Art Leaders Network. Fare i conti al sistema dell’arte contemporanea
Le questioni corrono ormai di pari passo. Sebbene la crisi economica non abbia allentato la presa e la crescita stenti ad arrivare, infatti, gli artisti e i art dealer, i galleristi e gli architetti, i direttori di musei e i curatori, le case d'asta e i collezionisti che, a turno, hanno calcato lo stage dell’Ewerk – ex edificio industriale riconvertito in lussuosa struttura per hosting e convegnistica – sono tra i principali protagonisti dei movimenti settoriali attuali che influenzano, da un lato, abitudini di acquisto di una clientela sempre più globale e, dall’altra, guidano i cambiamenti della produzione culturale - influenzandone gusti, linguaggi, geografie e interpreti.
Spalmati nelle giornate del 25 e 26 aprile, i panel di discussione sono stati organizzati su due sessioni – una mattutina e una pomeridiana – per un pubblico di addetti ai lavori altamente selezionati e accreditati previa selezione. All’interno di ogni sessione erano previsti incontri che variavano dai 20 ai 35 minuti, ai quali hanno preso parte personalità di spicco quali Tristam Hunt – direttore del Victoria and Albert Museum, Amy Cappellazzo – executive vice president and chairman della Global Fine Arts Division di Sotheby’s, Olafur Eliasson – artista, David Zwirner – art dealer e gallerista, Marc Porter – chairman di Christie’s, Glenn D.Lowry – direttore del MOMA New York, Marc Spiegler – global director di Art Basel e altri ancora per un totale di 44 speakers e 27 leaders per le discussion (che si svolgevano durante i pranzi) – ai quali la stampa non poteva partecipare. La sfilza di nomi e numeri riportati qui sopra non solo è orientata ad evidenziare lo spessore dei testimoni invitati a dare un contributo attraverso il proprio punto di vista, ma anche a mettere in risalto la vastità di temi e approcci che sono stati affrontati. Non essendo organizzati per area tematica, i panel hanno affrontato quasi in maniera compulsiva – come è ovvio per temporary cluster di questa portata – macro-temi quali: l’arte negli anni del populismo, il ripensamento delle case d’aste e la crescita dei centri d’arte, l’Asia come nuova frontiera nel mercato dell’arte, il rapporto tra gallerista e artisti, la relazione tra arte e nuove tecnologie – declinata sia da un punto di vista della produzione (e dunque degli artisti) sia delle modalità museali (direttori e curatori). È evidente il duplice fine racchiuso in un evento fatto tra pari – ovvero leaders di settore – e viene confermato dalle parole di Flavio Del Monte, Director of Institutional Relations della galleria Massimo De Carlo, unico rappresentante di una realtà italiana, anche se solo per un terzo. «Ci sono due motivazioni importanti che ci portano a essere presenti: il networking e la formazione continua. Questo genere di conferenze – prendendo spunto anche da quelle organizzate dal New York Times in altre industrie creative come la moda – offrono grandi opportunità di scambio, crescita e confronto. Il networking è uno degli aspetti centrali del nostro lavoro: il sistema dell’arte è un sistema che si basa sulle relazioni personali e incontri come questo stimolano le possibilità di business. Un’ulteriore motivazione è la curiosità o, meglio, la necessità di approfondire continuamente i temi che riguardano lo sviluppo del sistema dell’arte e il suo mercato. Il mondo dell’arte è in continua trasformazione e in tempi recenti sta certamente maturando in una direzione più solidamente strutturata: l’espansione delle gallerie e le loro dimensioni impongono un approccio diverso all’organizzazione interna e alle relazioni con l’esterno ed è dunque interessante capire che contributo possa fornire un’esperienza come quella del New York Times Art Leaders Network»
In un contesto come quello disegnato dalla Art Leaders Network, nuove realtà e dinamiche si affiancano ad attori consolidati e, insieme, sembrano riconfigurare molto velocemente il mercato dell’arte, evidenziando l’emergere di realtà territoriali e mercati importanti quali Hong Kong, Qatar, Cina che sta ridefinendo il proprio sviluppo urbano anche per mezzo del mercato dell’arte. A tale slittamento della geografia viene accostato, tuttavia, il trend di consolidamento dei mercati principali quali Londra e New York – come ampiamente dimostrato anche nella relazione di Rachel Pownall (chair of Arts and Finance alla School of Business and Economics della Maastricht University), quando descrive l’esplorazione degli scambi mondiali nel mercato dell’arte 2017. È quasi banale dirlo, l’Italia rimane praticamente esclusa da circuiti simili, e abbiamo cercato di comprenderne le cause sempre con Del Monte, che ne offre la seguente lettura: «dando per scontato un certo approccio americano-centrico del New York Times, duole notare che nel contesto dell’Art Leaders Network le gallerie e istituzioni italiane siano state completamente escluse. Nonostante sia profondamente radicata e solidamente italiana, la galleria Massimo De Carlo ha sedi in tutto il mondo e si sta sviluppando su scala globale. Bisogna essere onesti: le dinamiche principali del mercato dell’arte hanno il loro centro negli Stati Uniti, con New York come capitale del nostro sistema. Certamente esistono altre realtà importanti come Londra e Hong Kong e città che giocano ruoli diversi come Berlino, Parigi e Shangai, Rio de Janeiro o Los Angeles, ma è comunque frustrante constatare che nessuna realtà italiana partecipi come relatore a questo summit».
Il quadro che emerge dal sistema dell’arte contemporanea preso in analisi non è quello della dichiarazione di una disfatta. Emerge invece una dimensione auto-rigenerante ed esplorativa di nuovi orizzonti, sia in termini di linguaggi sia di soluzioni strategiche. Gli interventi non hanno escluso dalle riflessioni, infatti, il crescente ruolo dell’arte contemporanea dal punto di vista della qualità sociale urbana e della capacità di aumentare socializzazione e flussi di persone attraverso il moltiplicarsi di mostre ed eventi collegati – siano essi declinati in termini di intrattenimento e alto valore culturale.
Nel ripensamento dei modi di operare forse questa è la grande novità: l’impatto della geografia e del ruolo delle città nel modo di produrre, fruire e vendere arte.
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