Alla ricerca del pubblico
«AUDIENCE EXPLORATIONS. Guidebook for hopefully seeking the audience» è una guida agile e originale allo sviluppo e al coinvolgimento del pubblico realizzata da Goran Tomka per IETM, uno dei principali network culturali internazionali. Intenzionalmente provocatorio ed esplicitamente critico nei confronti di una eccessiva semplificazione del concetto di pubblico, l'autore intende far emergere teorie e pratiche meno diffuse e convenzionali per riportare l'attenzione delle organizzazioni culturali sull'importanza strategica che assume la comprensione dei pubblici e dei loro comportamenti.
Ampiamente studiate e analizzate, le tematiche connesse allo sviluppo dei pubblici della cultura occupano un ruolo centrale nel dibattito culturale contemporaneo. Il crescente interesse dei decisori politici, insieme alla ricerca di una valida giustificazione per l'utilizzo di risorse economiche statali, hanno portato in alcuni casi a facili semplificazioni e generalizzazioni che si sono dimostrate poco efficaci nel cogliere la vera essenza delle organizzazioni culturali e dei loro pubblici, producendo un effetto contrario rispetto a quello auspicato. Partono da qui le riflessioni che Goran Tomka, esperto di politiche culturali, ha raccolto in una recente pubblicazione intitolata «AUDIENCE EXPLORATIONS. Guidebook for hopefully seeking the audience»[1], con l'intento di offrire una visione alternativa capace di mettere in discussione gli approcci tradizionalmente usati per la comprensione dei pubblici e dei loro comportamenti.
Senza la pretesa di essere esaustivo, e ben consapevole della rilevante tradizione accademica esistente in materia, Tomka dichiara apertamente che il suo è solo un assaggio delle infinite possibilità di relazionarsi con il pubblico in un ambito ben definito qual è quello delle arti performative. Una scelta non casuale, considerato che il volume si inserisce all'interno degli «strumenti di lavoro» messi a disposizione da IETM, uno dei principali network culturali internazionali composto da oltre 500 membri che operano in tutto il mondo nel campo delle arti performative contemporanee.
Per una nozione di «audience development» lontana dalle ideologie
Dopo la straordinaria diffusione e l'uso a volte improprio ed eccessivo dei termini creatività e innovazione, il concetto di «sviluppo del pubblico» - o di «audience development» se si preferisce la terminologia inglese - si sta imponendo come il nuovo leitmotiv del settore culturale. A questo proposito Tomka invita ad essere prudenti perché se da un lato è vero che imparare a conoscere il proprio pubblico dovrebbe essere una priorità di ciascuna organizzazione culturale, dall'altro è altresì vero che i fruitori culturali e i loro bisogni possono essere manipolati e strumentalizzati per favorire l'interesse di pochi piuttosto che il benessere di molti.
Nell'argomentare la sua tesi, l'autore afferma che ciò che colpisce è che in molti casi le misure di sviluppo del pubblico proposte a livello istituzionale non provengono né da artisti né da operatori culturali, e neanche dai fruitori e dalle loro reali necessità. Al contrario tali misure risultano essere l'espressione delle attuali tendenze politiche, e rispecchiano la sensibilità dei decisori politici nei confronti di alcuni argomenti quali la rappresentazione dell'identità, l'uguaglianza, la coesione sociale, la sostenibilità e così via. Secondo Tomka la debolezza di tali approcci risiede nel fatto che spesso affrontano questioni politiche, mentre si aspettano di riuscire a ottenere un cambiamento sociale, nonostante questi due mondi siano nella maggior parte dei casi distanti tra loro.
In questo tipo di situazioni, le misure a favore della partecipazione culturale risultano essere stranamente limitate a quelle attività connesse prevalentemente a programmi di finanziamento di origine statale. Come lui stesso afferma, il suo ragionamento non vuole essere un'accusa contro le grandi istituzioni culturali per asserire che non dovrebbero pensare ai loro pubblici in maniera strategica, quanto piuttosto un modo per porre in risalto il fatto che razionalizzare o politicizzare la partecipazione culturale oltre una certa soglia potrebbe produrre alcuni effetti indesiderati. Il problema principale quando si mettono a punto approcci di sviluppo del pubblico basati principalmente sulle questioni politiche attuali diviene la direzione imposta al processo decisionale. Si inizia così con l'individuare i problemi interni delle istituzioni culturali prodotti dalla stessa politica, ad esempio attraverso i tagli alla spesa pubblica; quindi si incentrano le agende politiche esattamente su quel tipo di problemi, e infine si emanano misure di sviluppo del pubblico volte a chiudere il cerchio e a risolvere il problema iniziale. Sebbene non si possa dire che tali approcci non abbiano prodotto risultati notevoli, esiste in ogni caso una elevata probabilità che questioni cruciali come l'inclusione dell'arte nei programmi scolastici oppure il rapporto tra povertà educativa e accesso alla cultura continuino ad essere percepite come marginali rispetto al dibattito politico mainstream.
Tomka evidenzia come il modo di pensare, parlare e lavorare con il pubblico rischia oggi di essere altamente ideologico: «quanto più queste pratiche sono standardizzate e poco trasparenti, più pericolose diventano». Questo è il motivo per cui nella sua narrazione «i cattivi della storia» sono rappresentati dalle nozioni semplificate e generalizzate di pubblico e dalle modalità predefinite attraverso cui il settore delle arti performative dovrebbe sviluppare, coinvolgere o comprendere il proprio pubblico. Ben consapevole della complessità insita nel concetto di pubblico culturale, Tomka definisce i «pubblici reali» come «una formazione sociale ampia e vasta, intrinsecamente instabile, in continuo movimento, dissonante e sfuggente». Proprio perché i pubblici della cultura sono per natura fluidi, ambigui e temporanei, la comprensione dei loro comportamenti non può essere ridotta all'individuazione di una serie di categorie statiche in cui incasellare diverse tipologie di pubblico sulla base di caratteristiche definite a priori.
Come comprendere meglio il proprio pubblico
Intenzionalmente provocatorio e critico nei confronti di una eccessiva burocratizzazione delle questioni legate alla partecipazione culturale, l'autore intende riportare l'attenzione sulla centralità delle organizzazioni culturali e sulla dimensione prevalentemente relazionale che lega ciascuna realtà culturale al proprio pubblico e al proprio contesto di appartenenza. Troppo concentrati a definire regole e a misurare il successo di determinati interventi di sviluppo del pubblico, i policy-maker non si sono adeguatamente preoccupati di approfondire i processi, i risulti e i bisogni concreti sia degli operatori che dei fruitori culturali. Questo ha prodotto in molti casi un'immagine falsa dei pubblici della cultura, costruita sulla base di assunti, pregiudizi e informazioni poco affidabili, che ha creato più danni che benefici.
Tomka auspica quindi una presa di posizione da parte delle istituzioni e degli operatori culturali che devono tornare ad essere i principali protagonisti delle pratiche connesse allo sviluppo e al coinvolgimento del pubblico, senza temere di sovvertire le regole e di abbandonare le vecchie abitudini. Le organizzazioni culturali devono mettersi in gioco, instaurando un dialogo a più voci con i propri pubblici e con quanti operano al loro interno. Nell'offrire alcuni esempi di pratiche e strumenti utili a una maggiore comprensione dei propri fruitori, l'autore non intende suggerire soluzioni universali che mal si adattano a un ambito composto da una miriade di realtà diverse tra loro, ma lanciare spunti e suggestioni da cui avviare ragionamenti e iniziare a porsi domande.
Individuando tre principali aree d'intervento, Tomka invita le organizzazioni culturali a riflettere sulle caratteristiche di quello che lui chiama «pubblico implicito», ossia l'idea di pubblico che ciascun operatore che lavora all'interno di una stessa organizzazione culturale ha autonomamente sviluppato nel corso del tempo. Un esercizio che serve a far emergere la varietà di punti di vista presenti all'interno di una stessa struttura e a mettere in evidenza il fatto che l'immagine di pubblico che ciascuno ha risulta essere profondamente influenzata dal ruolo che ricopre. Al contempo Tomka propone di esplorare il «pubblico reale», ossia le persone che fisicamente interagiscono con un'organizzazione culturale non solo attraverso la realizzazione di ricerche e indagini mirate, ma anche tramite una maggiore apertura dei propri spazi verso l'esterno. Trasformare i teatri in luoghi d'incontro, invitare i propri visitatori ad esprimere le proprie opinioni e a condividere i propri feedback sono alcuni semplici modi per diventare maggiormente consapevoli della duplice valenza della propria sede, quale onere e quale risorsa, con l'obiettivo di imparare a separare il contenuto dal contenitore al fine di vedere se ci sono aspetti che possono essere migliorati oppure gestiti diversamente. Prevedere infine la possibilità di considerare il pubblico come una comunità di potenziali collaboratori, trasforma la partecipazione culturale in uno sforzo congiunto in quanto il pubblico è chiamato ad agire in prima persona nei processi organizzativi e creativi.
Lo sviluppo del pubblico come nuova leva strategica
Nel variegato panorama internazionale, Tomka sembra non essere il solo a voler restituire al concetto di audience development la complessità che merita. Negli ultimi anni alcuni importanti progetti europei, in linea con le nuove priorità del programma Europa Creativa, hanno incentrato le proprie azioni sul tema della partecipazione culturale. Il progetto ADESTE (Audience DEveloper: Skills and Training in Europe), che Francesco Mannino ha già approfondito sul nostro giornale[2], ha ribadito con forza che lo sviluppo del pubblico dovrebbe essere parte integrante della strategia di ciascuna organizzazione culturale, sottolineando che le persone coinvolte nelle pratiche di audience development dovrebbero avere una profonda conoscenza dell'organizzazione culturale in cui operano e della sua relazione con l'ambiente esterno.
In una cornice analoga si situa il progetto «Study on audience development – How to place audiences at the centre of cultural organisations»[3], che intende diffondere a livello europeo metodi e approcci particolarmente vincenti e rilevanti in materia di sviluppo del pubblico. Il lavoro di ricerca, che sarà completato a fine 2016, è condotto dalla Fondazione Fitzcarraldo in collaborazione con Culture Action Europe, ECCOM e Intercult, ed è finanziato attraverso il programma Europa Creativa. Articolato in tre fasi principali, il progetto ha richiamato l'attenzione di numerose organizzazioni culturali europee che hanno risposto con grande entusiasmo alla call to action lanciata dal gruppo di ricerca per raccogliere casi concreti da valutare e analizzare. Lo studio, che sarà utilizzato come base per la definizione dei criteri di selezione dei futuri bandi che saranno lanciati nell'ambito del programma Europa Creativa, aspira a divenire uno strumento capace di riportare l'attenzione sulla centralità della partecipazione culturale, senza dimenticare che lavorare con e per il pubblico è un processo in costante evoluzione fortemente influenzato da più ampie tendenze, teorie e circostanze di tipo politico, economico e sociale.
La necessità di «costruire una capacità di partecipazione attiva di quelli che un tempo erano gli utenti e oggi sono i co-creatori» è quanto ha voluto sottolineare anche Pier Luigi Sacco durante un suo intervento all'interno dell'ultima edizione del Festival dell'Economia di Trento. Parlando dei luoghi della crescita e delle mappe della creatività contemporanea, Sacco ha ribadito che «oggi stiamo assistendo a una 'confusione' (ma non nel senso negativo del termine) tra chi produce e chi fruisce contenuti culturali. Questo fa sì che un aspetto che fin'ora abbiamo profondamente trascurato, quello della partecipazione culturale, diventa centrale», in quanto si sta configurando un nuovo modo di produrre valore economico connesso al semplice atto di partecipare. «Quello che stiamo cominciando a capire è che una delle leve fondamentali della capacità innovativa di una regione e di un Paese, al di là delle punte di eccellenza, è il livello medio di partecipazione perché esiste una correlazione tra il livello di innovazione di un Paese e il tasso medio di partecipazione culturale». Come lascia sottintendere Sacco, la partecipare potrebbe divenire in breve tempo una pre-condizione per rendere maggiormente competitivo il settore culturale nel suo complesso.
In ultima istanza quello che Tomka si chiede, e noi con lui, e se saremo capaci di stare lontani dalle nozioni facili, semplificate e generalizzate di pubblico e se sapremo rendere la cultura «socialmente rilevante, politicamente coinvolgente ed emotivamente sfidante per un numero sempre crescente di persone, senza la necessità di creare enormi meccanismi di segmentazione e burocratizzazione del pubblico».
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Photo credits: Las Fura dels Baus in Dreams In Flight by Gabriele Iuvara. This file is licensed under the Creative Commons Attribution 2.0 Generic license.
[1] Il volume può essere liberamente consultato online al seguente indirizzo https://www.ietm.org/en/system/files/publications/ietm_audience_explorations_tomka_2016.pdf
[2] Francesco Mannino, Il pubblico, questo sconosciuto: «Audience Development» per nuove politiche e strategie culturali ad impatto sociale, Il Giornale delle Fondazioni, Febbraio 2016. Consultabile online al seguente indirizzo http://www.ilgiornaledellefondazioni.com/content/il-pubblico-questo-sconosciuto-%C2%ABaudience-development%C2%BB-nuove-politiche-e-strategie-culturali
[3] Per maggiori informazioni sul progetto è possibile visitare il sito web http://engageaudiences.eu/