Aree interne, aree progetto. L’innovazione si gioca sul piano delle politiche?
L’intervista, comparsa nel numero di ottobre a Filippo Tantillo, coordinatore scientifico del team di supporto al Comitato Nazionale per le Aree Interne-SNAI, la strategia lanciata nel 2013 da Fabrizio Barca, allora Ministro per la Coesione Territoriale, ha acceso un fertile dibattito ed è stata il pretesto per mettere a confronto opinioni e riflessioni che arrivano dal mondo accademico e non, per ripensarne il futuro.
A partire dalla provocazione del titolo, IL 'VUOTO' COME SPAZIO DI SPERIMENTAZIONE E LIBERTÀ, in uno SPECIALE a cura di Stefania Crobe, abbiamo ascoltato le voci di Claudio Calvaresi, Stefano Consiglio, Emmanuele Curti, Lidia Decandia, Elena Jachia, Rosaria Mencarelli, Massimo Sargolini, Veronica Vecchi e letto il caso dell’Associazione ArtePollino.
Ne emerge un 'vuoto' che non è […] assenza di vita, ma somma di tutte le possibilità, ciò da cui nascono le forme della vita.1 Un 'vuoto' come spazio di sperimentazione, di generazione creativa, di immaginazione, di creazione del non-ancora, dove l'invisibile – come diceva Paul Klee – si manifesta.
Tra paesaggi di memoria e tracce di futuro, nel racconto di un’Italia ai margini ma per nulla spenta, scopriamo un corpo pulsante e in fermento, una "riserva di futuro", il cui presente però è ancora molto incerto.
“Ripensare oggi un futuro per le aree interne significa in primo luogo – come afferma Lidia Decandia – decostruire l’idea di perifericità e di marginalità a cui esse hanno rimandato per un lungo periodo”.
Non luoghi arretrati e rurali, ma aree che patiscono perlopiù una “difficoltà di accesso ai diritti di cittadinanza” e una subalternità nei confronti del “centro” più prossimo.
Ma qualcosa sta già accadendo, una costellazione di 'lucciole' in azione è in moto e il 'margine' diventa la fenditura in cui far crescere semi di cambiamento.
Un rinnovato interesse si accende intorno a queste aree da parte della politica, della ricerca, del privato no-profit, come dimostra il bando 'Attiv•aree' di Fondazione Cariplo (Elena Jachia), per promuoverne la progettualità.
Non solo. Le aree interne sono i luoghi in cui la sperimentazione si esercita “dal basso”, attraverso la ri-lettura creativa della memoria, stratificazione millenarie guardate con gli occhi della contemporaneità, attraverso la ri-definizione del concetto di comunità, plurale e inclusiva, attraverso l'azione di pratiche artistiche e culturali, generative di nuovi usi e possibilità dello spazio e del tempo (ArtePollino, Sargolini, Vecchi)
Aree che diventano possibili “riserve di futuro”, luoghi di sperimentazioni innovative in risposta – ma non appare questo né presupposto, né conseguenza necessari - a un tessuto iper-urbano spesso invivibile, stretto nella morsa della crisi.
Stefano Consiglio traccia l'identikit degli innovatori: giovani 'di rientro' nei territori d'origine, con una forte preparazione e un altrettanto forte senso d'attaccamento alla propria terra, che mettono a disposizione dei propri territori il proprio how know, maturato in esperienze anche internazionali. Giovani caparbi il cui principale ostacolo è l'inerzia che abita questi luoghi e un contesto istituzionale spesso avverso e chiuso. Quelle “classi dirigenti composte da professionisti del sottosviluppo” che costituiscono uno dei principali ostacoli al cambiamento.
Occorre allora comprendere come superare questo gap e dove sperimentazione politica – la Strategia Nazionale per le Aree Interne in questa fase esiste soprattutto come “presupposto all'azione” - e pratiche di 'ripensamento' di questi territori, interessati da moti verso un'innovazione sociale, possano incontrarsi.
Ne consegue, sostiene Claudio Calvaresi, che il problema è soprattutto di policy e, se la sperimentazione politica ha l'obiettivo di “scardinare le posizioni di rendita e promuovere il nuovo”, la sfida più ardua sarà quella di capacitare questi territori e rendere l'innovazione continuativa e sostenibile nel tempo.
La tragedia del sisma ha generato una macro area interna - afferma Rosaria Mencarelli - e questa è l'opportunità per esercitare le “potenzialità che la SNAI ha dimostrato di poter attivare”, attraverso una governance multilivello che coinvolga il settore pubblico, gli stakeholders privati e la società civile.
Una 'strategia di vita' che sappia attivare nuove dinamiche economiche. Nel ripensamento necessario, anche sul piano linguistico, dei termini della questione, una oikonomia – come propone Emmanuele Curti – a base culturale per la costruzione senso, per la generazione di laboratori di nuova cittadinanza e per la formazione di una 'burocrazia creativa' che sappia guardare alle pratiche innovando le politiche.
Inoltre in questo numero. Pars costruens
Riprendiamo un’ampia riflessione corale, partita da Ravello Lab, sui piani Unesco. Il Mibact ha riunito per la prima volta i 51 Siti italiani iscritti nel Patrimonio Mondiale dell’Umanità per creare una rete. Unesco ci ha condotti ad un salto culturale, abituandoci a considerare il vantaggio di integrare le risorse: cultura e natura, materiale e immateriale, monumenti e paesaggio. I piani di gestione, ancorché da ripensare, sono “intessuti di strategie per segnare la differenza” (P. Castelnovi), approcci integrati per la pianificazione che mettono in evidenza, come grandi “lenti di ingrandimento”, che per le “problematiche globali cui siamo di fronte occorrono visioni, occorre unire le forze”, anche funzionalmente, tra territori e far crescere le competenze.
Dopo tre anni di lavoro, domani atterrerà sul tavolo del Consiglio dell’Unione Europea la proposta dell’istituzione per l'Anno Europeo del Patrimonio 2018 che, con un focus su Europa Creativa, quindi su innovazione e economia, generate dalle industrie culturali e creative. Erminia Sciacchitano ci racconta che il progetto avrà come trama proprio “l’approccio integrato” al patrimonio tra istituzioni comunitarie, amministrazioni e società civile, “guardando alla conservazione e valorizzazione come elementi di un unico ciclo (..), tenendo conto della diversità umana (..), garantendo l’accessibilità fisica e cognitiva (..), progettando (…), stringendo alleanze (…)”, contaminando oltre gli steccati di settore.
Un vero e proprio manifesto, un contributo della Cultura alla cittadinanza e alla democrazia che pare oggi sotto assedio. In questa direzione il Consiglio d’Europa ha lanciato un nuovo strumento - di cui di parla Ilaria D’Auria- , un indicatore per evidenziare le relazioni e le dinamiche tra le diverse policy.
Temi sfidanti, non più ignorabili, come la “Povertà educativa minorile”, contro la quale un’azione congiunta Governo e Acri ha varato un fondo per far emergere progettualità e metodologie “scalabili”, portando alla luce la dura realtà dell’infanzia a rischio nel nostro Paese, che conosce la povertà, cresce in condizioni di svantaggio e deprivazione, incontrando barriere e ostacoli che separano da opportunità educative e formative. Deprivazioni spesso intergenerazionali. Migliaia di bambini e ragazzi sono protagonisti del settimo Atlante dell’Infanzia (a rischio) “Bambini, Supereroi” di Save the Children, pubblicato da Treccani e disponibile nelle librerie italiane da inizio dicembre 2016.
Il bando “Con i bambini” sta dalla parte delle soluzioni e muove un appello alle “Comunità educanti”, in cui tutti gli attori siano coinvolti, a fianco delle famiglie, considerando il loro ruolo per la costruzione di una società migliore, centrale e non accessorio, istituzioni culturali comprese.
Tutte questi indirizzi ci parlano di una Cultura che può essere protagonista di un nuovo Welfare. L’opportunità di dare nuovo senso verrà colta?
1M. Millon, 'Shakespeare: source et utopie', in Les voie de la création théâtrle, vol. XIII, Parigi, 1985, p.93 in F. Marotti, Prefazione a P. Brook, Lo spazio vuoto, Bulzoni editore, Roma, 1998, p.14