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Minicifre della Cultura 2012: in sintesi il valore della cultura in Italia

  • Pubblicato il: 12/04/2013 - 22:13
Rubrica: 
STUDI E RICERCHE
Articolo a cura di: 
Gian Gavino Pazzola
Enrico Bertacchini

Dal MIBAC  laquarta edizione di Minicifre della cultura 2012, progetto che presenta e diffonde in forma integrata i dati  delle attività di tutela e di promozione culturale svolte dal Ministero e da altri soggetti pubblici, delle risorse finanziarie e umane disponibili, dell’offerta e dei consumi individuali, della vitalità delle imprese culturali e creative in Italia.
Ne abbiamo parlato con Enrico Bertacchini, docente di  Governance dei Processi Economici all’Università di Torino, ricercatore presso il Centro Studi Silvia Santagata e Fellow del Nexa Center for Internet Society del Politecnico di Torino, che ha collaborato – oltre all’ideazione di Minicifre della cultura – alla redazione del Libro Bianco sulla Creatività in Italia di Walter Santagata e ad altre ricerche e progetti con l’Ufficio Studi del MIBAC.
Il quadro che emerge dal Minicifre 2012 è severo: nonostante la crescita dei visitatori negli istituti statali (40.174.137 visitatori, incremento DEL 7,06% - 2.837.176 visitatori in più nel confronto col 2010), si riscontra una costante erosione delle risorse pubbliche per la cultura, settore nel quale il concetto di sviluppo pare essere un’illusione per chi opera con il patrimonio culturale italiano. Un dato su tutti è eloquente: dal 2000 al 2011 il consuntivo MIBAC è passato da 2,398 milioni di euro a 1,807 milioni, con una riduzione pari al -24,6%.  Per il 2013 il bilancio di previsione realizzato dal Segretariato Generale Servizio I - Coordinamento e Studi, conferma il trend e indica una disponibilità  di 1,687 miliardi di euro.   Una fotografia impietosa, confermata da una recente ricerca Eurostat nella quale viene comparata la spesa pubblica tra i 27 Paesi dell'Unione europea. In questo studio, l’Italia compare all'ultimo posto in Europa nella spesa in cultura, penultima nel finanziare l'istruzione e tra i primissimi per i pagamenti degli interessi sul debito pubblico. Per supportare i beni culturali, viene speso l'1,1% delle risorse pubbliche a fronte del 2,2% della media Ue.
Nella sezione Arte e Architettura contemporanee si evidenzia la forma mentis votata alla conservazione del patrimonio che alla promozione della produzione e dell’innovazione: su 27 musei aderenti alla Associazione Musei Arte Contemporanea AMACI, quelli statali sono tre su cui cade un investimento di 1.650.344 euro, di cui il  50% è destinato al MAXXI. Delle 224 opere acquisite nel Piano per l’arte contemporanea dal MIBAC, 151 appartengono all’Istituto nazionale per la grafica, 58 al Museo Nazionale di Matera, 15 alla GNAM.
Un dato che si sposa all’affezione del pubblico. Nessuna mostra inerente l’arte contemporanea si colloca nelle prime dodici posizioni delle mostre più visitate nel corso del 2011: al primo posto troviamo  «Van Gogh», al Complesso del Vittoriano a Roma, con 467.000 biglietti strappati.
Nella sezione Turismo Culturale vengono snocciolati i dati di presenze e arrivi nelle città d’arte. Il trend rispetto all’anno precedente registra un calo, con  98,8 milioni di arrivi  (nel 2010 erano 103,7 milioni).  Prima su tutte tra le città d’arte Roma che si attesta sulle stessi numeri dell’anno precedente (2 milioni). E’ il turismo italiano a flettere, mentre le presenze  straniere sono in aumento (37 milioni di arrivi nel 2011 contro i 35 del 2010), soprattutto da USA, Regno Unito, Spagna, Germania, Francia. La  stima sulla ricaduta economica nei territori del flusso turistico è in crescita e si attesta a 10 miliardi di euro nel 2011, contro gli 8,6 miliardi di euro nel 2010.
Molte occasioni di intrattenimento culturale sono offerte dagli spettacoli dal vivo realizzati in 34 mila luoghi e 174 mila manifestazioni a pagamento, 5 mila in meno rispetto all’anno precedente. A fronte di una stabilità nel numero degli spettatori paganti (34 milioni), il netto calo si rivela sugli eventi gratuiti (3,33 milioni di spettatori contro 4,75 milioni nel 2010). La stima del volume d’affari di questo settore è di 794 milioni di euro, inferiore rispetto a quello dell’anno precedente (800 milioni di euro).
Sono 901 i film in circolazione in Italia, di cui 241 nostrani. Questo comparto vale 423 milioni di euro di investimenti complessivi, di cui 78,7% italiani, cifra che si mantiene sugli standard del 2010 (424 milioni di euro di investimenti complessivi, di cui 74% italiani). Il sostegno statale è in aumento per l’esercizio 2011 e si attesta sui 180,2 milioni di euro per il cinema di cui 88,7 di contributi diretti deliberati (a fronte di 80,6 milioni di euro in totale nel 2010), e € 91,5 di contributi indiretti (tax credit) utilizzati. L’industria culturale discografica vale 130,5 milioni di euro di fatturato totale, dei quali 27.495.324 euro relativi al mercato digitale, con un incremento del 22,28%. Questo dato è in controtendenza rispetto all’andamento generale del settore.
Rispetto al 2010, aumentano gli investimenti nel settore televisivo e radiofonico dove si passa da 642 a 707 milioni di euro nel primo caso e da 7.418 a 8.895 milioni di euro nel secondo, mentre editoria e stampa denunciano un’inflessione dovuta al cambiamento e all’evoluzione delle tecnologie che – ad ogni modo – vengono utilizzate da un italiano su due e rendendo palesi i problemi del digital divide. Una speciale sezione è riservata alle eccellenze del made in Italy: moda, design e food, unici settori ai quali possiamo riconoscere la capacità di generare imprenditorialità in maniera autonoma.
Poca ricerca e possibilità di sfidare il mercato, conoscenza compromessa già in sede formativa, scarsa possibilità di informazione e un rapporto pubblico privato che stenta a emergere in maniera sana e costruttiva. Sarà forzata come lettura della società attuale? In un ottica di spiegazione prende vita il rapporto annuale Minicifre, edito in italiano e in inglese, ispirandosi a una pubblicazione analoga curata in Francia dall’Istituto di ricerca statistica del Ministero della Cultura, anche se all’epoca «l’utilizzo di internet era meno diffuso di oggi e avevano creato un formato agevole, leggero e sintetico con l’intento di una comunicazione più veloce e diretta. Un prospetto informativo da lasciare nei musei, nei luoghi di cultura per sensibilizzare il pubblico sulle informazioni principali e sulle statistiche culturali principali era il giusto strumento». La versione italiana mette insieme «da economisti»  fonti di dati già esistenti, offrendo una prospettiva allargata della cultura: dal patrimonio storico-artistico, ai media, fino alle industrie creative al turismo culturale. La visione alla base delle Minicifre della cultura è «che servono dei dati per poter prendere delle decisioni su politiche pubbliche culturali e una concezione utile a fare il punto della situazione, sintetizzare e mettere insieme diverse fonti restituendo una visione organica del settore Cultura».  I contenuti culturali – prendendo spunto dal Libro bianco sulla creatività – hanno un’accezione ampia rispetto ai beni e alle attività culturali. La pubblicazione include, infatti, le statistiche che riguardano internet, televisione e radio, e il cosiddetto Made in Italy: gastronomia, moda e design. Vengono incluse anche delle statistiche sul funzionamento interno della struttura amministrativa del ministero, che difficilmente reperibili. Uno strumento che, come Bertacchini, vuole essere informativo, di marketing, promozione e trasparenza. «Minicifre rimane comunque un primo sforzo per cercare di avere un’unità di analisi quantitativa sul modello francese: dipartimento in un centro studi forte, che si occupa di analisi statistiche ed economiche dei fenomeni culturali e degli effetti delle politiche culturali. E’ uno stimolo per investire sulla ricerca».

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