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Il fundraiser nel settore culturale

  • Pubblicato il: 02/12/2011 - 19:22
Autore/i: 
Rubrica: 
OPINIONI E CONVERSAZIONI
Articolo a cura di: 
Redazione
Marianna Martinoni

All’apertura del millennio, a differenza dei paesi anglosassoni, il tema del fundraising in Italia toccava solo marginalmente l’universo composito delle istituzioni culturali italiane. Il ruolo dello Stato si è indebolito. A fronte dei 2.201 milioni di euro del 2005, il MIBAC per il 2011 ne ha 1.509 (-45%) (cfr «L’investimento pubblico – il Mibac» grafico a pag. 5). Lo scenario ci fa comprendere che per i prossimi anni in tutti i settori della cultura e dello
spettacolo sarà necessario ideare nuove politiche di sostenibilità. Ricostruire un quadro completo delle diverse fonti di finanziamento di cui dispongono le organizzazioni culturali è molto difficile. Esistono lacune conoscitive
per la mancanza di studi/ricerche, ma soprattutto per la carenza di trasparenza nei dati relativi a bilanci e nelle composizione delle fonti d’entrata. Di fatto, per la maggior parte delle istituzioni culturali pubbliche il
finanziamento dello Stato o degli enti locali rappresenta ancora la fonte primaria per la propria sostenibilità, con una quota che varia tra il 60% e il l’90% del budget complessivo. Le entrate proprie (da biglietteria, attività didattiche, affitto degli spazi, merchandising e eventuali contributi privati) portano al bilancio tra il 16 e il 18% nei casi virtuosi, sotto il 10% nella generalità (cfr Civita 2009 «Donare si può?»). Non è quindi più procrastinabile per le istituzioni culturali ridurre la tradizionale dipendenza da un unico finanziatore, quello pubblico. Da qui l’attenzione al tema del fundraising, per coinvolgere i propri potenziali donatori, pubblici e privati, al fine di generare un flusso costante di risorse per le attività istituzionali e lo sviluppo
nel tempo. Un’attività non solo mirata a reperire risorse finanziarie, ma anche materiali e umane («people raising», che nel mondo anglosassone si esprime con il reclutamento di volontari e con i Board of trustees). Oggi il fundraising è un’attività ancora poco diffusa nel settore culturale, condotta per lo più in modo discontinuo e scarsamente professionale, estemporanea, limitata ad occasioni (sponsorizzazioni per manifestazioni
temporanee), non percepita come funzione strategica nella costruzione di politiche di coinvolgimento
dei privati. Dal confronto con realtà più evolute dal punto di vista della gestione culturale emerge chiaramente come la partecipazione consolidata dei privati sia frutto, oltre che dello sviluppo di competenze specifiche, anche di scelte basate soprattutto sul coinvolgimento e sulla valorizzazione del legame con la comunità. La differenza, non solo terminologica, sembra proprio tra chiedere ai donatori privati di sostenere (support) l’organizzazione per permetterle di «continuare ad esistere» o proporre loro di farsi coinvolgere (get involved) nelle attività e nei progetti del museo o dell’organizzazione culturale, contribuendo a migliorare non tanto i bilanci di quest’ultima, ma le ricadute sociali che con i suoi programmi è in grado di portare alla comunità. Un bel cambio di prospettiva, e molti passi da compiere in un contesto come quello italiano dove, proprio in tema di procedure incentivanti e accessibili, va sottolineato che uno dei grandi ostacoli alla partecipazione dei singoli cittadini al sostegno alle organizzazioni culturali sta proprio nella mancanza di una concreta possibilità di contribuire: basti pensare che ad oggi musei e istituti statali non prevedono nel nostro Paese la possibilità di raccolta diretta di fondi dal singolo cittadino. La mancanza di autonomia di gran parte dei musei e delle istituzioni culturali italiane, in particolar modo quelle statali, rende ancora problematica la donazione
in Italia è più che mai urgente un ripensamento della natura giuridica e del funzionamento delle organizzazioni culturali stesse, in modo da favorire da un lato la creazione di maggiori legami con la collettività e il territorio di riferimento, dall’altro una crescente partecipazione dei donatori alla definizione e realizzazione di obiettivi condivisi. Non possiamo che concordare con quanto afferma Walter Santagata «L’amore per l’arte non è un
sentimento universale: per pochi è innato, altri non ce l’hanno, per la maggior parte è semplicemente acquisito. Dipende dall’ambiente sociale e dall’efficacia delle politiche culturali. L’amore per l’arte e per il patrimonio culturale che porta al sacrificio di tempo libero e alla donazione di risorse monetarie è ancora più dipendente da norme sociali, valori etici condivisi e procedure istituzionali incentivanti e accessibili». La grande sfida
da affrontare oggi è far percepire la cultura come un progetto condiviso da fasce sempre più ampie della società. Il sostegno potrà arrivare, ma solo se le organizzazioni culturali sapranno coinvolgere cittadini e imprese proponendosi come luoghi e soggetti aperti e ricettivi agli stimoli esterni, oltre che come attori
di primo piano nella promozione del territorio.
Il fundraiser
La figura del fundraiser è sempre più richiesta. Molte organizzazioni – in primis quelle che operano nei settori socio-sanitario, della ricerca scientifica, della cooperazione internazionale, ma sempre più anche nei settori della cultura e dell’università – iniziano a comprendere l’importanza di investire in risorse umane professionalmente preparate, in grado di elaborare strategie di raccolta fondi strutturate e sostituire la logica - ormai destinate a fallimento certo - della «questua» o della raccolta occasionale.
Potenziali sostenitori sono sempre più attenti ed esigenti: ne consegue che il loro coinvolgimento diventa sempre più difficile e complesso: bombardati come sono da richieste. In Italia esistono ancora molti ostacoli e molta poca conoscenza sul fundraising, visto ancora prevalentemente come un insieme di tecniche e strumenti per reperire risorse finanziarie.
Il fundraiser professionista non è un «venditore di cause»: il suo compito è di costruire un percorso all’interno dell’organizzazione, per aumentare il numero e la qualità delle relazioni con i donatori, potenziali o effettivi.
Dalle stime, risultano 1.200 i fundraiser italiani (indagine Assif ottobre 2011).
Come si diventa professionisti della raccolta fondi?
Alivello internazionale, i modelli sono le storiche scuole statunitensi come la Fundraising School dell’Indiana University (http://www.philanthropy.iupui.edu/thefundraisingschool/) o il Master in Nonprofit Management della New York University. Nel Regno Unito troviamo corsi di diverso livello (entry level, mid level, senior and ecxecutive level) organizzati da ARTS & Business (http://artsandbusiness.org.uk/Central/arts-services/
Arts_Training.aspx) o dallo stesso Arts Council (http://www.artscouncil.
org.uk/about-us/conferences-training/michael-kaiserfundraising-seminars/). La National Arts Fundraising School
(www.nationalartsfundraisingschool.com) offre dal 1988 corsi di 6 giorni rivolti in modo specifico alle organizzazioni che si occupano di arti e cultura. La prima scuola che ha proposto un corso monografico sul fundraising culturale, di livello universitario, è The Fund Raising School (http://www.fundraisingschool.it),
nata nel 1999 da AICCON (Associazione Italiana per la promozione della Cultura della Cooperazione e del Nonprofit) è ospitata dall’Università di Bologna - Facoltà di Economia di Forlì.
Sotto la direzione scientifica di Pier Luigi Sacco e con il contributo dei maggiori fundraisers italiani, unisce strategia e metodi, al confronto con case history. La Fondazione Fitzcarraldo http://www.fitzcarraldo.it, in collaborazione con La Scuola di Fundraising di Roma propone un corso di formazione intensivo nella forma di un laboratorio in cui i partecipanti, partendo dai bisogni specifici delle proprie organizzazioni, apprendono come elaborare una strategia di sostenibilità e come definire le attività verso i principali mercati privati di riferimento.

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dal X Rapporto Annuale Sponsorizzazioni del Giornale dell'Arte (novembre 2011)

❑ Marianna Martinoni
Membro del Consiglio Direttivo di ASSIF (Associazione italiana Fundraising) www.assif.it e docente di The Fund Raising School – AICCON
Laurea in Conservazione dei Beni Culturali presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia, Master internazionale in Comunicazione e gestione delle politiche culturali pubbliche
e private. Coautrice, con Pier Luigi Sacco, del primo libro sul fundraising per la cultura in Italia (2005).