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Banditi dell’arte

  • Pubblicato il: 20/07/2012 - 15:43
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Articolo a cura di: 
Elisa Fulco
Installazione Umberto  Bergamaschi

L’apertura della mostra «Banditi dell’arte», dedicata all’arte outsider italiana, a cura di Gustavo Giacosa e Martine Lusardy, in corso presso L’Halle Saint Pierre di Parigi (dal 23 marzo al 6 gennaio 2013) ripercorre un secolo di produzioni marginali presentando sia i principali autori (circa cinquanta tra storici e contemporanei) che gli atelier e i luoghi da cui provengono oggi la maggior parte delle opere. Dai più noti Giacomo Podestà e Carlo Zinelli alle più recenti esperienze degli Atelier di Pittura, all’interno di ex istituzioni psichiatriche (dalla storica Tinaia di Firenze ad Asfodelo di Parma, da Blu Cammello di Livorno alla Manica Lunga di Cremona) sino alla riproduzione fotografica delle architetture visionarie sparse nel territorio italiano (da Marcello Cammi a Luigi Lineri). Una mostra che ha tutte le caratteristiche per piacere ai visitatori e al grande pubblico, perfettamente in grado di apprezzare la qualità e l’intensità delle opere outsider.
«Da tempo in ambito medico, afferma Giovanni Foresti, psichiatra e psicanalista, risulta superata la lettura diagnostica dell’opera e l’analisi del segno per l’attribuzione della malattia. Uno slogan che avevamo inventato in occasione della nascita dell’Atelier di Pittura Adriano e Michele di San Colombano al Lambro, nel 1996, semplicemente recitava: Non interpretate ma comprate! Un invito a scegliere le opere seguendo solo e rigorosamente un criterio estetico». Eppure, nonostante internazionalmente l’arte outsider o Art Brut goda di ottima salute e sia oggetto di cure da parte di istituzioni pubbliche e private, come conferma sia la vivacità della rete outsider europea che il volume appena pubblicato «On the Map - exploring European Outsider Art - a notebook», che censisce 60 organizzazioni in 26 paesi europei, in Italia l’arte outsider non trova adeguati riconoscimenti. Sebbene non manchino collezioni, progetti di studio, riviste, gallerie private di arte outsider (dal Museo- collezione MAI/ Museo di Arte Irregolare all’Osservatorio Outsider dell’Università di Palermo alla galleria di Art Brut Rizomi di Torino), si assiste a una parcellizzazione del fenomeno. Tante piccole realtà e presidi di qualità che però non riescono a incidere sul tessuto sociale, probabilmente perché non si riesce a creare un vero ed efficiente network. Basti pensare alla recente mappatura di luoghi outsider sparsi nel territorio italiano, raccolti nel volume di Gabriele Pica «Costruttori di Babele. Sulle tracce di architetture fantastiche e universi irregolari in Italia», che si presterebbe ad una valorizzazione, anche turistica, di queste emergenze che, in altre parti del mondo vengono preservate e non lasciate, come da noi, in stato di abbandono.
Un po’ come è accaduto con il Made in Italy la cui difesa tardiva è avvenuta grazie al riconoscimento internazionale dei prodotti e della creatività italiana, ancora una volta riusciamo a distinguerci per una miopia tipicamente italica. Non voler vedere e non saper riconoscere i talenti e le eccellenze nazionali, anche se sotto forma di arte outsider. 
Così come una buona legge, la 180, sostenuta dallo psichiatra Franco Basaglia e presa come modello di eccellenza in tutto il mondo per la visione innovativa di un’alternativa alla chiusura dei manicomi, ha dato in Italia cattivi frutti.
«Oggi la parola d’ordine degli ospedali è risparmio, tagli”, prosegue Giovanni Foresti. A venir meno è la visione riabilitativa dei pazienti mentre si assiste sempre di più al parcheggio degli stessi o ad un mero intrattenimento. La stessa arte senza un progetto condiviso rischia di diventare lo specchietto delle allodole. Sotto il belletto niente».
Si dirà che è il destino di un’arte marginale quello di restare fuori dal sistema, ma forse c’è qualcosa di più. Nella maggior parte dei casi a far funzionare gli Atelier o a promuoverne gli artisti sono singole persone (storici dell’arte, artisti, psichiatri) mosse da una carica passionale e da un investimento emotivo –sentimentale che va ben al di là dell’appoggio delle istituzioni in cui si opera, siano essi ospedali o enti pubblici. A questo si aggiunge il desiderio, a tratti comprensibile, di tenere fuori queste produzioni dal confronto e dallo scambio con l’arte contemporanea, quasi a voler tutelare gli autori dal commercio con un mondo sentito come frivolo e ostile. Se poi consideriamo lo scarso riconoscimento di cui gode la stessa arte contemporanea in Italia, sentita come antagonista del glorioso passato artistico (vantato ma non difeso anch’esso), non sorprende che nei confronti dell’arte outsider manchi ogni sostegno istituzionale, visto che per la sua stessa natura non genera profitti, non mobilità investimenti, e in più solleva un problema sociale oltre che artistico. Come gestire il disagio diffuso e la malattia mentale oggi in continua crescita?
Con l’entrata in vigore della legge 180 di Franco Basaglia e la relativa chiusura dei manicomi, coincidente anche con nuove terapie farmacologiche, l’universo outsider ha cambiato del tutto volto. E se per tanto tempo si è valorizzata la singola personalità artistica, grazie ad un passaparola virtuoso che ha permesso lo svelamento di luoghi outsider e di incredibili autori, anche attraverso un lavoro di ricognizione degli archivi delle istituzioni psichiatriche o penitenziarie (dai Musei Lombroso e Marro di Torino alla raccolta psichiatrica dell'Ospedale San Lazzaro di Reggio Emilia), oggi è importante comprendere che in gioco non c’è più soltanto la creatività degli autori. Bisogna prendere atto che la malattia mentale, così come questo malessere diffuso, se adeguatamente incanalati in forme creative possono generare un beneficio collettivo, partendo proprio dal sostegno a precisi progetti territoriali di supporto «avanzato» ai pazienti-artisti. «Più importante dell’arte stessa, prosegue Giovanni Foresti, può essere l’investimento sulla formazione del personale che ruota attorno a queste esperienze artistiche, che se positive sono una grandissima fonte di motivazione e di ricarica. Se è difficile quantificare il ruolo dell’arte nella riabilitazione psichiatrica sicuramente si può parlare di effetti secondari dell’arte nel trattamento dei pazienti più difficili: attraverso l’opera d’arte gli autori prendono coscienza di sé e acquistano una maggiore consapevolezza della propria capacità di ricomporre il mondo proprio attraverso le produzioni artistiche. Si attiva un processo di soggettivazione, che può sicuramente portare dei grandi benefici ai pazienti».
Non è difficile comprendere che per sostenere l’arte outsider italiana occorrano investimenti mirati e costanti, nonché progetti espositivi di qualità, pensati in un’ottica di lunga durata, piuttosto che come eventi effimeri. Probabilmente la costituzione di un Museo dell’Art Brut italiana avrebbe generato una maggiore coscienza della ricchezza del fenomeno. Il fatto che non sia stato ancora realizzato ben racconta quanto sia difficile reperire fondi e trovare validi partner, siano essi pubblici o privati, in grado di sposare appieno la causa outsider.

Il caso acrobazie
Il progetto Acrobazie, ideato nel 2004 e giunto nel 2011 alla sesta edizione, nasce all’interno dell’Atelier di Pittura Adriano e Michele (sorto nel 1996 e ospitato presso il Centro di Riabilitazione Psichiatrica del Fatebenefratelli di San Colombano al Lambro) con l’obiettivo di creare relazioni e vicinanze tra il mondo dell’arte contemporanea, i giovani artisti, sufficientemente noti al pubblico, e l’arte prodotta dagli autori del centro rispondendo a diverse finalità: includere  gli autori dell’Atelier nella società e far conoscere ad un pubblico allargato le loro produzioni; contribuire a una lettura «positiva» della malattia attraverso il canale dell’arte; superare il pregiudizio dell’arte contemporanea nei confronti delle produzioni outsider allestendo mostre e libri di qualità. Ma soprattutto Acrobazie risponde al tentativo di attualizzare e ampliare il concetto di arte outsider tenendo conto di tutti i cambiamenti avvenuti in psichiatria, in antropologia, nella stessa storia dell’arte che hanno mutato le condizioni di vita e il sentire degli autori che caratterizzavano l’arte outsider degli esordi. Prendendo atto che forse occorre ripensare chi siano oggi gli artisti outsider e se, in fondo, sotto questa etichetta non si celi gran parte dell’arte e della creatività contemporanea. Dal 2004 al 2011 sono stati sei gli artisti invitati a partecipare al progetto, chiamati proprio per collaborare con gli autori del Centro, con una modalità che non ha nulla a che vedere con la distinzione canonica tra insegnante e allievo, ma che piuttosto riguarda il piacere della scoperta reciproca delle proprie qualità artistiche e umane. Gli artisti Sandrine Nicoletta, Marcello Maloberti, Sara Rossi, Francesco Simeti e Flavio Favelli e per ultimo Luigi Presicce hanno contribuito con i loro temi e la loro sensibilità ad una narrazione che si è scelto di raccontare attraverso l’individuazione di parole chiave attorno a cui sono stati costruiti i singoli workshop (equilibrio,  condivisione, liquidità, utopia, identità e santità), restituiti con i linguaggi più diversi: performance, video, installazione, design, ogni volta è stata una nuova avventura. L’investimento costante di questi anni ha prodotto dei risultati tangibili che meritano di essere analizzati. Acrobazie ha dato vita a un modello espositivo esemplare dalla forte valenza estetica, i cui contenuti, pur partendo da un’esperienza locale (San Colombano), hanno validità internazionale, offrendo una piattaforma di riflessione sulla possibilità di un dialogo effettivo tra arte outsider e arte contemporanea. Inoltre durante questi anni si è assistito all’innalzamento della qualità delle opere degli autori dell’Atelier e della loroconsapevolezza creativa, sia grazie al confronto e allo scambio con gli artisti invitati in occasione dei workshop, che attraverso l’aumento dei lavori venduti. Così come è in crescita il numero di opere entrate in collezioni pubbliche e private italiane ed estere. Dalla collezione UniCredit, sponsor del progetto Acrobazie dal 2006, ad Eni, dalla Galleria Minini di Brescia al Museo dell’Art Brut di Losanna  al Mad Musée di Liegi.

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