Le sfide della Filantropia - Italia e Stati Uniti a confronto
Firenze. Leonard A. Lauder, presidente emerito del Gruppo Estée Lauder Companies, è «Renaissance Man of the Year 2013», ha ricevuto a Firenze a Palazzo Vecchio il premio della Palazzo Strozzi Foundation US, assegnato per le qualità dimostrate nel mondo degli affari e della filantropia.
E la filantropia in Italia è stata al centro, il 24 aprile, di un convegno «Filantropia Anno Zero – Italia e Stati Uniti a confronto», con un focus particolare sul rapporto tra filantropia e cultura, moderato da Mario Platero presidente della Strozzi Foundation US, cui hanno preso parte come relatori lo stesso Lauder, Lorenzo Bini Smaghi presidente della Fondazione Palazzo Strozzi, Ilaria Borletti Buitoni Sottosegretario al MIBACT, Letizia Moratti presidente della Fondazione San Patrignano ed Ernesto Caffo fondatore di Telefono Azzurro. Tra i numerosi interventi da segnalare quelli di Cristina Acidini Soprintendente al Polo museale fiorentino e di Fabrizio Freda Presidente e Ceo di Estée Lauder Companies .
«E’ più importante preservare che possedere”. Queste parole di Leonard A. Lauder, che si è richiamato alla grande tradizione dell’umanesimo civico fiorentino, riassumono efficacemente la missione della filantropia. Ed oggi, seppure i tempi sono più difficili che nel passato, anche per una azienda “è possibile conciliare gli obblighi verso gli azionisti con il dovere di restituire alla società una parte di quello che si è avuto». Non a caso - ha raccontato – la donazione della sua collezione privata di 78 opere cubiste al Metropolitan Museum, è nata dall’intenzione certo di dare una “casa” prestigiosa alle opere, ma anche dall’offrire al museo la possibilità di trasformarsi aggiungendo questa collezione e al tempo stesso di preparare la strada e incoraggiare altri donatori.
Il tratto distintivo della filantropia americana («give back») ancora non riesce a permeare in modo diffuso la filantropia in Italia, anche se nel nostro paese la sensibilità è crescente.
L’analisi delle criticità della filantropia in Italia rispetto agli Stati Uniti è stata al centro dell’intervento di Bini Smaghi, che ha sottolineato come i vincoli del debito sulla finanza pubblica rendono necessario incoraggiare il contributo privato di singoli e imprese, al finanziamento della cultura. Lo sviluppo di questo contributo (come avviene appunto negli Stati Uniti e in altri Paesi europei) passa attraverso la deducibilità delle donazioni e il coinvolgimento dei privati nella gestione delle istituzioni.
La deducibilità va integrata con le «esternalità positive» sul sistema economico che le donazioni alle istituzioni culturali attivano.
Nel Rapporto Annuale della Fondazione Palazzo Strozzi, che verrà pubblicato a fine mese, viene stimato per la città di Firenze l’indotto derivante dalle attività culturali di Palazzo Strozzi: circa 30 milioni di euro all’anno, a fronte di un contributo pubblico (erogato da Comune, Camera di Commercio e Regione) di meno di 2 milioni, rispetto al quale lo stesso settore pubblico ha un ritorno fiscale 2 volte superiore. La cultura - se gestita bene – è quindi un affare per lo Stato.
La Fondazione Strozzi avanza una proposta concreta sull’esempio della Gran Bretagna: trasferire l'onere della fiscalità dal donatore (quindi defiscalizzando completamente la donazione) all’istituzione culturale che riceve la donazione. Nessuna perdita per il fisco e il meccanismo, che si tradurrebbe in un forte incentivo al mecenatismo dei privati, potrebbe essere rapidamente avviato, sulla base di un accordo fra Ministero dei Beni Culturali e Ministero dell'Economia.
Una modalità per dare impulso decisivo allo sviluppo della collaborazione fra pubblico e privato: ci sono tante imprese che vogliono contribuire - ha sottolineato Bini Smaghi - naturalmente dar loro la possibilità non solo di dare, ma anche di contribuire alla gestione.
E anche qui è significativo l’esempio della Fondazione Palazzo Strozzi, con partecipazione paritetica di enti pubblici e privati: il 50% dei membri del Consiglio d’Amministrazione nominati appunto dai privati ha creato un buon clima di collaborazione e favorito l'apporto di capacità manageriali, di nuove tecnologie, di nuovi modi per gestire la cultura.
Di qui l’appello alla politica di Bini Smaghi. «Se c'è un impulso politico forte, se il Governo si impegna, se il Presidente del Consiglio si impegna, ci può essere un vero cambiamento per le modalità di coinvolgimento dei privati nel finanziamento della cultura».
Agli stimoli proposti da Bini Smaghi ha risposto Ilaria Borletti Buitoni, Sottosegretario al Ministero dei Beni e Attività Culturali e del Turismo, che ha condiviso l’esigenza di una nuova fiscalità a sostegno delle fondazioni private che incentivi le donazioni, con una visione da parte della politica che metta il patrimonio culturale al centro di un percorso di valorizzazione e sviluppi quella sinergia tra istituzioni pubbliche e soggetti privati che rappresenta la chiave di volta di ogni serio progetto di valorizzazione del nostro straordinario patrimonio storico-artistico. Naturalmente il punto sono le regole e la creazione di un sistema trasparente nel quale lo Stato mantenga il suo ruolo di tutela. Evitando ad esempio le problematiche burocratiche che hanno accompagnato e allungato considerevolmente i tempi del restauro del Colosseo con l’importante contributo dell’imprenditore Diego Della Valle. Questo intervento potrebbe essere anche il simbolo della ripartenza dell’Italia.
La necessità di un nuovo approccio alla «filantropia attiva» è stato sottolineato da Letizia Moratti,
sulla base della sua più che trentennale esperienza nella Comunità e Fondazione di San Patrignano, superando una visione puramente assistenzialista. Oggi, a fronte delle problematiche della finanza pubblica, la filantropia può avere un ruolo integrativo ed anche sostitutivo dell’intervento pubblico, attraverso la creazione di una rete di imprese sociali il cui sviluppo tuttavia richiede un quadro normativo e una leva fiscale coerenti con questo ruolo. Non trascurando di introdurre nel nostro Paese nuovi strumenti finanziari, già utilizzati nel mondo anglosassone, come i social impact bond.
Una linea condivisa da Ernesto Caffo, con la lunga esperienza come fondatore e oggi presidente di Telefono Azzurro.
Una richiesta corale di impegni alla politica per un piano coordinato di azioni, con investimenti nell'educazione e nella formazione, per sviluppare le possibilità di crescere e di maturare in una società complessa. Per costruire un futuro migliore.
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