per il recupero e la nuova destinazione del complesso, supera i 21 milioni di euro. La progettazione dell’allestimento è firmata dall’arch. Andrea Mandara che ha operato con la supervisione di un Comitato scientifico coordinato dal prof. Andrea Carandini. L’area espositiva si svilupperà su 2600 mq. con intorno un’oasi verde di 15.000 mq.
Le ricadute annuali sul territorio per entrate turistiche sono stimate in circa 2 milioni di euro.
Dopo Elsa Signorino, che ha presieduto l’Istituzione fin dalla sua fondazione ed attualmente è Assessore alla Cultura del Comune di Ravenna, la guida di RavennAntica e del progetto Classis è stata assunta da Giuseppe Sassatelli, Professore Ordinario di Etruscologia e Archeologia Italica all’Università di Bologna (con docenza nella Scuola di Lettere e Beni Culturali e nella Scuola di Specializzazione in Beni Archeologici) divenuto Presidente della Fondazione dal maggio 2017.
Sassatelli ha un importante curriculum accademico e istituzionale: Presidente dell'Istituto Nazionale di Studi Etruschi e Italici, membro dell'Accademia delle Scienze di Bologna e dell’Istituto Archeologico Germanico. E’ stato membro del Consiglio Superiore del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e Presidente del Comitato tecnico-scientifico per i Beni Archeologici dello stesso Ministero. E’ Presidente del Centro Studi per l'Archeologia dell'Adriatico.
Con lui parliamo di questo straordinario intervento e di altri progetti della Fondazione.
Come nasce, Professore, questo progetto e come si colloca e caratterizza in un territorio così ricco di beni culturali?
Sono tante le circostanze e le motivazioni che hanno dato luogo a questo progetto. A partire dall’impegno, fortemente voluto dall’Amministrazione Comunale, di recuperare un edificio dismesso e in degrado come l’ex-zuccherificio non per farne un centro commerciale o una discoteca come spesso accade ma per farne un Museo. Nasce dal fatto che su questo progetto c’è stata la convergenza di tante istituzioni, pubbliche e private. Nasce dal fatto che l’Università di Bologna-Campus di Ravenna è fortemente impegnata da decenni nel settore dell’archeologia con scavi e ricerche che hanno molto modificato il quadro delle conoscenze e hanno incrementato in modo consistente la documentazione archeologica. E nasce dall’intento di mettere a disposizione di cittadini e turisti questa documentazione e di farlo in un modo fortemente innovativo con l’allestimento del nuovo Museo.
Come sarà strutturato Classis?
Il Museo Classis-Ravenna nasce come Museo della città e del territorio e come tale svilupperà un lungo racconto storico, fatto con i materiali archeologici. La struttura portante sarà quella che abbiamo chiamato la ‹‹linea del tempo›› dove materiali archeologici, opportunamente selezionati, racconteranno per sommi capi le più importanti fasi storiche della città: dall’età preromana caratterizzata da una compresenza di Etruschi e Umbri e da un precoce interesse per il mare; all’età romana con le decisione di Augusto di metter qui la sede della flotta imperiale che doveva controllare tutto il Mediterraneo occidentale; all’età di Ravenna ‹‹capitale›› quando Onorio decide di portare qui la capitale dell’impero romano d’occidente dando ulteriore spinta al suo ruolo politico e commerciale; all’età gota con l’importante regno di Teodorico che mise in atto uno straordinario processo di integrazione politica e culturale; all’età bizantina di cui tutti conosciamo bene l’importanza; all’età medievale. Alla ‹‹linea del tempo›› si affiancheranno alcuni approfondimenti tematici, il più importante dei quali sarà quello dedicato alla navigazione e al mare che ha sempre giocato un ruolo fondamentale nella lunga storia della città. E infine ci sarà una sezione dedicata alla storia dello zuccherificio che tanta parte ha avuto nella storia economica e sociale di quest’area.
Collegando Museo, Basilica di Sant’Apollinare e Porto Antico – su cui lei si è molto impegnato - si realizza il Parco Archeologico di Classe? Quali saranno gli sviluppi che si possono già intravvedere?
Il Parco archeologico di Classe è sempre stato ed è tuttora il grande e ambizioso obiettivo della Fondazione RavennAntica. Con il nuovo Museo, che si affianca alla vicinissima Sant’Apollinare e all’Antico Porto (inaugurato qualche anno fa), si aggiunge un altro importantissimo tassello a questo progetto. E soprattutto si pongono le basi per un ulteriore sviluppo del progetto nella direzione del recupero e di una più piena valorizzazione della Basilica di San Severo che sta a metà tra Museo e Antico Porto, rispetto alla quale ci sono importanti novità dovute ai recenti scavi dell’Università opportunamente illustrate nel nuovo Museo in una apposita sezione di approfondimento.
Quali sono i rapporti e le collaborazioni già avviate o di cui si discuterà con l’Università e con le altre istituzioni culturali locali?
I rapporti con l’Università, come del resto ho già sottolineato, sono ottimi e sono alla base di questo ampio lavoro di scavo, di ricerca e di restauro. Senza la partecipazione dell’Università, dei suoi docenti e dei suoi studenti, difficilmente saremmo arrivati a questi risultati. E quindi è nostra precisa intenzione intensificare questo rapporto. In parallelo ci sarà un analogo impegno a consolidare e se mai ampliare i rapporti con tutte le altre istituzioni culturali della città e del territorio e con le articolazioni del Ministero Beni Culturali (Soprintendenza e Polo Museale).
Lei ha affermato che il Museo sarà anche luogo di ricerca e formazione. Come si articolerà? Quali le linee di intervento e i coinvolgimenti?
Fin dall’inizio di questo progetto abbiamo concepito il Museo non come semplice contenitore di materiali, ma come luogo di ricerca e di formazione. E qui, negli ampi laboratori di cui il Museo si è dotato, si svolgeranno regolari attività di ricerca e di formazione. Mi riferisco ai laboratori per il Restauro (in particolare del Mosaico, ma non solo di quello) connessi al corso di laurea sul restauro, quinquennale e professionalizzante, che fa capo all’Università. Mi riferisco anche allo studio e alla ricerca sui materiali archeologici, visto che studenti e docenti dell’Università, oltre che di altri enti di ricerca, troveranno qui spazi e strutture per il loro lavoro.
Tra la Fondazione RavennAntica e il Ministero dei Beni Culturali è stato firmato l’anno scorso un accordo importante per la gestione del patrimonio ravennate. Come si svilupperà?
Questo accordo è stato un atto decisivo e di fondamentale importanza per la città e per la Fondazione in primo luogo perché mette in atto il principio fortemente innovativo che siano le comunità locali, attraverso le loro istituzioni, a gestire il patrimonio culturale. E poi avvia un processo da più parti invocato, ma ancora poco praticato, di fare “rete” nelle proposte culturali con una presentazione dei monumenti che non sia più vincolata dalla loro posizione ‹‹amministrativa››. Al cittadino non interessa se un monumento è dello Stato, del Comune o della Curia. Al cittadino interessa capirne il valore storico e culturale mettendo insieme cose che fino ad ora sono rimaste separate. E poi questo accordo sarà l’occasione di rinnovare profondamente, assieme a tutti gli altri soggetti interessati, verso un nuovo tipo di offerta culturale.
La realizzazione del Museo, nell’ex zuccherificio, è anche una importante operazione di archeologia industriale. Si tratta di un approccio innovativo al territorio?
E’ proprio così. L’area prima di questo intervento era fortemente degradata sia sul piano architettonico e ambientale che su quello sociale. Il progetto ne ha previsto il recupero con soluzioni molto interessanti oltre che dal punto di vista architettonico anche sotto il profilo museale. E’ sicuramente un bell’esempio che spero anche altri vogliano seguire e di cui il nostro paese ha tanto bisogno, se non altro per la sua storia, molto lunga e complessa. Risottolineo poi il fatto che il recupero è avvenuto per fare un Museo non per fare altro come invece succede frequentemente.
In che modo ritiene possibile coinvolgere i giovani, non sempre ricettivi rispetto a queste problematiche, nelle attività del Museo?
Io credo che verso i giovani bisogna avere il coraggio di mettere in campo modalità innovative, anche tecnologicamente molto avanzate, per l’esposizione museale. E poi occorre affiancare ad una esposizione, di tipo nuovo e attrattivo, una serie di attività ‹‹laboratoriali›› destinate soprattutto alle scuole di ogni ordine e grado, per educare i giovani alla sensibilità e all’attenzione verso il nostro patrimonio archeologico. Su questo siamo già impegnati ora, ma lo saremo ancora di più dopo l’inaugurazione del Museo.
E’ prevedibile che il Museo, e domani il Parco archeologico, possano essere un volano per il turismo straniero a Ravenna?
Sarà sicuramente così. Lo dimostrano tante analisi dedicate a questo aspetto e lo dimostra uno studio specifico che abbiamo commissionato a un Ente specializzato (CLES) che ha analizzato proprio il nostro Museo e le sue potenzialità anche economiche. Il Museo oltre a richiamare nuovi turisti avrà come conseguenza immediata anche quello di fare in modo che i turisti che verranno per gli altri monumenti si fermeranno a Ravenna una mezza giornata in più per visitarlo.
Infine, come dare una proiezione nazionale e internazionale al Museo?
Questo è un aspetto tutto da costruire. Ci stiamo già pensando e qualche idea già l’abbiamo. Passato il periodo di lavoro molto intenso per finire l’allestimento ci dedicheremo a questo problema cercando rapporti con altri Musei, sia a livello nazionale che internazionale, e soprattutto cercando relazioni con enti e istituzioni che ci consentano di fare conoscere ‹‹il nostro prodotto››.
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