Mancano solo denari?
4.588 siti culturali per il 64% di proprietà pubblica di cui il 41% in capo ai Comuni. Ma le risorse pubbliche e private per gestirli sono ancora in calo. Nell’ultima legge di bilancio sono previsti per il MiBACT 1,5 miliardi di euro nel 2014 e 1,4 nel 2015 (-1 mld in 10 anni). Secondo gli ultimi bilanci disponibili, i Comuni hanno ridotto dell’11%, dal 2010 al 2011, gli investimenti annuali nel settore (-500 milioni dal 2003). Non vanno meglio le sponsorizzazioni (-9,6%) e le erogazioni liberali (-17,8%) (Fonte Federculture).
«I 23 musei di arte contemporanea hanno avuto nei dodici mesi passati una riduzione media dei budget del 12% (Fonte Amaci, l’Associazione musei di arte contemporanea italiani). Qualcuno ha sofferto di più. Il Maxxi, dopo l’accordo con il Ministro Bray, può «vantare» 5 milioni l’anno di contributi. Sufficienti a coprire le spese di gestione. E le mostre chi le pagherà?» dice l’inchiesta Senza Arte né parte, de La Repubblica.
In questo quadro di continua caduta delle risorse diventa cruciale la qualità progettuale, anche per attrarre contributi privati. La risposta prevalente delle istituzioni culturali alla crisi è stata la contrazione: «riduzione del personale e della programmazione», «esternalizzazione dei servizi», «diminuzione delle acquisizioni di nuove opere». Ma molte sono le realtà - soprattutto organizzate in forma fondazionale, quindi più flessibili - che hanno razionalizzato, efficientato per poter superare la tempesta e nel contempo hanno rivisto profondamente strategie e modalità gestionali, sistemi di cooperazione per riguadagnare il mare aperto. In alcuni casi anche la governance. «Aggiungere, incrementare, incentivare. Non solo sopravvivere», ci dice Marino Cortese, Presidente della Fondazione Querini Stampalia. Grande ricorso al volontariato culturale, risorsa di cittadinanza attiva, che non può però sottrarre occupazione. Ma «in Italia, nel 2012, tutti i musei insieme hanno staccato 10 milioni e 72mila 267 biglietti: rispetto al 2011 mancano all’appello 700mila visitatori. È solo l’effetto della spending review o è la difficoltà di creare una «relazione» autentica tra il museo e chi lo frequenta?» considera «Senza Arte né parte». « Il museo dovrebbe porsi in dialogo permanente con il pubblico e il suo territorio. Come corpo vivo. Al di là dell’evento». La complessità apre praterie di opportunità, ma cambia strutturalmente le regole del gioco, partendo dal ripensamento delle ragioni d’essere e dalle competenze da mettere in campo, uscendo dall’autismo organizzativo per mettere in rete esperienze e risorse. Un ripensamento che deve vedere il pubblico al centro delle missioni. Ascoltiamo i Presidenti. Re-azioni operative, strategiche, visioni diverse, divergenti o convergenti. E leggiamo esperienze che possono essere ispiratrici per l’evoluzione dei modelli. C’è chi nasce per rispondere alla crisi.
Dal XIII Rapporto Annuale Fondazioni, in Il Giornale dell'Arte, 338, gennaio 2014