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Cinque bachi da setola e un bozzolo

  • Pubblicato il: 14/09/2012 - 13:03
Autore/i: 
Rubrica: 
NOTIZIE
Articolo a cura di: 
Lia De Venere
Cinque bachi da setola e un bozzolo

Polignano a Mare (Bari). Nel marzo del 1968 Pino Pascali nella galleria romana L’Attico espose i «Bachi da setola», dei grandi bruchi realizzati con scovoli di materiale acrilico di colori sgargianti: verdi in due tonalità, arancio e rosso granata. L’idea gli era nata da un gioco di parole «sciocco da sconfortare», secondo Palma Bucarelli, ma come scrive Maurizio Fagiolo «i bachi sono il lavoro più eloquente e svagato e forse meno profondo, ma chiariscono al massimo il suo metodo: la metamorfosi, un detto-fatto tra immagine e forma, tra appropriazione e ricostruzione». Attraverso un continuo deragliamento concettuale Pascali, infatti, reinventava la natura attraverso una pratica ludica dell’arte, creando un universo personale di grande fascino, in cui naturale e artificiale, linguaggio e oggettualità, realtà e fantasia entrano in sinergica relazione.
In quella stessa mostra negli angoli della galleria l’artista costruì con fili di cotone e chiodini dellefinte ragnatele irrigidite da un liquido spray in voluto contrasto con l’impalpabilità delle tele di ragno.
In occasione della presentazione della collezione permanente del museo della Fondazione a lui intitolata a Polignano a Mare, la cittadina di cui era originaria la famiglia, da oggi al 25 novembre l’esposizione intitolata «Cinque bachi da setola e un bozzolo», a cura di Fabio Sargentini, che di Pascali fu grande amico e appassionato gallerista, ricostruisce in maniera puntuale quella mostra che fece scalpore e che confermò l’indubbia capacità dell’artista, come scrisse oltre quindici anni dopo Cesare Brandi, «di trasformare la materia nell’oro purissimo della fantasia».

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da Il Giornale delle Fondazioni, edizione online, 14 settembre 2012