Che saranno, i musei?
È partita dalla Galleria Nazionale dell’Umbria una riflessione per iniziare a dar corpo e conto dei primi passi che sta muovendo la riforma del sistema museale nazionale – un percorso ancora in parte sconosciuto - con un dibattito che ha coinvolto il Sottosegretario MiBACT Ilaria Borletti Buitoni, Claudia Ferrazzi, Segretario generale dell’Accademia di Francia a Roma e Paola Marini, direttore delle Gallerie dell’Accademia di Venezia, accolte da Marco Pierini, direttore della Galleria Nazionale dell’Umbria e del Polo Museale della regione
«I musei che saranno», questo il titolo del kick off di riflessione pubblica sulla riforma Franceschini, avviato dalla Galleria Nazionale dell’Umbria, con il coinvolgimento il Sottosegretario MiBACT Ilaria Borletti Buitoni, Claudia Ferrazzi, Segretario generale dell’Accademia di Francia a Roma e Paola Marini, direttore delle Gallerie dell’Accademia di Venezia. Ma la frase, come fa notare Marco Pierini, responsabile del Polo museale dell’Umbria «potrebbe anche girare in altro modo, conferendo un significato sensibilmente diverso alle parole: Che saranno, i musei?».
La prima formulazione sembra suggerire un percorso forse ancora sconosciuto, ma in buona parte segnato, la seconda pone un dubbio più forte, mettendo in discussione lo statuto stesso della parola museo. Sul crinale di queste due enunciazioni trova terreno fertile il dialogo che potrebbe svilupparsi dalla condizione attuale dei musei, per toccare la recente riforma italiana, la pratica e l’etica museale dei nostri tempi.
Secondo Ilaria Borletti Buitoni la riforma avviata da oltre un anno ha indubbiamente modificato assetti organizzativi e messo in discussione consolidati e storici approcci, ritenuti punti fermi nel modo di concepire il patrimonio culturale e la sua tutela, ricomprendendo in ciò anche gli aspetti più propriamente legati alla valorizzazione, creando destabilizzazione e resistenze. Del resto, che dall’entrata in vigore della riforma il dissenso e il malessere di parte del mondo tecnico scientifico non si sia placato lo dimostra la manifestazione che si è tenuta a Roma il 7 maggio. Cionostante, secondo il Sottosegretario, il segno è stato positivo; la riforma abbia voluto enfatizzare il valore complessivo del patrimonio museale italiano, sia creando una rete di musei nazionali autonomi, diretti per lo più da professionisti della cultura estranei al corpo “storico” del MiBACT e con ciò stesso grande occasione di confronto culturale con nuove esperienze professionali, sia creando i Polo Museali regionali, concepiti come elementi di una rete territoriale cui affidare il compito di organismi propulsori verso la progressiva integrazione con il patrimonio culturale territoriale pubblico e privato finalizzata alla costituzione di un grande sistema museale nazionale. Questi, a suo avviso, sono i presupposti sui quali costruire un nuovo progetto per i musei italiani, intesi come armatura portante dell’intero sistema culturale italiano, senza tuttavia dimenticare la lunga e importante storia di queste istituzioni e il contributo che fino ad ora hanno dato alla conservazione, conoscenza e divulgazione del patrimonio nazionale [i].
Su questi punti la riflessione voluta da Marco Pierini[ii] appare quanto mai opportuna, e apre una serie di interrogativi che qui vengono approfonditi.
Nel corso dell’incontro alla Galleria Nazionale Paola Marini ha posto l’accento sui valori che hanno da sempre caratterizzato i musei italiani e la tradizione culturale che li ha sostenuti; ha parlato anche della necessità di trovare una continuità con questa grande storia. Allora come si può conciliare tutto questo con l’oggettiva necessità di avvicinare i musei a una società che, in continuo cambiamento, richiede al museo risposte nuove, in grado di soddisfare bisogni di coesione, mediazione sociale e culturale?
Forse insistendo sul fatto che il museo, in quanto organismo vivo, è sempre stato un elemento in perenne trasformazione. Quindi non c’è nuova esigenza, nuova sfida, nuovo bisogno che non sia in grado di sostenere e affrontare. La tradizione deve essere sempre vista come un fattore propulsivo, non come un freno.
Si discute molto, e si cercano soluzioni sempre nuove, sulla necessità di creare musei più «social», cross-mediali e quindi, grazie alle nuove forme di comunicazione, in grado di adattarsi all’esigenza di trasmettere i propri contenuti in forme d’immediata comprensione, anche con la finalità di attrarre nuovi pubblici, specie quelli giovani, oggi in parte assenti dalla frequentazione dei musei. È questa una strada possibile o più semplicemente una scorciatoia?
I mezzi non sono mai un problema, perché sono funzionali ai contenuti che si vogliono veicolare. Con le nuove tecnologie si può offrire al visitatore la possibilità di vedere l’opera ricollocata nel suo contesto di provenienza, si può ascoltare il suono degli strumenti dipinti, si possono avere infiniti livelli di approfondimento e di lettura… oppure si può trasformare il museo in una sala giochi. La scelta è tutta qui, ed è una scelta che sta a monte.
Musei ed economia. Claudia Ferrazzi ha chiaramente asserito che pensare di concepire il museo come un’industria (culturale) economicamente autosufficiente non è realistico. Non è invece più realistico pensare a musei che generando produzione culturale creano le condizioni per sviluppo economico e sociale, generano la crescita di capitale umano e capabilities?
La strada è senza dubbio quest’ultima, tuttavia in Italia molti non riescono ancora a uscire dal pregiudizio – perniciosissimo – che i musei possano alimentarsi con i loro introiti. I musei (quelli veri, almeno) non sono mai economicamente autosufficienti, neppure quelli che, tra biglietti, royalties, concessioni, incassano moltissimo. Al contrario il museo può essere uno straordinario veicolo di sviluppo economico e sociale e configurarsi come l’incubatore di nuove forme di imprenditoria, di aggregazione sociale, di microeconomia, che superino e amplino il vecchio concetto di «indotto».
Nel prossimo futuro, che saranno i musei, secondo Marco Pierini?
Mi auguro che continuino a essere centri di ricerca, di produzione e diffusione del sapere ma sempre più dinamici, attivi, partecipati, non soltanto custodi delle memorie del passato ma propulsori e catalizzatori di idee per il futuro. In una battuta saranno «sempre gli stessi perché sempre diversi».
Il dibattito è aperto. Ora si passa alla verifica sul campo.
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Rosaria Mencarelli è Direttore del Museo nazionale del Ducato di Spoleto, Polo Museale dell’Umbria
[i] Per un quadro generale e aggiornato sul tema si rimanda al contributo di Pierpaolo Forte su questa stessa rivista, http://www.ilgiornaledellefondazioni.com/content/la-riforma-organizzativa-del-mibact-i-nuovi-musei-statali-un-primo-passo-nella-giusta
[ii] http://www.artiumbria.beniculturali.it/ Si deve all’Associazione PerPerugia l’organizzazione dell’evento: http://www.perperugia.it